il mondo è un ologramma? – 498

negli ologrammi costruiti da noi il gioco della luce laser su una superficie a due dimensioni produce l’illusione visiva della terza.

e non è il consueto effetto ottico tridimensionale dato da una raffigurazione prospettica oppure la visione in 3D ottenuta con particolari occhiali, ma una vera e propria creazione di un oggetto virtuale a tre dimensioni, anche se semi-trasparente, dato che gli si può anche girare attorno.

gli ologrammi furono inventati dal fisico ebreo ungherese Dennis Gabor, che ricevette per questo il Nobel nel 1971.

a me è capitato di vederne alcuni nel decennio successivo in una mostra a Parigi alle Halles, vicino al Centro Pompidou, e in seguito qua e là qualcun altro casualmente.

esperienza davvero particolare, direi, che non ha ancora suscitato tutta l’attenzione che merita.

. . .

ora, si fa sempre più strada tra i fisici l’ipotesi che il mondo sia un ologramma, in altre parole che le sue dimensioni non siano 4, come pensava Einstein, o ancora di più, come pensano i suoi successori con la teoria delle stringhe, che parlano di dimensione “arrotolate” ed invisibili, ed arrivano, in alcuni casi, ad ipotizzarne fino a 17: ma di meno.

dire che il mondo potrebbe essere un ologramma è dunque come dire che potrebbe essere un’illusione ottica o percettiva di una realtà diversa.

ma su questo principio generale non dovrebbero esserci molti dubbi: il mondo certamente non è quello che vediamo.

o meglio, l’unico mondo che esiste, nel senso che noi umani diamo alla parola, è quello che noi vediamo, perché per il resto il mondo è soltanto un programma che deve essere interpretato.

il mondo dunque non esiste, in quanto mondo, fino a che qualcuno non lo interpreta.

. . .

rimane solo da fare il passo successivo, quello veramente importante: che caratteristiche ha questo programma dal quale noi ricaviamo il mondo che esiste?

l’idea di un programma da ologramma, che crea una terza dimensione ricavandola dalle altre due, a me pare troppo semplicistica ed ingenua, perché legata appunto troppo da vicino alla straniante esperienza dell’ologramma costruito da noi.

l’ologramma naturale potrebbe essere anche molto più semplice, ma molto più complicato di così?

è possibile pensare ad un semplice programma ad una sola dimensione, un’unica stringa di segni, infinita in se stessa, capace di generare gli infiniti mondi ad uno dei quali apparteniamo noi come suoi creatori?

l’idea supera le nostre capacità di immaginazione, ma questo non è un buon motivo per cassarla a priori.

. . .

avremmo dunque un universo ad una sola dimensione e non soltanto Un uomo a una dimensione, come quello di Marcuse.

e faccio l’ipotesi che questa dimensione, dalla quale si generano tutte le altre, sia quella che noi chiamiamo tempo, perché la viviamo appunto in questo modo.

ne risulterebbe che nell’universo che viviamo noi dovremmo abituarci a considerare il tempo come la dimensione che genera le altre.

e dovremmo pensare che lo spazio, nelle sue tre dimensioni, sia uno sviluppo apparente del tempo.

in questo modo diventerebbe un po’ più comprensibile anche il fenomeno dell’entanglement, dato che sarebbe molto meno strana la condivisione delle informazioni tra particelle abbinate, all’istante, cioè nello stesso tempo, qualunque sia lo spazio (apparente) che le separa.

. . .

pensiamo allora a noi stessi come ad una particolare stringa lineare di informazioni in una dimensione che si configura a noi come tempo.ù

pensiamo che, rispetto ad essa, sia soltanto un’apparenza lo spazio, che costituisce tutto lo scenario dei nostri desideri e sogni di realizzazione e di conquista.

quale via maestra verso la saggezza, quale conquista sapere di essere uomini ad una sola dimensione, quella del tempo.

quale liberazione, se possiamo permetterci di considerare una mera illusione lo spazio nel quale viviamo e gli oggetti che lo riempiono.

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4 commenti

    • indubbiamente.

      colgo l’occasione per precisare che ho definito “tempo” l’unica dimensione originaria della realtà dalla quale si sviluppano le altre.

      è stata una veloce approssimazione; dovremmo piuttosto definirla velocità; cosa che rende più chiaro come da essa possano svilupparsi le altre quattro, le tre spaziali e la quarte cronologica.
      ma anche avvicina la comprensione della insuperabilità della velocità della luce, che è una caratteristica della dimensione originaria, forse particolare del nostro universo.

      forse esistono tanti universi diversi quante sono le possibili velocità della luce…

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