la frequenza con cui si sente parlare recentemente di guerra illegale suscita la domanda se esistono allora guerre legali, dato che ovviamente non può esserci illegalità senza parallela e contrapposta legalità.
la prima domanda che ci dobbiamo porre, per rispondere, è se esiste una legalità internazionale.
perché, dal punto di vista interno di uno stato, si deve sempre supporre che una guerra sia legale, anzi, per paradosso, la guerra è il trionfo stesso del principio di legalità, dato che pone la vita stessa di tutti i suoi cittadini sotto l’impero della legge e li costringe a metterla al suo servizio fino al possibile sacrificio supremo.
come scrive l’Enciclopedia Treccani online alla voce Guerra: diritto internazionale, Il diritto di ricorrere alla guerra ha costituito per secoli una manifestazione della sovranità statale, si è discusso per secoli quali guerre potessero essere considerate giuste e quali ingiuste, ma nessuno ha mai messo in discussione che comunque anche le guerre ingiuste erano però legali.
ma nel secolo scorso le dimensioni spaventose assunte dalle guerre per via del progresso tecnologico hanno portato a correggere questo punto di vista.
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il Patto della Società delle Nazioni, sottoscritto a Ginevra da 42 stati il 15 novembre 1920 ed entrato in vigore il 10 gennaio 1920, stabiliva in premessa l’impegno di non ricorrere in dati casi alle armi; lo stabilimento di rapporti palesi, giusti e onorevoli fra le Nazioni; il fermo riconoscimento delle regole del diritto internazionale come norme effettive di condotta fra i Governi.
con l’Articolo 10, I Membri della Società si impegnavano a rispettare, e a proteggere contro ogni aggressione esterna, l’integrità territoriale e l’attuale indipendenza politica di tutti i Membri della Società.
all’Articolo 12, I Membri della Società convengono che, qualora sorgesse fra loro una controversia tale da condurre a una rottura, sottoporranno la questione a un arbitrato o ad un regolamento giudiziale o all’esame del Consiglio, e in ogni caso non ricorreranno alle armi prima che siano trascorsi tre mesi dalla decisione arbitrale o giudiziale o dalla relazione del Consiglio. Nei casi contemplati in questo articolo, la decisione deve essere pronunciata entro un termine conveniente, e il Consiglio dovrà fare la sua relazione entro sei mesi dal giorno in cui l’avvertenza gli sarà stata sottoposta.
infine, ecco l’Articolo 16:
Qualora uno dei Membri della Società ricorra alla guerra, in violazione dei patti di cui agli articoli 12, 13 e 15, sarà considerato ipso facto come colpevole di aver commesso un atto di guerra contro tutti gli altri Membri della Società, i quali si impegnano fin d’ora a interrompere immediatamente ogni rapporto commerciale e finanziario col medesimo, a proibire ogni traffico fra i propri cittadini ed i cittadini dello Stato contravventore, e ad interdire ogni rapporto finanziario, commerciale o personale fra i cittadini dello Stato contravventore e i cittadini di qualsiasi altro Stato, sia o non sia Membro della Società.
Sarà in tal caso dovere del Consiglio di raccomandare ai vari Governi interessati quali forze militari, navali od aeree dovranno essere fornite da ciascuno dei Membri della Società come contributo alle forze armate destinate a proteggere i patti sociali.
I Membri della Società convengono inoltre di prestarsi mutua assistenza nei provvedimenti finanziari ed economici presi a norma del presente articolo, per attenuare le perdite e gli inconvenienti che ne risultassero; di prestarsi del pari mutua assistenza per resistere contro i provvedimenti speciali diretti contro uno di essi dallo Stato contravventore, e di prendere i necessari provvedimenti per facilitare il transito attraverso il proprio territorio alle forze di qualunque dei Membri della Società, cooperanti alla protezione dei patti sociali.
Ogni Membro della Società che abbia violato i patti sociali potrà esserne escluso per voto del Consiglio, al quale partecipino tutti gli altri Membri della Società in esso rappresentati.
la sottoscrizione di questo patto rendeva quindi illegale il ricorso alla guerra, non in assoluto, ma al di fuori delle procedure di raffreddamento delle tensioni e dei conflitti lì descritte, e poteva essere considerata dunque illegale ogni guerra di aggressione.
questo, almeno per gli stati che lo avevano sottoscritto, ma in linea purtroppo più teorica che pratica, come peraltro i fatti dimostrarono ben presto.
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tuttavia questa esigenza quasi utopica di escludere il ripetersi di guerre portò pochi anni dopo ad un patto sottoscritto il 27 agosto 1928 da un numero molto più limitato di stati, ma poi in totale da 63 stati entro il 1939, data dopo la quale il patto stesso non aveva più senso alcuno.
era più rigoroso ancora nell’impegno ad escludere il ricorso alla guerra, il Patto di Parigi di rinuncia alla Guerra, conosciuto anche come Briand Kellog, sottoscritto inizialmente fra Germania, USA, Belgio, Francia, Gran Bretagna, Italia, Giappone, Polonia e Cecoslovacchia, ed entrato in vigore il 24 luglio 1929, e poi da 63 stati in tutto entro il 1939, ma rapidamente disatteso.
consisteva sostanzialmente di questi due articoli:
Articolo I Le alte parti contraenti dichiarano solennemente in nome dei loro popoli rispettivi di condannare il ricorso alla guerra per la risoluzione delle divergenze internazionali e di rinunziare a usarne come strumento di politica nazionale nelle loro relazioni reciproche.
Articolo II Le alte parti contraenti riconoscono che il regolamento o la risoluzione di tutte le divergenze o conflitti di qualunque natura o di qualunque origine possano essere, che avessero a nascere tra di loro, non dovrà mai essere cercato se non con mezzi pacifici.
è evidente il carattere del tutto fallimentare anche di questo trattato, che per paradosso fu sottoscritto per primo da paesi che furono protagonisti degli avvenimenti che, poco tempo dopo, portarono alla seconda guerra mondiale: Germania, Cecoslovacchia, Polonia; per non dire dell’Italia e della sua aggressione all’Etiopia di appena sette anni dopo.
e tuttavia è altrettanto evidente la suggestione che esso esercitò anche nelle discussioni sul tema della guerra che si svolsero alla nostra Assemblea Costituente: l’art. 11 della nostra Costituzione sembra riprendere quasi alla lettera alcune formulazioni del Patto di Parigi.
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ma tutto questo ha un interesse oramai prevalentemente storico.
con la nascita dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, nel 1945, gli stati membri accettano, a parole, il principio […] dell’auto-decisione dei popoli nella Carta dell’ONU (art. 1) e il divieto nello Statuto delle Nazioni Unite dell’uso unilaterale della forza armata, ma anche della sua semplice minaccia:
art. 2.3: I Membri devono risolvere le loro controversie internazionali con mezzi pacifici;
art. 2.4: I Membri devono astenersi nelle loro relazioni internazionali dalla minaccia o dall’uso della forza, […] contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di qualsiasi Stato.)
Capitolo VI: Soluzione pacifica delle controversie.
Art. 33 1. Le parti di una controversia, la cui continuazione sia suscettibile di mettere in pericolo il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, devono, anzitutto, perseguirne una soluzione mediante negoziati, inchiesta, mediazione, conciliazione, arbitrato, regolamento giudiziale, ricorso ad organizzazioni od accordi regionali, od altri mezzi pacifici di loro scelta.
2. Il Consiglio di Sicurezza ove lo ritenga necessario, invita le parti a regolare la loro controversia mediante tali mezzi. i molti articoli successivi regolamentano minuziosamente gli ambiti di intervento e le procedure con cui l’ONU può intervenire in un conflitto in corso; il problema insuperabile sta nel fatto che la decisione è rimessa al Consiglio di Sicurezza, dove esercitano il diritto di veto le cinque potenze vincitrici della seconda guerra mondiale: Usa, Russia, Cina, Francia e Gran Bretagna.
in conclusione, per gli stati che hanno chiesto di aderire all’ONU, non ci sono guerre giuste o ingiuste, legali.
tutte sono illegali tranne quelle strettamente difensive.
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ma negli anni successivi altri trattati hanno regolamentato altri aspetti particolari delle guerre.
ne rinvio l’analisi ad un prossimo post, così come affido ai commenti l’analisi della applicazione di questi principi ai commenti.
[…] esistono guerre legali? – 413 […]
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Il punto per giudicare politicamente e, nell’eventualità, storicamente Putin, intendo.
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Riguardo l’introduzione, dirò di più: nella dottrina moderna, uno degli elementi che definisce uno stato come tale è proprio il suo diritto a dichiarare guerra ad un altro stato; o meglio: è il fatto che quest’ultimo rispetti un determinato insieme di regole (non per caso chiamate nel complesso “diritto di guerra”) nel corso del conflitto armato a determinare il riconoscimento di un soggetto di diritto internazionale come stato. Mi spiego meglio: il trattamento dei prigionieri. Se i prigionieri di una parte A catturati in divisa nel corso di un’azione militare non vengono uccisi sul posto dopo essersi arresi, ma catturati e proposti per uno scambio dalla parte B, allora la parte B riconosce la parte A come uno stato, con cui si è in guerra. Viceversa, questo riconoscimento manca (vedi il trattamento riservato dai nazisti ai partigiani, anche a quelli che nominalmente combattevano per il regno del Sud). Forse le guerre continuano ad esistere, anzi, perché questa è la dottrina prevalente.
Esprimo poi la mia amarezza riguardo il fatto che siamo ormai talmente imbevuti di berlusconismo da ritenere che il massimo “male” che si possa dire di qualcosa è che è illegale: come se il punto fosse il diritto o meno di Putin di dichiarare una guerra, e non le motivazioni per cui lo ha fatto o il modo in cui l’ha condotta.
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un grazie molto sentito, sia per il notevole approfondimento della prima parte, che andrebbe quasi inserito nel post (mi riferisco a quello scritto poco fa, che riprende approfondisce l’argomento, prima di avere letto il tuo commento; ma vedo che siamo su linee molto convergenti), sia per la valutazione finale. ma penso che rimedierò nel prossimo post che ho in programma sul tema… 🙂
il presunto legalitarismo di Berlusconi è peraltro talmente sudicio – non mi viene in mente altra parola -. vedi la battaglia che sta facendo per impadronirsi del ministero della giustizia per gestirlo ancora una volta per risolvere i suoi problemi…
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[…] post precedente, esistono guerre legali? – 413, abbiamo visto come il concetto di legalità non sia rigorosamente applicabile alla guerra, dato […]
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Già, infatti le chiamano interventi umanitari o al massimo operazioni militari speciali…
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rimane il fatto che le uniche azioni militari legittime, secondo lo Statuto dell’ONU, sono quelle strettamente difensive o che l’ONU approva: la guerra di Corea del 1950-53, ad esempio, visto che allora l’URSS boicottò i lavori dell’ONU e la guerra fu approvata.
da questo punto di vista, la guerra russa all’Ucraina è effettivamente illegale e la resistenza ucraina è legittima; ma stiamo parlando da un punto di vista soltanto formale ed astratto, quasi avvocatesco.
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