non scrivo recensioni; questa rubrica saltuaria è soltanto una sotto-categoria autobiografica: registro le personali reazioni alle mie letture, peraltro abbastanza disordinate.
anche questo libro, ad esempio, è stato scelto per caso, durante una visita in biblioteca un mese fa, soltanto perché era in bella mostra tra le novità e l’argomento mi incuriosiva un poco, come, del resto, sempre la figura di Leonardo (al quale feci intitolare il liceo sperimentale che fondai a Brescia nel 1999, col motto, tutto suo: L’esperienza, maestra vera).
ho cominciato a leggere il libro senza slancio, però, distratto da varie cose, come accade credo ad ognuno di noi di questi tempi, e poi però mi ha preso progressivamente e ho concluso la lettura quasi tutta d’un fiato.
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Walter Isaacson, Leonardo da Vinci, 2017.
l’autore, quattro anni meno di me, è un docente universitario americano di storia, è stato direttore di Time ed è membro di varie istituzioni ed associazioni; sembra specializzato in biografie, dato che, prima di queste, ne ha scritte di Kissinger, Franklin, Einstein e Steve Jobs.
tra il suo ultimo libro su Jobs e questo su Leonardo sono passati soltanto tre anni, ammettendo che non avesse cominciato ad accumulare il materiale prima; ma sembra che abbia raccolto la documentazione per decenni, per potere scrivere un libro simile.
capisco che, come docente universitario, avrà potuto avvalersi di molte collaborazioni, almeno se anche in America si usa come nelle università italiane, ma insomma il lavoro è poderoso e suscita ammirazione per la mole inaudita di materiale documentario che ha usato.
ma l’autore, anche se attraversato da una sconfinata ammirazione per il suo personaggio, è alieno dal mitizzarlo e lo vede a tutto tondo, anche nelle sue debolezze, nelle sue manie e nei suoi vistosi difetti: “Se fosse stato uno studente dell’inizio del XXI secolo, probabilmente sarebbe stato sottoposto a trattamento farmacologico per tenere sotto controllo i suoi sbalzi d’umore e la sindrome da deficit di attenzione”; col che, per inciso, il mondo si sarebbe anche perso una bella parte delle sue realizzazioni.
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ma ecco i miei appunti più personali:
1. il libro mi ha permesso di sfatare una notizia probabilmente falsa che mi trascinavo dietro da chissà quando: quella che Leonardo avesse vivisezionato dei prigionieri di Ludovico il Moro a Milano, per i suoi studi di anatomia; lo fece, invece con alcuni bovini, almeno sulla base di questa biografia; ma per il resto era totalmente alieno dalla violenza e perfino vegetariano per rispetto degli animali.
ritengo che una notizia simile, che avevo letto chissà dove, non sarebbe sfuggita alla ricerca attentissima di Isaacson e ancor meno che l’avrebbe taciuta se l’avesse saputa.
quindi, leviamo dalle spalle del mio Leonardo questo fardello.
ma gli rimane invece addosso quello delle incomprensibili simpatie per spregiudicati capi politici forti e spesso decisamente criminali, come Lodovico il Moro oppure il Valentino, al servizio dei quali Leonardo si pose senza riserva alcuna, anche di fronte ai loro più efferati delitti politici e/o personali.
Leonardo preferiva chiaramente personaggi del genere, autocrati ed uomini forti, alla confusione delle repubbliche come quella di Firenze, dove viveva con disagio e che rapidamente abbandonò.
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2. il secondo aspetto che mi colpisce nella vita di Leonardo, visto che io sono persona che ama molto scrivere, ma per niente il pubblicare (e sono due operazioni profondamente diverse), è che Leonardo non ha mai pubblicato nulla durante la sua vita.
anche il Trattato della pittura, l’unico testo organico che gli venne attribuito nel Cinquecento, è una ricostruzione postuma compiuta non si sa bene da chi, forse da Francesco Melzi, a cui Leonardo lasciò in eredità i suoi manoscritti, oggi peraltro in parte perduti.
per il resto Leonardo continua a scrivere e a disegnare sui suoi quaderni, mescolando le due cose, e i disegni di carattere scientifico con quelli di carattere artistico, in un flusso mentale ininterrotto e disordinatissimo, che mai si arresta per qualcosa di definitivo.
Leonardo, o l’impossibilità di fissare il pensiero su orizzonti conclusivi.
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3. in parte qualcosa di simile avviene anche nella pittura: non solo le sue opere riconosciute sono pochissime, non più di 15; ma in parte anche qui Leonardo ne lascia diverse incompiute, tra queste poche: L’adorazione dei magi, il San Gerolamo, la Battaglia di Anghiari (solo abbozzata in parte ed oggi perduta); per non parlare del monumento equestre a Francesco Sforza, mai neppure realizzato in bronzo, mentre il modello in creta venne distrutto dai soldati francesi durante la conquista di Milano nel 1499; la statua enorme è stata ricreata, in base ai suoi disegni preparatòri, in una piazza di Milano di recente, ma non è certo opera sua nel vero senso del termine.
ma possiamo dire che sono finite anche di altre opere famose, come la Gioconda, la Vergine delle rocce o altre? dovremmo dirlo solo perché la morte dell’autore ha posto fine agli incontentabili ritocchi che per decenni lui continuava a fare, aggiungendo velature su velature, per perfezionare senza fine il suo famoso sfumato leonardesco: se le portò sempre con sé e non volle neppure consegnarle ai committenti.
ritorna anche nel rapporto con le opere pittoriche questo stesso atteggiamento di incontentabilità, collegato al più sovrano disprezzo delle esigenze mercantili, al rifiuto stesso di vendere.
insomma anche l’arte, che è connessa al pensiero, per Leonardo è un continuo fare senza approdi davvero definitivi: è un processo, più che un risultato.
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Leonardo è un inquieto, un pensiero in continuo movimento, perennemente distratto da altre urgenze, che gli impediscono di dare forma conclusa a quello che sta facendo, e questo obiettivo gli pare meno importante del soddisfare le nuove curiosità.
in questo, Leonardo forse anticipa qualcosa della rivoluzione artistica della post-modernità: l’arte sta nel processo creativo, e non negli esiti di questo, che sono molto meno importanti.
se l’arte è un modo di agire, ci avviciniamo al concetto moderno di arte come happening, e l’arte di Leonardo fu un happening che durò tutta la sua vita.
è inutile dire che ho ritrovato qualcosa di me stesso in questi modi di essere e di operare di Leonardo, e spero di non essere frainteso, anche se mi presto a qualche ironia: però sento anche io la forza di questa curiosità che induce a trascorrere continuamente senza preoccuparsi troppo di dare forma conclusa a quello che ci lascia alle spalle.
è certamente una forma di irrequietezza mentale che confina con l’inconcludenza, se non si è Leonardo.
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4. un ultimo aspetto che mi ha incuriosito è il modo di Leonardo di vivere la sua sessualità, che gli faceva assumere pose da dandy (girò per un certo periodo in Firenze con una tonaca rosa corta) e desiderare figure sottilmente androgine.
ne fece oggetto di rappresentazione artistica, in maniera evidente e a volte persino imbarazzante: un suo Giovanni Battista fu rappresentato come un efebo talmente sensuale, che l’opera venne ribattezzata in seguito come Bacco, dato che era totalmente incompatibile con lo spirito cristiano del tempo.
a differenza di Michelangelo, che fece tormento interiore non risolto il suo essere attratto da figure virili prestanti ed atletiche (al punto che la sessualità dei due autori potrebbe quasi essere presa come chiave interpretativa delle loro due idee dell’arte quasi opposte), Leonardo visse la cosa con una sfacciataggine che divenne innocenza, gli fece superare senza danni un processo per sodomia negli anni giovanili e lo vide convivere per anni, senza scandalo, con ragazzini giovanissimi, a cui peraltro restò legato tutta la vita anche quando divennero adulti:
il primo fu da lui soprannominato Salaì, ed era Gian Giacomo Caprotti, di umili origini: “Giacomo venne a stare con meco il dì della Madonna del 1490, d’età d’anni 10“. “Il secondo dì gli feci tagliare due camicie, un paro di calze e un giubbone, e quando mi posi i dinari a lato per pagare dette cose, lui mi rubò detti dinari della scarsella, e mai fu possibile farglielo confessare, bench’io n’avessi vera certezza – lire 4”. “ladro, bugiardo, ostinato, ghiotto”.
sembra che Leonardo avesse maturato un vero e proprio rapporto di dipendenza da lui.
il secondo fu Giovanni Francesco Melzi, di una ricca famiglia patrizia, che condivise gli ultimi anni di vita di Leonardo, dal 1506, quando lui aveva quindici anni, al 1519, e ne fu l’erede, sposandosi peraltro dopo, ed ebbe otto figli.
la cosa che mi lascia sconcertato è la tolleranza di fatto di allora di comportamenti che oggi sarebbero giudicati gravissimi, per l’età dei protagonisti: ragazzi o addirittura ragazzini, che Leonardo sceglieva come compagni di vita; eppure quella società condannava la sodomia come reato e peccato da punire con la morte, addirittura.
sembra che l’intolleranza di fatto verso forme di vita trasgressive diventi tanto più forte quanto più è conclamata e dichiarata la tolleranza a parole; e non saprei spiegare perché.
[…] di Leonardo; ed allora, abbiamo consentito a Saud, senza colpo ferire, di sottrarre al mondo una delle pochissime opere del maestro di Vinci giunte fino ai giorni nostri: e gliel’abbiamo consentito, essenzialmente, per un suo […]
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comma22corpus April 17, 2022 at 6:34 am – sul blog di gaberricci
scusa per il commento fuori posto: ma è per dirti che non so perché wordpress abbia deciso che questo tuo bellissimo post sia un commento al mio modestissimo resoconto di una biografia di Leonardo; io non c’entro. in ogni caso lo avrei lettolo stesso, naturalmente.
avrei trovato più appropriato, semmai, che wordpress lo considerasse vicino al mio post successivo sulla Scomparsa di Majorana, il libro scritto da Sciascia, visto che, sorprendentemente e in maniera del tutto indipendente dal tuo, che leggo solo stamattina, arriva per Majorana a considerazioni simili a quelle che tu fai per quest’opera che è assieme di Leonardo, ma anche no. che anche lui, Majorana, come personaggio, il genio mondiale della fisica, è finito nella tipica condizione del gatto di Schroedinger, cioè di essere contemporaneamente sia vivo sia morto, o ci si è messo, quasi per contrappasso.
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Su leonardo ho un bel volume di quasi 400 pg della Giunti ricco di tavole che, aimé, sfoglio pochissimo. E poi il suo “trattato della pittura”, anche questo poco frequentato.
Se hai occasione di passare ad Anghiari ti consiglio la visita del museo sulla battaglia omonima; sono riusciti a fare un museo, neppure piccolo su di una battaglia di cui l’opera di Leonardo la fa da padrone.
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sono andato a vedere il sito del Museo di Anghiari: davvero notevolissimo, grazie.
da che razza di meraviglie siamo circondati…
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