torno sul tema, spero per l’ultima volta…
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Andrea Cionci da diverso tempo si concentra in modo semi-maniacale sul tema delle modalità anormali nelle quali è avvenuto il ritiro di Benedetto XVI, cioè Ratzinger, il famoso pastore tedesco del titolo del Manifesto del 2005.
scusate se lo definisco maniacale, ma per me lo sono un pochino tutti coloro che si concentrano su un problema solo.
e Cionci è rimasto spiazzato dalle dimissioni parziali di Ratzinger dal papato, che nel Codice di Diritto Canonico nella versione del 1982 non sono previste.
qui si danno soltanto due casi: il Canone 331 – § 2 infatti prevede la rinuncia al munus, cioè alla funzione:
Si contingat ut Romanus Pontifex muneri suo renuntiet, ad validitatem requiritur ut renuntiatio libere fiat et rite manifestetur, non vero ut a quopiam acceptetur. – Se capita che il Romano Pontefice rinuncia alla sua funzione, per la validità della rinuncia si richiede che questa sia fatta in piena libertà e venga manifestata secondo le regole, ma non che la rinuncia debba essere accettata da chicchessia.
Cianci si è accorto che le dimissioni di Ratzinger non sono valide, dato che lui non ha rinunciato al munus, cioè alla funzione, ma soltanto all’officium, cioè allo svolgimento dei doveri pratici connessi alla funzione, e si è dichiarato ancora in esercizio nel munus per i suoi aspetti contemplativi, come la preghiera.
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di tutto questo non c’è traccia nel Codice Canonico, che è un po’ la Costituzione della Chiesa.
anzi, se rileggiamo il Canone 331, vediamo anche che la rinuncia papale deve essere manifestata rite, cioè secondo le regole, e questo palesemente non è avvenuto.
quindi basta pensare e dire che la rinuncia al papato di Ratzinger non è valida secondo il diritto canonico, per arrivare alla conclusione che, secondo quel Codex, lui è ancora a tutti gli effetti il sommo pontefice della chiesa cattolica.
l’elezione di Bergoglio dunque non è canonicamente valida e la storia del papato istituzionale e storico termina con Ratzinger.
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(tra l’altro esattamente secondo quanto appare nell’elenco dei papi attribuito a Malachia, che termina appunto con un papa che nella successione coincide con Benedetto XVI e che lui indica col motto De gloria olivae, olivo simbolo dei benedettini o olivetani, a cui appartiene Ratzinger.
e qualcosa di analogo risulta confusamente anche da qualche varia profezia fatta in tempi non sospetti:
la terza lettera del 1944 di Lucia, la veggente sopravvissuta di Fatima, nota appunto come il segreto di Fatima e che tale non è più dall’anno 2000: E vedemmo (“qualcosa di simile a come si vedono le persone in uno specchio quando vi passano davanti”), in una luce immensa che è Dio, un vescovo vestito di bianco (“abbiamo avuto il presentimento che fosse il Santo Padre”); qui si sembra parlare di un vescovo vestito di bianco che sembra essere il papa, ma non è sicuro che lo sia…
strane suggestioni, come quella delle profezia attribuita nel 1820 ad Anna Caterina Emmerich, beatificata da Ratzinger nel 2004: Vidi anche il rapporto tra i due papi.
la frase viene citata ripetutamente, ma fuori contesto e non sappiamo poi bene di quali papi esattamente stia parlando questa veggente, considerata santa.
ma chiudiamo questa divagazione sulle suggestioni che nel presente arrivano da queste vaghe e confuse tradizioni, che sembrano più che altro profezie che tendono ad auto-realizzars.
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torniamo alle anomali dimissioni di Ratzinger, palesemente invalide dal punto di vista canonico.
qui Cionci ha tranquillamente ragione e potrebbe fermarsi qui; invece non sa trattenersi dal proseguire lungo prospettive assurde.
se le dimissioni di Ratzinger non sono valide, perché mai le avrebbe date così?
fra l’altro la revisione del Codice Canonico l’ha curata proprio lui, come Prefetto della Congregazione della Fede sotto Wojtyla, quindi come è possibile che non se ne rendesse conto?

Cianci ricorre allora al Canone 412, che riguarda le situazioni di impedimento dei vescovi in generale, ma anche il papa è poi il vescovo di Roma: Sedes episcopalis impedita intellegitur, si captivitate, relegatione, exsilio aut inhabilitate Episcopus dioecesanus plane a munere pastorali in diocesi procurando praepediatur, ne per litteras quidem valens cum dioecesanis communicare. Si prende atto che una sede episcopale è impedita se il Vescovo della diocesi è completamente interdetto dall’esercizio della sua funzione nella diocesi per prigionia, relegazione, esilio o inabilità e non è in grado di comunicare con i suoi diocesani neppure per lettera.
secondo Cianci, col suo strano messaggio al concistoro del febbraio 2013, Ratzinger avrebbe voluto comunicare di trovarsi, come vescovo, in sede impedita.
la cosa è talmente assurda che si fa fatica perfino a smentirla: basta rileggere il Canone stesso per capire che, se un vescovo è in grado di comunicare che la sede è impedita, già questo è una prova che non vi è un impedimento totale a svolgere la funzione; il Canone pone esplicitamente come condizione che il vescovo non sia in grado di comunicare con i suoi diocesani neppure per lettera.
c’è da domandarsi come si possano sostenere tesi così assurde, mentre Ratzinger scrive libri, si lascia intervistare e qualche volta interviene ancora sui problemi della Chiesa.
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ma allora, che Ratzinger abbia voluto consapevolmente distruggere il papato per dispetto, non riuscendo a venire a capo del suo munus?
ma anche questa è una tesi inverosimile…

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però Cianci stesso mette a confronto le nebulose e contorte espressioni usate da Ratzinger, tra gravi errori di latino, con la rinuncia dell’ultimo papa dimissionario prima di lui, il celebre Celestino V:
Io Papa Celestino V, spinto da legittime ragioni, per umiltà e debolezza del mio corpo e per la malignità della plebe, al fine di recuperare con la consolazione della vita di prima, la tranquillità perduta, abbandono liberamente e spontaneamente il Pontificato e rinuncio espressamente al trono, alla dignità, all’onere e all’onore che esso comporta, dando sin da questo momento al sacro Collegio dei Cardinali la facoltà di scegliere e provvedere di un pastore la Chiesa Universale, secondo le leggi canoniche.
e commenta Cianci, del tutto giustamente: Vi pare che Celestino V avesse contemplato papati emeriti, ministeri allargati, membri attivi, contemplativi, cardinali in bianco, scomposizioni ipnotiche fra titolo e funzioni, differimenti, scadenze a tempo, ambiguità di sorta?
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bravo, Cianci: sta per compiere l’ultimo passo; eccolo:
Dovremmo accettare il fatto che quell’austero, umile, sapiente, mite, saggio teologo si sia trasformato d’un tratto in un anziano stravagante e folle, tanto da scrivere totali incoerenze; impreparato al punto da commettere madornali errori di latino, storia ecclesiastica, diritto canonico; vanesio e nostalgico fino a non voler rinunciare ad alcuni orpelli della propria antica dignità papale; dispettoso tanto da gettare nello sgomento, nell’incertezza e nell’angoscia milioni di fedeli; odiosamente invasivo e geloso al punto di sabotare il pontificato del proprio legittimo successore con interventi continui e non richiesti. Una pazzia malevola, ma a corrente alternata, interrotta da pubblicazioni di luminosa profondità e lucidità, pieni di sapienza e dottrina. […] Se poi volete spiegarvi tutto, come fanno i tradizional-sedevacantisti, col fatto che “Ratzinger è modernista” e quindi, di default, svanito e dispettoso, va bene. Ci arrendiamo.
ritratto perfetto di Ratzinger: l’uomo è proprio fatto così, non vi si è trasformato improvvisamente; è sempre stato è questa inseparabile mescolanza di grandezza e miseria.
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solo che a questo punto Cianci si spaventa di se stesso: Ma stiamo scherzando?
no, non stiamo scherzando: è Ratzinger che, col sorriso dello Stregatto, il gatto di Alice nel paese delle meraviglie, ha scherzato con la storia della Chiesa e con la fede umile di milioni di fedeli, mettendoli di fronte all’enigma irrisolvibile di una rinuncia che non è una vera rinuncia.
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rileggiamo Lewis Carrol, allora:
“Micio del Cheshire, […] potresti dirmi, per favore, quale strada devo prendere per uscire da qui?”
“Tutto dipende da dove vuoi andare,” disse il Gatto.
“Non mi importa molto…” disse Alice.
“Allora non importa quale via sceglierai,” disse il Gatto.
“…basta che arrivi da qualche parte,” aggiunse Alice come spiegazione.
“Oh, di sicuro lo farai,” disse il Gatto, “se solo camminerai abbastanza a lungo.”
Alice sentì che tale affermazione non poteva essere contraddetta, così provò con un’altra domanda: “Che tipo di gente abita da queste parti?”
[…] “Visita quello che preferisci: tanto sono entrambi matti.”
“Ma io non voglio andare in mezzo ai matti,” si lamentò Alice.
“Oh, non hai altra scelta,” disse il Gatto: “qui siamo tutti matti. Io sono matto. Tu sei matta.”
“Come lo sai che sono matta?” disse Alice.
“Devi esserlo,” disse il Gatto, “altrimenti non saresti venuta qua.”
Alice non pensava che questo bastasse a dimostrarlo; ad ogni modo, andò avanti “E come sai di essere matto?”
“Per iniziare,” disse il Gatto, “un cane non è matto. Concordi?”
“Immagino sia così,” disse Alice.
“Bene, allora,” il Gatto andò avanti, “vedi, un cane ringhia quando è arrabbiato, e scodinzola quando è felice. Io ringhio quando sono felice, e agito la coda quando sono arrabbiato. Quindi sono matto.”
“Io lo chiamo fare le fusa, non ringhiare,” disse Alice.
“Chiamalo come preferisci,” disse il Gatto.
In Vaticano non servono più i caffè di una volta…
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e tu pensi che basterebbe un buon caffè? 🙂
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Bella l’accoppiata Ratzinger Stregatto. Non ho capito se è tua o di Cioni, comunque è azzeccatissima.
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no no, è mia. Cioni è un fedelissimo di Ratzinger, quindi un po’ scoppiato di testa come lui, ma entrambi in modo molto diverso da me… 🙂
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L’ha ripubblicato su Cor-pus 2020.
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