emerite sciocchezze sul merito – 441

nel gran dibattito della pseudo-sinistra suicida, spuntano catastrofali posizioni sul merito nell’istruzione.

chiariamo una cosa in premessa: il merito scolastico è nella Costituzione.

Articolo 34. La scuola è aperta a tutti. […] I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.

quindi il diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi, secondo la Costituzione, è chiaramente collegato al merito.

e, per garantire questo diritto, evidentemente la scuola ha il dovere di verificarlo.

gli anti-meritevoli, quindi, evitino, di dare alla destra il merito di diventare difensori della Costituzione su questo punto specifico.

. . .

ma allora dove sta il problema?

non sta nel merito, ma nella meritocrazia, e spero che sia chiaro che si tratta di due concetti distinti.

la meritocrazia è una visione della società che ritiene di dover garantire alcuni privilegi sociali a qualcuno, sostenendo che se li merita, cioè proprio perché ha dei meriti, veri o presunti.

questo collegamento tra meriti e privilegi non è inevitabile: ad esempio a Cuba, quando l’ho visitata otto anni fa, veniva ancora applicato il principio maoista di retribuire il lavoro manuale più di quello intellettuale, dato che questo aveva più facilmente in se stesso la propria intrinseca gratificazione.

ma questa politica anti-meritocratica non impediva certo che nella scuola o nell’università cubana il merito venisse verificato con cura o che si mandassero negli ospedali dei medici impreparati, ad esempio.

. . .

è dunque tipicamente borghese, ma anche intrinsecamente sbagliata l’idea che la verifica del merito sia necessariamente associata col privilegio sociale assicurato da un maggiore reddito, in poche parole: che il merito è denaro.

ci si dovrebbe ricordare ancora che uno degli assi portanti del Sessantotto fu proprio la lotta alla meritocrazia, oltre che all’autoritarismo.

e personalmente mi vanto di non avere abbandonato i valori del Sessantotto.

ma in quella lotta si commise spesso l’errore di confondere appunto merito e meritocrazia, arrivando a rifiutare di verificare il merito, con la richiesta del voto unico, e purtroppo anche con la sua pratica, che in verità appartiene già alla fase degenerativa del movimento di allora.

. . .

è l’errore puerile in cui cade Landini, perfino dal punto di vista logico, quando dichiara:

“Io trovo che sia sbagliato introdurre in un Paese che ha un livello di disuguaglianze come il nostro, quando parliamo di istruzione, di conoscenza, la parola ‘merito‘. Perché, detta in quel modo lì, secondo me, rischia di essere uno schiaffo in faccia a tutti quelli che possono avere tantissimi meriti ma partono da una condizione di diseguaglianza assoluta che non gli permette di utilizzare al meglio il loro merito”.

secondo Landini non si dovrebbe parlare di merito per rispetto di coloro che ne hanno, ma non possono realizzarlo per i limiti della loro condizione sociale.

Landini si rilegga la Costituzione: per rispetto di chi ha dei meriti, ma non può realizzarli, non si devono negare i meriti, ma rimuovere le condizioni che impediscono di esprimerli.

proprio il merito è la via maestra della lotta alle diseguaglianze sociali e alla trasmissione castale degli incarichi che risultano più lucrosi nel nostro sistema sociale.

. . .

togliere alla scuola il riferimento al merito, significa semplicemente distruggerla: la scuola deve promuovere il merito, e, per farlo, deve anche verificarlo.

quindi, sono del tutto favorevole ad una valutazione dei meriti, purché fatta bene (del resto, fino a che ho insegnato, non ho fatto altro); mi sembra idiota regalare il tema del merito alla destra che non sa davvero che cosa sia.

gli incarichi che vanno oltre il puro lavoro manuale, ma forse perfino quelli, si possono attribuire:
1. sulla base di una equa valutazione delle capacità di chi vi aspira, cioè del merito, cioè in ultima analisi della capacità si svolgerli;
2. sulla base delle relazioni familiari e clientelari varie;
3. per estrazione a sorte.

come andrebbe data, ad esempio, la laurea di medicina, cioè anche il futuro eventuale posto di medico?

in base al criterio 1, 2 oppure 3?

oppure ce ne sono altri da proporre, che a me al momento sfuggono?

. . .

è vero che della parola merito si abusa ampiamente per coprire le scelte di tipo 2 (vedi il mio borforisma di ieri mattina), ma questo non è un buon motivo per abbandonare la lotta contro il clientelismo, e a favore del vero merito, anzi ne rafforza la necessità.

e la lotta al clientelismo non si fa con l’estrazione a sorte, ma con la valutazione del merito.

anche questo è un principio costituzionale, del resto.

Articolo 97 […] Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge.

. . .

ma purtroppo il merito non è mai stato popolare in Italia.

il nostro è un paese molto clientelare, e il merito è nemico del clientelismo.

la meritocrazia no, perché sostituisce ai meriti le amicizie dei privilegiati, e magari le fa comodo anche chiamarle meriti.

NOTA.

mi accorgo, dopo avere scritto il post, che i suoi argomenti vengono a coincidere ampiamente con quanto sostenuto da Francescomaria Tedesco sul Fatto Quotidiano, Viva il merito abbasso la meritocrazia.

sembrerebbe quasi un plagio mio non dichiarato.

assicuro che è solo una coincidenza, determinata evidentemente dalla logica dei fatti.

ma naturalmente sono anche contento che le mie idee vengano confermate da qualcuno più autorevole di me.

 

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30 commenti

  1. mah, l’italiano non dovrebbe essere un’opinione: I capaci e meritevoli hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.
    anche se privi di mezzi è un inciso.
    La scuola è aperta a tutti, e chi è capace e meritevole ha diritto a proseguire oltre l’obbligo.

    per proseguire gli studi, serve la capacità, ma serve anche l’impegno, che si traduce in merito.

    esaurito l’obbligo, la Costituzione non prevede che possano continuare a studiare gli incapaci e i lazzaroni. infatti le università possono decidere dei test di accesso. è in linea con la Costituzione.

    va da sé che anche in una società socialista far proseguire gli studi a chi non ne ha le capacità sarebbe solo uno spreco di risorse e una pena per chi dovrebbe continuare a frequentarla.

    il rifiuto del merito nella scuola è la premessa necessaria dell’accesso a posizioni di potere di persone stupide e ignoranti, ma con un adeguato sostegno familiare o clientelare: il mondo ideale dei Fontana e dei La Russa.

    se la scuola deve produrre competenze, capacità e abilità, deve anche saperle valutare: altrimenti come può stimolarle?

    poi, naturalmente, la valutazione, che è la base stessa di un sistema scolastico, non deve diventare il suo obiettivo principale; è un aspetto subordinato. il centro è produrre un miglioramento delle capacità, la valutazione del merito è solo uno strumento secondario.

    ma senza una premessa simile, del resto bene codificata in Costituzione, la scuola diventerebbe un mero oratorio socializzante.

    ho combattuto per decenni contro docenti che ritenevano che la loro funzione fosse quella di valutare i meriti degli studenti, e gli ho sempre ricordato che l’obiettivo era invece lo sviluppo delle capacità e che questo dipendeva anche da loro.
    qualche più rara volta ho dovuto anche cercare di correggere chi evitava di valutare, di solito sostanzialmente perché non ne era capace.

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    • Appunto: io non ho mai contestato che, per esempio, per fare una professione bisogna esserne capaci, contesto che l’obiettivo della scuola venga ritenuto essere quello di valutare al punto che, dopo averne scorporato l’università (per cui posso accettare il discorso del merito… fermo restando che il “merito” valutato come vorrebbe la destra significa, essenzialmente, aprire l’università solo a chi ha più disponibilità economiche), si ribattezzi il ministero dell’istruzione “Ministero dell’istruzione e del merito”.

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      • l’abbinamento fra istruzione e merito nella denominazione del ministero è discutibile, perché enfatizza uno strumento, fino a confonderlo con lo scopo. su questo siamo d’accordo.
        ma una valorizzazione eccessiva del merito non è affatto anti-costituzionale, anche se discutibile.

        la scuola dell’obbligo, al momento, si estende fino ai 16 anni; le tre ultime classi delle superiori devono quindi essere aperte ai capaci e meritevoli; la valutazione delle competenze, comunque, attraverso la scuola in tutti i suoi passaggi e non può essere cancellata.

        nessun dubbio che, A VOLTE, chi cresce in una famiglia ricca può ricevere stimoli culturali più ricchi ed essere facilitato nello sviluppo delle sue capacità; scopo della scuola è di aiutare anche chi non ha questa fortuna di formarsi adeguatamente, se ne ha le capacità di base, senza però danneggiare gli altri.
        ovviamente, per farlo, deve essere capace di valutare le sue potenzialità e il suo merito, cioè il suo grado di applicazione.

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        • “ovviamente, per farlo, deve essere capace di valutare le sue potenzialità e il suo merito, cioè il suo grado di applicazione.”. Su questo non siamo d’accordo. Se parliamo di scuola dell’obbligo, almeno, dobbiamo riconoscere che il suo scopo non è far andare avanti “i capaci e meritevoli”: è far andare avanti tutti.

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          • far andare avanti tutti che cosa significa? dargli un attestato di frequenza? o promuovere delle capacità e stimolare l’impegno? per raggiungere questi obiettivi bisogna verificarli.

            poi nella scuola dell’obbligo l’obiettivo principale è migliorare la condizione soggettiva.
            però ha un senso distinguere anche lì tra un attestato di frequenza e una dichiarazione di raggiungimento di competenze minime.
            ho presieduto esami di licenza media una sola volta nella mia vita, per mia fortuna. vi erano ragazzi semi-analfabeti a 14 anni, che non avevano ritenuto importante imparare a leggere e scrivere e lo sapevano fare soltanto a livelli incredibilmente elementari. secondo me non dovevano ricevere la licenza e sarebbe stato meglio proporgli di ripetere almeno un anno; la commissione non fu d’accordo e io ovviamente mi adeguai al parere della maggioranza, ma non fui convinto.

            qualche anno dopo in Germania, o meglio nel Baden-Wuerttemberg, verificai che il sistema seguiva una impostazione simile a quella in cui credevo io. quei ragazzi che io vidi alla fine della terza media non sarebbero mai stati ammessi alla classe terza della Grundschule, la nostra scuola primaria. e, se per avere la patente di guida, serve sapere leggere il Codice della Strada, non avrebbero neppure mai avuto la patente.

            ovviamente tutto questo è assolutamente intollerabile alla luce dell’iper-individualismo italico, che concepisce il titolo di studio come un diritto individuale.

            ma il sistema dell’istruzione deve anche garantire il buon funzionamento della società e un analfabeta alla guida non è una bella cosa per gli altri.

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            • Il credo iper-individualista non è il mio: non credo che il titolo di studio sia diritto di tutti, ma credo che lo sia piuttosto lo studio in sé e per sé; per la società, prima che per il singolo. A questo sistema di valutazione che tu proponi posso essere favorevole, ma non all’idea che la scuola debba essere il luogo in cui quegli studenti vengono esclusi. Tutto qui.

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              • c’è un punto che non mi è chiaro.
                la scuola è il luogo dove si devono potenziare le capacità e costruire il merito; mi pare che su questo siamo pacificamente d’accordo. è anche un luogo che dovrebbe misurare continuamente i risultati della propria azione. e mi pare che siamo d’accordo anche su questo, adesso.
                chi esclude da determinate attività gli studenti che non hanno acquistato capacità e merito necessari per svolgerle non sarà certamente direttamente la scuola, ma la società.
                tuttavia la scuola, esaurita la fase dello studio obbligatorio, ha il dovere di valutare per quali studenti la prosecuzione degli studi verso competenze più avanzate sarebbe uno spreco di risorse pubbliche, e dunque di escluderli.
                non dobbiamo discutere questi principi, secondo me, ma il modo nel quale vengono applicati.

                molti, troppi docenti, non sono in grado di valutare le capacità, perché loro stessi non ne hanno di adeguate per farlo; moltissimi si riducono a misurare il merito, inteso come applicazione, e spesso nelle forme più ottuse e meccaniche (l’apprendimento mnemonico, per esempio), perché non sanno fare altro. e questo è disastroso. (Einstein o Hesse ripetutamente bocciati!)
                questo discorso non è meno importante, ma appartiene già ad un’altra sfera del discorso, e cioè: che cosa sono esattamente le capacità e il merito? come si promuovono? come si verificano?
                ma questo è ben altro che contestare in astratto il principio del merito.

                ho toccato questi temi nel post successivo sul tema: https://comma22corpus.wordpress.com/2022/10/29/perche-la-meritocrazia-e-incostituzionale-anche-se-il-merito-e-in-costituzione-ma-non-dappertutto-448/

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                  • indubbiamente, e c’è una scuola obbligatoria di dieci anni per farlo. ma alla fine di questo percorso e nel seguito vanno misurate le competenze reali, pur se con qualche flessibilità ancora, nella fase iniziale, e a quanto mi risulta, si fa normalmente.
                    ma nelle fasi successive il criterio non può essere approvato.

                    insisto che il punto di riferimento della valutazione è quello sociale e non quello dei diritti individuali.
                    nessuno vorrebbe essere curato da un medico poco capace semplicemente perché è figlio di un operaio.

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                    • Ed io infatti non dico questo: dico che il compito della scuola dovrebbe essere quello di rendere un medico capace anche il figlio di un operaio. Ma siccome statisticamente il figlio di un medico ha più probabilità di raggiungere un certo grado di capacità prima del figlio di un operaio (perché “parte più avanti”), allora ci ritroviamo in un mondo in cui la professione, o al minimo la classe sociale, è “ereditaria”.

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                    • indubbiamente è così nei fatti, ma anche perché in Italia c’è più clientelismo di vario tipo, familistico e politicante, che rispetto delle competenze.
                      il ruolo della scuola in tutto questo è peraltro molto modesto, considerando che è stata ampiamente devalorizzata la valutazione delle competenze e purtroppo una sedicente sinistra stolida usa in maniera distorta la giusta polemica contro il classismo per consolidare di fatto il sistema della trasmissione familistica dei posti di potere.

                      non dimenticherò mai i 40 giorni di ospedale di mia madre e il trapianto di pelle resosi necessario: portata da me al Pronto Soccorso per un incidente domestico e massacrata da un medico, figlio di primario, relegato là, e affettuosamente soprannominato dai colleghi “il mongoloide”.

                      usando il termine meritocrazia nel suo uso comune, questo dimostra che in Italia non c’è affatto troppa meritocrazia, ma troppo poca. chi è vissuto all’estero, lo vede benissimo. è un fatto di assoluta evidenza, indiscutibile.

                      questi promettono di riportarcela; sarebbe un miracolo, e si serviranno del giusto slogan per fare il contrario. dovremmo contrastarli su questo, non portare acqua al mulino del sistema clientelare con una assurda polemica complessiva contro la valorizzazione delle competenze.

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                    • esiste un’idea di merito che è di sinistra e parte dalla Costituzione (ma forse anche prima, con Gramsci) e mi pare arrivi fino a Sumahoro ;-).
                      all’idea di merito della destra noi dobbiamo opporre la nostra, e non combattere il merito in quanto tale, lasciando alla destra il monopolio culturale dell’idea.
                      è in questo modo che la destra vince.

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        • E sul legame tra ambiente di provenienza e “successo” scolastico, esistono svariati dati che dimostrano la connessione. E per altro è un sistema che si autoalimenta, perché il possesso di un titolo di studio “alto” è il maggior predittore di benessere economico.

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          • perfetto, pensi che non lo sappia?

            e allora diamo pure il lavoro di medico per estrazione a sorte fra tutti, dato che è perfettamente dimostrabile che essere figlio di un medico facilita il passaggio alla stessa professione del padre.

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            • Veramente questo è il contrario di quanto auspicherei io. È vero però che tu giustamente hai sottolineato che il problema è nell’idea che abbiamo di merito, che viene valutato sul risultato (che è figlio di condizioni ad esso estranee) e non sull’impegno.

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            • Però converrai con me che il problema rimane: se uno si è dimostrato meritevole ma non abile, è stato a causa sua, o del fatto che rispetto agli altri è partito più indietro? Non dovrebbe essergli concessa la possibilità di integrare le sue lacune e raggiungere gli altri?

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              • ma gabriele!, ti sembra che io possa negarlo?
                ma concedergli la possibilità significa, secondo te, dargli anche il titolo di studio, cioè certificare che ha raggiunto alcune competenze, anche se non è vero?
                da come imposti il problema, sembra che per te sia automatico che, se gli dai la possibilità, allora il problema è risolto.

                e se dopo avergli dato la possibilità, e anche ben altro oltre alla semplice possibilità, verifichi che questa possibilità viene semplicemente rifiutata? (la psicologia degli adolescenti non è lineare…). oppure che, anche col massimo di impegno da entrambe le parti, non c’è niente da fare, il risultato sfugge?

                come il medico perde il paziente a volte, e deve rassegnarsi alle leggi della vita, la scuola perde alcuni studenti, ma il dispiacere per il fallimento educativo non risolve certo il problema, così come il dolore del medico per la morte del paziente non lo riporta in vita.

                tanti anni fa, quando insegnavo in un liceo di provincia, ho avuto anche una studentessa terribilmente problematica. il marasma psicologico nel quale viveva rendeva assolutamente impossibile parlare per lei di apprendimento. la scuola le era soltanto un luogo di sofferenza, ma forse la vita intera era per lei la classica valle di lacrime; spesso fuggiva dalla classe e dalla scuola; io lasciavo gli alunni al bidello (oggi finirei sui giornali esposto al pubblico ludibrio, per questo!) e andavo in giro a cercarla per il paese e poi la riportavo in aula, cercando di consolare le sue lacrime. non era ovviamente possibile promuoverla, ed io rimasi poco in quella realtà. in seguito ho saputo che comunque, abbandonata la scuola, si era fatta una vita, aveva avuto una bimba, e poi era morta di overdose a 28 anni.
                devo aggiungere altro? come vedi, non l’ho dimenticata…

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                • Forse abbiamo semplicemente un problema di comprensione; comunque, nel mio discorso non intendevo toccare il punto del titolo di studio, e neppure quello della “mancanza di voglia”: io parlavo proprio dell’opposto, delle situazioni in cui c’è il merito ma non (ancora) la capacità, per motivazioni estranee alla sua volontà.

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                  • “Per sostenere i giovani nel nostro Paese, portarli al livello dei giovani europei e colmare le disuguaglianze in ambito educativo, serve immediatamente un “reddito di formazione”, cioè dare un sostegno monetario alle giovani ed ai giovani che decidono di laurearsi. Questa sarebbe davvero la meritocrazia che si ispira ai valori della nostra Carta costituzionale. La porterò avanti come mia proposta di legge perché nel 2021 il 41% dei giovani dell’Ue, di età compresa tra i 25 e i 34 anni, si era laureato, mentre in Italia la percentuale era del 28%”. Aboubakar Soumahoro

                    sempre di più penso che il prossimo leader della sinistra dovrebbe essere lui.

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  2. Eccomi qua, ed inizio subito con un dissenso:
    “quindi il diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi, secondo la Costituzione, è chiaramente collegato al merito.”
    A me non sembra affatto: piuttosto, mi sembra che la Costituzione dica che l’istruzione è diritto di tutti, e che compito della repubblica è consentire anche a chi è privo di mezzi di accedervi.

    Questo è il punto fondamentale, per me: l’errore è che il merito si associa alla scuola. La scuola non dovrebbe essere il luogo in cui si valuta chi si merita e chi no di fare una determinata cosa: dovrebbe essere il luogo in cui si rimuovono gli ostacoli che rendono ad alcuni di farsi valere, anche se dei meriti, da valutare in altra sede, li potrebbe avere.

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