Ratzinger non è un grande filosofo, né un grande teologo, anche se generalmente viene rappresentato come tale. Le sue polemiche, la sua lotta contro il relativismo sono, a mio avviso, semplicemente molto grossolane, e nemmeno uno studente della scuola dell’obbligo le formulerebbe come lui. La sua formazione filosofica è estremamente debole.
In sei mesi, potrei organizzare io stesso un seminario sul tema del relativismo. Si può stare certi che alla fine presenterei almeno venti posizioni filosofiche differenti. Metterle tutte insieme come fa papa Benedetto XVI, come se fossero una posizione unitaria, è estremamente naif.
(Umberto Eco, Intervista rilasciata alla Berliner Zeitung il 20 settembre 2011, come riportato da post.it).
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che sollievo trovare questa citazione di Umberto Eco navigando in internet!
non sono solo, allora, a pensarla così; e ho anche argomentato varie volte il mio giudizio, nel corso degli ultimi 18 anni nei miei blog, attraverso l’analisi puntuale di alcuni testi e dichiarazioni di colui che fu papa dal 2005 al 31 dicembre dell’anno scorso.
già, perché, filosoficamente parlando, Ratzinger si inventò l’inedita figura del papa inattivo, o emeritus, che non esercita la funzione, ma non per questo rinuncia al titolo; del tutto indifferente alla contraddizione creata con l’invito contemporaneamente fatto ai cardinali di eleggerne un altro, e continuando a dichiarare fino alla morte, peraltro, che il papa era uno solo; e del resto lui continuava a firmarsi come papa, Benedictus XVI, anche dopo il ritiro, vivendo peraltro pur sempre in Vaticano e con l’abito bianco da papa.
del tutto indifferente al vulnus mortale fatto alla figura stessa del suo successore, papa non pienamente papa, e con ciò alla distruzione di ogni linea di legittimità canonica del suo successore e di tutti gli altri dopo di lui.
molti grandi ingegni servili hanno trovato chissà quale profondità di pensiero in queste scelte sconnesse; a me pare che basterebbero da sole a far dubitare che una mente capace di partorirle possa avere un grande spessore filosofico.
e dal punto di vista pratico, per sanare questa contraddizione, che cosa dovrebbe fare oggi Bergoglio? dimettersi a sua volta e provare a farsi rieleggere soltanto dai cardinali nominati da Wojtyla e da Ratzinger (ma quanti sono ancora in vita con meno di ottant’anni?) e poi farsi riconfermare dal collegio cardinalizio al completo? non succederà, evidentemente: il rischio di una catastrofe scismatica è troppo forte.
ma poi questa stessa scelta dimostrerebbe l’assoluta incoerenza della decisone di Ratzinger.
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però indubbiamente sbaglia chi la pensa così, almeno a stare a quell’altro grande filosofo che è Massimo Cacciari e a quel che dichiara in una intervista all’Avvenire.
la cosa non è tanto grave per me, che alla fine non sono nessuno, ma per Umberto Eco, che purtroppo non può replicare.
(però qualcuno potrebbe essere tentato di fare scrivere a Chat GPT una perfetta risposta a Cacciari in stile Umberto Eco, dovrebbe riuscirci.)
intanto, cari e sparuti lettori di questo blog, vi dovete accontentare di una replica molto più artigianale nel modesto stile bortocal.
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e per prima cosa, devo cominciare col correggermi, perché rileggendo l’intervista mi accorgo che Cacciari non definisce Ratzinger un filosofo, ma un grande teologo e un intellettuale, anzi letteralmente un intellettuale europeo al mille per cento, e non è detto che questo sia un complimento.
può darsi che dalla sintesi delle due definizioni di teologo e intellettuale ci si possa almeno avvicinare alla definizione di filosofo?
questa del resto viene distribuita con grande disinvoltura oggi in Italia, da Severino a Cacciari, e via via scendendo per li rami, perfino a Fusaro, il filosofo da Youtube.
del resto non è strano un paese dove i calciatori che muoiono prematuramente diventano dei maestri di vita e i filosofi invece sono delle star televisive?
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ma comunque lo si voglia definire, lui, Cacciari, da filosofo autoproclamato, prende Ratzinger molto sul serio:
L’attenzione a questo rapporto – quello tra fede e ragione – lo caratterizza in modo fondamentale rispetto alle correnti del pensiero e della teologia contemporanei.
Cacciari afferma che, secondo Ratzinger, la filosofia svolge la sua missione nella misura in cui interroga la fede ed esige che renda ragione di sé.
mi viene da replicare che è una bella pretesa, ben poco filosofica, che questo debba essere addirittura lo scopo principale e la missione della ricerca filosofica, al punto tale che una filosofia che non se ne occupa, non può essere considerata vera filosofia, secondo Ratzinger.
a me viene da dire, peraltro, che il problema del rapporto tra fede e capacità razionali dell’uomo è un problema più antropologico e psicologico che filosofico; la filosofia può anche occuparsene, ma a margine dei problemi ben più vasti di comprensione del mondo che la sovrastano, e tenendo conto delle acquisizioni scientifiche in corso.
però soltanto a partire dai solidi fondamenti di qualche ricerca scientifica, oggi possibile, che provi a spiegarci che relazione si crea, nel funzionamento della mente umana, tra le aspettative, che, se strutturate e rese compatte, chiamiamo fede, e il principio di realtà connesso alla ricerca sperimentale e razionale dello stato delle cose.
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e ancora più interessante sarebbe una ricerca che esplorasse le relazioni tra la fede religiosa e i bias cognitivi, cioè le pretese inconsce di usare a priori categorie interpretative della realtà capaci di darci le risposte che desideriamo.
una filosofia che si interrogasse sul rapporto tra ragione e fede, dovrebbe dunque in realtà, occuparsi prima di tutto del peso dei bias cognitivi sia nell’ambito di quello che consideriamo pensiero razionale, sia nell’ambito di quella fede che saremmo portati a considerare irrazionale, ma che invece, secondo Ratzinger, è a sua volta una manifestazione del lògos.
abbraccio mortale, mi permetto di dire.
perché se fosse vero che la fede germoglia dal campo stesso del pensiero razionale, allora sarebbe capace di travolgerlo del tutto, trascinandolo nella propria dimensione volontaristica e soggettiva.
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ma torniamo appunto a Cacciari che proprio a questo proposito afferma che la filosofia contemporanea per Ratzinger invece – invece di occuparsi come proprio compito fondamentale di esigere che la fede renda ragione di sé – tende a una deriva relativistica e svolge una funzione di critica della teologia e della fede in senso negativo, ritenendo a priori che l’atto di fede non abbia più alcun significato nel mondo della scienza e della tecnica.
dubito molto che questa lettura di Ratzinger corrisponda davvero allo stato delle cose: più che negare ogni significato all’atto di fede nel mondo contemporaneo, a me pare che la ricerca filosofica attuale abbia preso atto che esso risponde ad altre esigenze, ma non è di nessuna utilità nella ricerca della verità, anzi si costituisce piuttosto come un ostacolo alla libera ricerca su questa strada.
Il grande teologo – cioè Ratzinger, dice Cacciari – chiede distinzione e discriminazione, chiede di comprendere bene i termini che si usano. Ci sono discrimini profondi con le marmellate sentimental-patetiche dove i termini valgono in maniera indistinta.
ma davvero Cacciari trova questo rigore e questa chiarezza di distinzione nel significato dei termini in quel che scrive Ratzinger?
sinceramente c’è da trasecolare: se Ratzinger, come scrive Cacciari, comunica che per sperare bisogna guardare a Lui – cioè Gesù -, solo allora la speranza ha senso, Ratzinger sta usando la parola speranza in modo rigoroso oppure sta proprio facendo proprio una di quelle marmellate sentimental-patetiche dove i termini valgono in maniera indistinta?
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ma a questo punto, più che ritornare sui limiti molto evidenti del pensiero di Ratzinger, che del resto già Eco ha delineato nettamente, a me interesserebbe capire che cos’è allora la filosofia dal punto di vista di Cacciari.
perché è abbastanza evidente che la filosofia di cui sta parlando Cacciari non è quella di cui parlava Umberto Eco.
e allora prima di definire se stessi filosofi e di attribuire dignità di pensiero filosofico a chi usa palesemente come categorie parole dai significati indistinti, bisognerebbe definire in premessa che cosa si intende per filosofia.
e rispondere alla domanda se la teologia, cioè il discorso su Dio, possa definirsi in qualche modo filosofico, se non risponde davvero alla domanda, per prima cosa: ma che cosa intendiamo con la parola Dio?
e possiamo occuparci di Dio, come se fosse reale, prima ancora di avere definito che cos’è?
Ritengo interessante questa discussione su Micromega, leggibile online. https://www.micromega.net/il-papa-a-la-sapienza-cosa-accadde-realmente-nel-2008/?utm_source=substack&utm_medium=email
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molto interessante rileggere i documenti di 15 anni fa; non sembra che l’Italia sia migliorata, semmai il contrario.
nel merito delle cose discusse in questo post, mi limito ad una considerazione sola: Ratzinger parla della struttura razionale della materia.
dopo un secolo di fisica quantistica l’affermazione è francamente incredibile e dimostra da sola la povertà culturale dell’uomo.
il dramma della scienza moderna è al contrario proprio che la struttura profonda del mondo appare terribilmente incompatibile con le strutture ordinarie del nostro pensiero, quelle che noi definiamo razionali.
qualcosa ci fece intuire il prof: Cassa al liceo, col dualismo onda-particella, se ben ricordi. ma oggi siamo ben oltre, all’osservazione che modifica lo stato stesso di quel che si osserva e al (conseguente?) principio di indeterminazione, che non è un limite dell’osservazione, ma una caratteristica intrinseca della cosa osservata.
la pretesa che la materia abbia una struttura razionale è veramente ridicola, oggi. Newton è tramontato, e perfino Einstein appare superato in certi aspetti del suo pensiero. la realtà ha una natura profonda indeterminata e probabilistica; questo mette fiori gioco la ragione comune ed esige ben altri strumenti per poter essere analizzata.
grazie mille dell’intervento e della segnalazione.
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A me la cosa che fa più pensare è che si parli di Ratzinger più adesso che è morto che quando era vivo. Non potevano tenerlo congelato in qualche cella? Poi se era un gran teologo o addirittura filosofo non lo so, di sicuro ha fatto un gran casino con le sue dimissioni. Non dico che ha spaccato lui la Chiesa perché le divisioni ci sono sempre state, ma certo non ha aiutato a superarle.
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scusa se faccio il dietrologo, che poi purtroppo non è tanto lontano dal complottista.
una decina d’anni fa Ratzinger fu spinto alle dimissioni da una ben orchestrata campagna mediatica americana, che lo inchiodò alle sue responsabilità di esecutore fedele degli insabbiamenti degli scandali di pedofilia ecclesiastica voluti dal suo boss Wojtyla.
tirava le fila, senza parere, il democratico Obama che non ne poteva più di un papa così reazionario e promosse un cambio al vertice.
Ratzinger era un debole, del tutto inadatto a fare il papa, cioè l’uomo di potere; lui era un intellettuale umbratile e schivo, che avrebbe preferito scrivere i suoi libri e suonare il pianoforte.
ora la storia si ripete, ma con mandanti nella destra europea via via più forte ovviamente. ma non pare che gli USA abbiano una parte molto attiva nella vicenda, almeno per il momento, anche se certamente la posizione flessibile di Bergoglio sulla guerra in Ucraina e le sue aperture alla Cina hanno deluso le aspettative di chi aveva spinto tra le quinte per la sua elezione.
chi fa tutto sto clamore su Ratzinger vorrebbe di nuovo un papa amico della Fallaci come lui e in ogni caso Biden certamente non vuole questo.
ho appena scritto un post (che so già che non ti piacerà) su quello che sta succedendo in Vaticano.
io non credo che questa offensiva avrà successo; del resto Bergoglio ha 86 anni, qualche acciacco e credo che possa tranquillamente resistere fino a che la natura farà il suo corso.
la vera posta del gioco non sono le dimissioni, ma il prossimo conclave, secondo me.
– ah, ti sono anche debitore di una rettifica di quanto ho detto in un commento precedente: confrontando lo stile confuso di alcune encicliche di Wojtyla e quello molto chiaro e cristallino (anche se incoerente) di quelle di Ratzinger, avevo affermato che non credevo che questi avesse avuto grande parte nelle prese di posizioni dottrinarie del papa polacco.
ho però letto di recente che invece anche Ratzinger era tra gli estensori; se questo è vero, e chi lo dice è più informato di me, certamente, allora questo significa che Ratzinger lavorava però su un impianto, una scaletta, definita dal suo capo, al quale restano le responsabilità della confusione concettuale dell’insieme (sempre a parere del tutto personale, naturalmente).
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