ancora su Dante, forse non “di destra”, ma certamente reazionario, anche e soprattutto nel contesto medievale… – 21

dell’interessantissimo post di gaberrici, (Ri)fare la punta, riporto qui solo la parte che polemizza col mio post Dante di destra? Sangiuliano e la scoperta dell’acqua calda – 18, ma invito comunque chi non avesse ancora fatto a leggerselo tutto al link di lì sopra.

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[…] Sangiuliano ha fatto sapere di considerare Dante Alighieri un pensatore di destra, di più, di considerarlo il capostipite della cultura di destra, e tutta la società non ne è semplicemente al corrente; no, tutta la società, o, per meglio dire, tutti i più influenti commentatori della carta stampata e, soprattutto, del mondo virtuale, e di conseguenza tutta la società, con entusiasmo degno di miglior causa, ne stanno parlando. Probabilmente, perché è un tema piuttosto facile di cui occuparsi. 

Di nulla infatti è facile discettare come delle scemenze; e su questo punto sono d’accordo, né potrebbe essere diversamente, con bortocal che sul suo blog ha definito il dibattito seguito all’uscita di Sangiuliano, appunto, scemo: se non altro perché sta dando al ministro l’occasione di vivere una situazione che, almeno da quando occupa la posizione che occupa, credo sia per lui inedita: quella in cui qualcuno si sta interessando a lui. Che ritengo sia esattamente quello che voleva: le dichiarazioni in merito al Sommo Poeta, di fatti, non sono giunte come frettolosa risposta ad un fastidioso giornalista d’assalto che gli ha fatto le poste sotto casa per infilargli il microfono sotto il naso non appena lo ha visto varcare il portone e per porgli, a tradimento, la fatidica domanda; no, sono “accadute” durante un evento organizzato dal suo partito, Fratelli d’Italia, e condotto da un giornalista “amico”, il condirettore di Libero Pietro Senaldi: bisogna essere al minimo ingenui per credere che Sangiuliano fosse completamente all’oscuro di quel che gli sarebbe stato chiesto, e che non avesse fatto, come si dice, i compiti a casa, che non si fosse adeguatamente preparato. Adeguatamente, certo, si fa per dire.

In altra sede, l’amico bortocal ha sottolineato che se tiene un blog, e non una pagina Instagram, è perché gli piace essere in disaccordo con chi lo legge; sarà dunque felice di sapere che le ragioni di intesa tra noi finiscono al punto esplicitato nel paragrafo precedente: al contrario di lui (e di Sangiuliano) io (come Massimo Cacciari… sigh) non credo che Dante Alighieri fosse di destra; di più, credo che sia insensato definirlo di destra (e, chiariamoci, lo sarebbe altrettanto definirlo di sinistra). Certo, Dante era un conservatore, e difendeva le ragioni della parte privilegiata della società dei tempi suoi (forse, anche solo per invidia) e anzi anche di un potere che definiva sacro nel senso più proprio del termine; d’altronde, le categorie politiche di destra e di sinistra sono nate durante la rivoluzione francese, ed in particolare in seno alla Convenzione Nazionale, quando chi sosteneva le posizioni più radicali sedeva alla sinistra del governo, e chi invece era più “moderato” si posizionava alla sua destra. Me ne rendo conto: ad un uomo dei nostri tempi, impregnati di recentismo e desiderosi di semplificazione, i termini destra e sinistra possano sembrare le versioni “particolari” di due categorie più “generali” che possiamo chiamare, peccando comunque di anacronismo, “conservatorismo” e “progressismo”: ma questo significherebbe dimenticare che il testo è nulla senza il contesto. Destra e sinistra significano per noi quello che significano perché noi viviamo in una determinata temperie culturale e politica, in un momento della storia definito da precise coordinate; ad esempio, viviamo in un tempo in cui esiste la democrazia rappresentativa parlamentare, e quindi ha un senso che le fazioni politiche si dividano anche “spazialmente”: per Dante, una simile distinzione non avrebbe avuto senso, perché nella Firenze dei suoi tempi, che non era una democrazia parlamentare, “fare politica” significava far parte tutti dello stesso partito, quello dei Guelfi Bianchi. 

Ma non c’è solo questo: c’è anche che le parti politiche si “posizionano” in base alla classe dominante dei tempi che vivono; e, appunto dalla rivoluzione francese, la classe dominante del nostro mondo è la borghesia, il che non era vero ai tempi di Dante: nella Firenze dell’autore della Commedia, certo, il governo era nominalmente “di popolo” (il che significa, essenzialmente, che a comandare erano, o avrebbero dovuto essere, i “ceti produttivi”); ma d’altronde, il peso che “i magnati” (ossia le famiglie nobili) avevano era considerevole e decisivo, ed ai magnati apparteneva i migliori amici di Dante, per altro (Guido Cavalcanti, tanto per dire). Oggi, invece, destra e sinistra si definiscono in base al rapporto che hanno con chi possiede le leve economiche della società; ed un dibattito sulla redistribuzione della ricchezza (che è un tema centrale della dialettica destra-sinistra), o sui diritti di chi lavora a salario, sarebbero parsi incomprensibili a Dante Alighieri ed a qualunque suo contemporaneo, più impegnati a decidere chi aveva diritto di regnare sul mondo tra imperatore e papa, o di quali fossero gli obblighi di un cortigiano nei confronti del suo signore: argomenti che, lo riconoscerete, hanno perso appeal nei nostri tempi (per fortuna).

Questo tema è per altro decisivo visto quanto Sangiuliano ha affermato nell’immediato prosieguo della sua “chiacchierata” con Senaldi: non pago di aver evocato a sproposito il poeta forse più famoso di tutti i tempi, infatti, il ministro ha proseguito facendo anche il nome di uno degli intellettuali italiani più conosciuti nel mondo, Antonio Gramsci, affermando che per imporre la destra come forza “culturale” oltre che politica non bisogna sostituire l’egemonia culturale della sinistra, “quella gramsciana”, con un’egemonia culturale di destra. Il che dimostra che il ministro non conosce minimamente l’autore che sta citando (cosa che, sia detto tra di noi, non mi sorprende neppure un po’): Gramsci, infatti, quando parla di egemonia culturale non lo fa descrivendo un qualcosa che deve essere artificialmente raggiunto da una classe rivoluzionaria; al contrario, lo fa per parlare di uno degli strumenti con cui la classe dominante esercita il suo dominio sulle classi subalterne: in particolare, imponendo i suoi valori ed i suoi interessi come valori ed interessi della società nel suo complesso. Per esempio, aver fatto credere “al mondo” che la produttività, che è un qualcosa funzionale al profitto di chi possiede i mezzi di produzione, sia un’entità metafisica che indica un aumento del benessere globale,  è un buon esempio di egemonia culturale: e, a ben vedere, è piuttosto difficile che ad imporla siano stati degli uomini e delle donne di sinistra. […]

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ma ecco la mia replica:

caro gaber, sono veramente contento e direi perfino quasi orgoglioso, di essere stato l’occasione per un post così acuto. col quale, temo di deluderti, mi trovo quasi perfettamente d’accordo su tutte le questioni più importanti; il che è un segno evidente che mi sono espresso male io.

da dove cominciamo? dai grandi consensi o dal circoscritto dissenso che tu esprimi?

lascerò per cenni i primi:

.1. l’abilità del ministro nel creare un caso mediatico (tale soltanto per l’ignoranza crassa del pubblico), aggiungiamo anche: l’idiozia della stampa che FINGE di essere alternativa e che vorrebbe essere di destra, se non altro per motivi di mercato, e ci abbocca, o finge, ben sapendo in realtà di fare la grancassa; non sottolineeremo mai abbastanza che abbiamo questo governo perché l’ha fermamente voluto la sacra trimurti che di dice si sinistra (PD ed accoliti, 5Stelle e Terzo (?) polo, semmai il quarto!);

2. la precisazione su che cosa intende Gramsci per egemonia culturale (definizione che ci permette di dire che, dopo trent’anni di berlusconismo anche a sinistra, l’egemonia culturale in Italia oggi è post-fascista, fascistoide o fascista aggiornata; e con questa egemonia Dante, il reazionario dei suoi tempi, ha ben poco a che fare; anzi ne sarebbe un oppositore, in nome di diversi valori e di ben altro rigore morale);

3. l’incapacità di fare analisi fini di qualunque cultura di destra, cioè populista, e il populismo è di destra anche quando si ammanta di rivendicazioni di sinistra (ma allora la sconfitta preventiva di qualunque cultura di sinistra, dato che nell’universo mediatico costruito dai social, qualunque analisi fine è inattuale e incapace di comunicare).

mi paiono i tre pilastri della tua analisi, che aprono prospettive di riflessione importanti, che ho appena accennato.

ma veniamo allora al punto del tuo dissenso dichiarato, che è molto circoscritto e che mi pare si possa sintetizzare così: non è possibile estendere al passato le categorie di destra e sinistra, che sono nate soltanto con la rivoluzione francese…
cribbio, e io che cosa avevo scritto? che destra e sinistra sono state per decenni soltanto categorie morali e non politiche, come ben sanno i nati mancini di secoli andati, come il sottoscritto, diventati destrimani a forza di costrizioni, perché essere mancino era una colpa, come essere omosessuale o negro, che poco ci mancava.

concordando anche su questo, però non direi che questo ci impedisce di interpretare la storia passata come lotta politica tra aristocratici e democratici, nella Grecia classica, nobili e plebei nell’antica Roma, feudatari e liberi comuni nel Medio Evo, e via dicendo; e tutto questo come riflesso di lotte anche sociali tra le classi, altrimenti avrebbe torto Marx a intendere in questo modo la storia umana.

allora diciamo pure che puoi ben dire di non accettare la definizione di Dante come uomo “di destra”, nel senso moderno del termine, ma hai certamente e anche grossolanamente torto (come Cacciari) se con questo intendi dire che Dante non fosse un reazionario, politicamente, ma anche culturalmente, anche se poi, con felice contraddizione, cercò di divulgare la sua cultura reazionaria anche a livello popolare, usando il volgare e ponendo con questo le basi della lingua italiana.
ma questa poi in verità fu sviluppata da altri e in un’altra direzione, più latineggiante e aristocratica, in parallelo alla grossissima crisi della crisi della democrazia comunale seguita alla peste del 1348 e al ritorno a poteri semi-feudali, soltanto aggiornati nella forma delle corti signorili umanisteggianti; e fu l’umanesimo il grande movimento reazionario che seppellì la democrazia comunale dal punto di vista culturale.

perché su un altro punto hai storicamente torto, quando affermi che “nella Firenze dei suoi tempi, “fare politica” significava far parte tutti dello stesso partito, quello dei Guelfi Bianchi”.
eh, no che si poteva e si doveva scegliere se essere guelfi Bianchi o Neri.
vedi, non c’era la distinzione tra destra e sinistra, ma tra Bianchi e Neri, e Dante era bianco, cioè faceva parte della fazione che difendeva le residue forze delle famiglie di origine nobiliare, contro i magnati di origine borghese. Dante non era certo un poveraccio; la sua casa che ancora esiste a Firenze lo dimostra; non era certamente neppure un magnate; era piccola nobiltà, in parte decaduta, ma per tutta la vita si schierò da quella parte.

questa era la lettura sessantottina della figura di Dante, che poi alla fine Sanguineti sintetizzò nel 1992 nel suo libro “Dante reazionario”, che oggi si trova solo su e-Bay usato a 80 euro, come oggetto semi-antiquario, e per i vent’anni in cui ho insegnato nei licei, questo sguardo critico cercavo di aprire nei miei studenti, credo peraltro con successo scarso. ma la cosa è finita quasi quarant’anni fa, povero me…
certo, oggi la tua generazione si è formata su Harry Potter, anziché sui tediosi e quasi illeggibili testi sessantottini, e quindi non si può pretendere che questi siano stati parte di una formazione di base, anzi questa lettura critica non solo è ignorata, ma perfino rifiutata e sbeffeggiata, ad esempio da Cacciari.

occorre ricordare che la vita politica di Firenze, ai tempi di Dante, era regolata dagli Ordinamenti di Giustizia di Giano della Bella, del 1293 (Dante aveva 28 anni, quando furono approvati), che escludevano dal governo della città i nobili di antica tradizione feudale (come era la famiglia di Dante, ai tempi del rimpianto avo Cacciaguida), in favore del nascente ceto borghese, e rendevano obbligatoria l’iscrizione a un’Arte, cioè ad una associazione di artigiani, per essere eleggibili alle cariche politiche.
qualcosa di simile – pur se su un piano molto diverso – alla restrizione bolscevica del diritto di voto ai lavoratori.
è vero che il “popolo magro” (salariati, braccianti, piccoli dettaglianti) era comunque ancora escluso a Firenze dall’elettorato passivo, dato che non esistevano Arti che comprendessero le loro categorie (si dovrà aspettare fino all’avvento del Duca di Atene nel 1342, che in un anno di Signoria risanò la finanza pubblica, travolta da una catastrofica crisi bancaria, ed estese i diritti politici anche al popolo minuto, ma venne immediatamente cacciato l’anno dopo da una sollevazione reazionaria di tutti i privilegiati e la sua riforma immediatamente cancellata, a conferma del radicato carattere classista in senso conservatore della storia politica italiana).

quindi è ridicolo definire Dante “il fondatore del pensiero conservatore italiano”, anche perché Dante non era un conservatore, ma un reazionario, ma non è affatto ridicolo, anzi è semplicemente vero, dire che era questo.

vogliamo dire semplicemente questo? che Dante non era di destra nel senso moderno del termine e che di destra, in senso proprio, sono solo i conservatori e i reazionari di oggi, introducendo un distinguo?
per carità, mi adeguo: la mia è stata una sintesi un poco grossolana, per farmi capire al volo.

ma su Dante reazionario e inattuale avevano ragione Gramsci e anche Sanguineti, e quindi la rivendicazione di Dante come rivoluzionario, fatta da Cacciari, non è solo sbagliata sul piano storico e culturale, ma anche molto pericolosa per l’idea vagamente dannunziana o grillesca di rivoluzione che lui propone nella notte populista della cultura e della politica italiana di oggi.
e questo è veramente l’unico profondo punto di dissenso fra noi due.

non ogni moralista è un rivoluzionario; e dopo il colpo di stato del novembre 1301 dei Neri, Dante è stato “di destra” anche per essere stato condannato (in contumacia, perché non si era presentato al processo) dal Comune democratico di Firenze, per baratteria e concussione, cioè per corruzione: prima a due anni di confino, all’interdizione perpetua dai pubblici uffici, alla confisca dei beni e al pagamento dell’ammenda di 5.000 fiorini: destino quasi berlusconiano il suo…

poi a marzo ci fu la condanna più grave: “Alighieri Dante è condannato per baratteria, frode, falsità, dolo, malizia, inique pratiche estortive, proventi illeciti, pederastia, e lo si condanna a 5.000 fiorini di multa, interdizione perpetua dai pubblici uffici, esilio perpetuo (in contumacia), e se lo si prende, al rogo, così che muoia”. (archivio di Stato di Firenze).
Dante, intanto, sosteneva tentativi armati di rientrare a Firenze, guidati dal signore di Forlì, che gli aveva dato ospitalità.

ma come sfidare il senso comune chiedendosi se ci poteva essere qualcosa di vero in questa condanna? e chi mai ritroverà gli atti, per verificare l’accusa?

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ammennicolidipensiero January 17, 2023 at 7:22 pm
Dante, più che essere reazionario, era e pensava semmai come un uomo del medioevo, con tutte le sue ambiguità sulle gerarchie e sulle relazioni e con dei meccanismi in parte diversi da quelli attuali… Ripenso a degli interessantissimi interventi di Barbero sull’argomento.

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comma22corpus January 17, 2023 at 8:05 pm
d’accordo che era un uomo del Medioevo, ma anche nel medioevo c’erano uomini che guardavano al passato e uomini più rivolti al cambiamento.
e Dante era proprio un reazionario nel suo tempo; cosa che tra l’altro fu il motivo per cui le sbagliò proprio tutte in politica; basta dire che, nell’Italia dei Comuni, credeva ancora nell’impero, cioè nel feudalesimo, e si schierò con Arrigo VII e la sua catastrofica calata in Italia per riportare l’ordine imperiale.

la mitologia scolastica ha divinizzato il personaggio per i suoi incredibili meriti artistici; ma dietro il genio della letteratura ci stava l’uomo del passato.
e purtroppo la scuola abitua ad un’immagine retorica del personaggio e non a vederlo nelle sue luci e nelle sue ombre.

ho visto anche io qualche video su Dante del bravissimo Barbero, che però parlava d’altro.

se collochiamo Dante nel suo tempo, politicamente parlando, la sua nostalgia per l’impero germanico non era troppo diversa da chi rimpiangesse oggi la Repubblica di Salò.
poi la carità di patria e l’eroicizzazione forzata del personaggio hanno portato alla cancellazione di tutte le ombre negative dell’uomo concreto.

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ammennicolidipensiero January 17, 2023 at 8:41 pm
Sì, concordo con la definizione “uomo del passato”, mi piace maggiormente.

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mi scuso con gaberricci se intanto ripubblico qui questa discussione sul suo blog, senza aspettare una sua eventuale replica; sarò ben lieto di riprenderla qui, se ci sarà, e di lasciargli l’ultima parola.

ma eccola: per qualche strano inghippo, era arrivata prima del mio post, ma io non l’avevo vista!

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gaberricci January 18, 2023 at 8:40 pm
Eccomi, scusami ma ho avuto delle giornate davvero piene e non sono riuscito a rispondere a questo commento che richiedeva attenzione e tempo.

Forse il nostro è un puro problema di definizioni, ma io sono dell’idea che le parole non sono solo parole: quando si definisce qualcosa in un certo modo, quando gli si dà un nome, si sta cambiando la realtà. Se Sangiuliano avesse fatto una battuta, avesse detto “quasi potremmo dire che anche Dante era di destra”, lo avrei accettato; ma applicare una categoria politica otto- e soprattutto novecentesca ad un autore di seicento anni prima, mi sembra scorretto, soprattutto perché fatto in malafede (il che, ovviamente, non si può dire di te, che hai fatto tutto un altro ragionamento, che hai fatto cultura, anche se non condivido le tue conclusioni). Ed anche “reazionario” soffre dello stesso problema (ma anche conservatore, se vogliamo): forse la sintesi migliore è quella che hai trovato nello scambio con amme.

Riguardo la politica ai tempi di Dante, nel momento in cui Dante faceva politica “attiva”, a Firenze si poteva essere solo Guelfi Bianchi, perché i Neri erano stati scacciati dalla città, e così pure i ghibellini. Certo, le cose poi andarono incontro ad un’evoluzione, che fu poi la causa dell’esilio di Dante: ma di sicuro la politica “democratica” del comune di Firenze non prevedeva la partecipazione di chi non fosse organico del partito al potere. Viceversa, è vero che i magnati non potevano direttamente partecipare alla vita politica: ma ciò non significa che non la influenzassero; per altro, l’alta borghesia fiorentina si trasformò, e abbastanza rapidamente, in un’aristocrazia, prima di fatto e poi anche “di diritto”.

Comunque, anche a me sembra una sciocchezza dire che Dante fosse rivoluzionario: non lo era politicamente e non lo era, obiettivamente, neppure culturalmente. Se tale è diventato (perché viene “venduto” come il primo grande scrittore in volgare) è stato solo a posteriori: per altro, l’umanesimo tra gli scrittori volgari preferiva altri a Dante.

Non lo dire a Cacciari dei tentativi armati di rientrare a Firenze, o sosterrà che Dante era anarco-insurrezionalista :-).

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direi che ci siamo.

solo una piccola precisazione inevitabile, che mi costringe a smentire il proposito di lasciare a gaber l’ultima parola, ma solo parzialmente.

l’esilio che colpisce anche i Neri nel 1300, durante il priorato di Dante e dunque voluto principalmente da lui, probabilmente, è rivolto anche contro alcuni esponenti dei Bianchi, cioè del partito di Dante, forse i più radicali, tra cui l’amico personale Cavalcanti; quindi non è esclusivo di una sola fazione.

fino al 1300 la vita politica di Firenze si basa su questa lotta tra i Bianchi e i Neri.

piuttosto, una possibilità di fare politica attiva a Firenze solo con i Neri si crea solo DOPO l’esilio di Dante e non prima, cioè da quando Dante smette di fare politica attiva a Firenze per forza di cose, perché viene esiliato a sua volta, e poi addirittura condannato a morte.

fino a quando Dante è stato uno dei protagonisti della vita politica di Firenze, cioè fino al 1302, Dante ha fatto politica come uno dei leader dei Bianchi.

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2 commenti

    • figurati, se devi scusarti: come avresti potuto? il post è stato pubblicato dopo il tuo commento!
      sono io che dovrei scusarmi, piuttosto; ma evidentemente ho cominciato a stenderlo prima che tu lo scrivessi e poi non ho ricontrollato al momento di cliccare su INVIA.

      a maggior ragione hai motivi più che validi per i tempi della tua risposta: i tuoi pazienti reali vengono certamente prima dei tuoi pazienti da blog… 😉

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