La porta dell’ostello di Ortigia si spalanca su un allegro caos, che fa sembrare un inno all’ordine ortodosso il mediocre panorama dell’hostel di Maxim a Ragusa, ma se ne differenzia appunto per i colori sgargianti.
Le camere non sono da meno. Una, con un letto solo, parzialmente coperto da un paravento; nell’altra, dei letti sono disposti in disordine ed ho la fortuna, almeno stavolta, che mi viene risparmiato il letto a castello al piano superiore.
Un ragazzo, sicuramente straniero, dorme pesantemente tra le sue cose sparse sul pavimento, però direi che tutti gli ospiti della camerata si sono adeguati al suo stile.
Tutti i mobili sembrano scappati dal deposito di un rigattiere di infimo livello ed hanno qualche decennio di onorato servizio alle spalle.
Sono rimasto così colpito, che appena ho potuto, ho scattato una foto, pensando ai miei quattro amici che mi leggono, visto che le mie parole possono rendere una idea soltanto approssimativa.

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Fa da guida al monumento archeologico una vecchia grassa, vestita a colori sgargianti, intonati con l’ambiente, che mi indica dove dormirò questa notte, poi, con un ampio gesto che la decanta, la cucina, dove potrò cucinare, se voglio, e il bagno, dalle cui pareti a tratti le piastrelle si sono staccate.
Vi si accede da una porta dipinta di azzurro, ma mimetizzata da ghirlandine pendule di fiori di plastica, ma tutto l’ambiente è labirintico: appena ne ho bisogno, il bagno non riesco a trovarlo, anche perché nel frattempo la porta azzurra è stata chiusa; e solo l’indomani mi accorgerò, dopo avere aperto alcune porte che danno o su un ripostiglio o su cortiletto minimo egualmente pieni di cianfrusaglie, che esiste anche una scorciatoia, che porta direttamente dalla camerata al bagno, aggirando la prima camera e la cucina, passando per un corridoio, pieno di fiori, ospitati su vecchi water e bidet pieni di terra.
Forse era questo il percorso da indicare per primo, ma forse la tenutaria desidera controllare chi va e chi viene, piuttosto.
A proposito, non intendo fare il nome della signora, e del resto non me lo ricordo; mi è scappato tenutaria, per una specie di assonanza ideale, ma chiederei umilmente scusa se lei fosse qui; la chiamerei volentieri la signora, se la parola non risultasse sottilmente beffarda; d’ora in poi sarà semplicemente lei, e lei sarà lei, se non ci saranno altre specificazioni.
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Lei dunque si rivelerà, dalle chiacchiere seguite alle presentazioni, una mia quasi coetanea, anzi, più giovane di due anni, così che io mi chiedo sgomento se anche io sono ridotto in condizioni simili e non me ne rendo conto.
guardo alle sue borse rugose sotto gli occhi e ai segni del tempo ampiamente e impietosamente distribuiti sul viso, fino a farlo vagamente assomigliare ad una antica maschera tragica, e sul corpo, che ha abbandonato i canoni della bellezza greca, anche se si riesce ad intuire ancora, passando sopra ad adipe e rughe e cellulite, che da giovane doveva essere stata una ragazza splendida.
solo i suoi capelli vincono indiscutibilmente la partita con i miei, che sono ampiamente bianchi, con qualche striatura più scura qua e là, mentre i suoi al contrario, per quanto non conoscano parrucchiere da tempo, arricciati e un poco anarchici come sono, sono ancora scuri e hanno solo qualche filo bianco sparso.
Desidererei una bella cena, le dico, perché sono digiuno per tutta la giornata, dopo l’abbondantissima colazione della guesthouse di Modica, che ha strappato una esclamazione sgomenta alla proprietaria, per la mia voracità.
Ma a domanda se ha qualche locale da indicarmi, lei risponde quasi scocciata che non ce ne sono: qui tutto è in abbandono (tranne il suo ostello, naturalmente; lo pensa, anche se non lo dice…).
Non importa, cercherò da me e mi avvio sul lungo mare, ma poi noto che ci sono un paio di rivelli di antiche fortificazioni che meritano di essere esplorati, uno a nord, uno a sud del punto di accesso alla strada dell’ostello e non rinuncio ai panorami che si vedono da loro.
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In effetti in questa zona si fa fatica a trovare qualche locale; solo l’indomani scoprirò quali sono le zone di Ortigia di più intenso passaggio turistico e non troppo distati, che invece ribollono quasi di localini, e finisco per rifugiarmi in un ristorante dalle tappezzerie rosse, in due grandi sale, desolatamente vuote, e spero che sia solo perché i siciliani sono abituati a mangiare un paio d’ore più tardi di quelle in cui mangio io (per non parlare di Ragusa, dove la cena di Rosalie arrivò in tavola a mezzanotte).
Il cameriere, segaligno e un po’ vetusto come il locale, dopo la mia scelta nel menù, porta ossequioso una insalata verde amplissima e poi un risotto ai frutti di mare che non è particolarmente buono, purtroppo, ma è gigantesco, in stile Montalbano almeno per le dimensioni: senza esagerazione, saranno almeno tre o quattro etti di riso, in cui affogano cozze, calamari, seppioline, granchi, che tuttavia, per quanto numerosi, non riescono a reggere la concorrenza del risotto e dunque a dargli sapore.
Non importa, mi sono riempito la pancia per bene, e non mi resta che andare a dormire alla fine di una giornata non semplice tra Modica, Noto e Siracusa.
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Ma è qui che mi accorgo di avere dimenticato da qualche parte del mio percorso lo spinotto per ricaricare il cellulare, che è diventato oramai un elemento assolutamente insostituibile per viaggiare.
Quando ritorno in cucina, per chiedere qualche altra informazione, trovo lei che dialoga con una ragazza di Dresden, Germania orientale, una piccoletta dai capelli rossastri, ma dal viso pulito e per niente lentigginoso, tutto candore lievemente rosaceo, che ha il modo di fare di una spicciativa donna di casa.
e mi trovo a fare da interprete fra le due, che cercano comunicare, ma finora lei più che altro ha abbracciato e baciato l’altra, per dimostrarle quanto le vuole bene: e potrebbe sembrare, se la citazione non rischiasse di apparire troppo dotta. una riedizione di un quadro un tempo celebre, Italia e Germania, solo molto meno leziosa, anzi per niente.
un quadro famoso dell’Ottocento tedesco tra romantico e goethiano, che assunse anche il significato di un manifesto politico pittorico sulla fratellanza di popoli allora considerati costituzionalmente nemici.

come vedete, la Germania del quadro, a destra, è effettivamente un poco rossastra di capelli ed ha dei lineamenti molto gentili; cambiate l’acconciatura dei capelli e togliete la corona coi fiorellini, e ritroverete davvero la mia dresdiana compagna d’ostello.
qui sopra l’Italia qui è rappresentata da una giovane bruna, ma avvenente e spiritualizzata nel suo viso neoclassico, mentre nella realtà lei poteva essere la mamma o forse persino la nonna dell’altra, con le sue grosse borse rugose sotto gli occhi.
La tedesca della realtà, però, era molto sulle sue però, e aveva capito che lei le chiedeva dei soldi, e si vedeva benissimo che non intendeva darglieli.
se poi tutto questo ha di nuovo un carattere quasi allegorico del rapporto attuale fra le due culture e i due stati, non è colpa mia, lo giuro.
comunque nella realtà dissolvo l’equivoco fra le due e ne vengo quasi premiato, perché la tedeschina sa dove vendono quei caricabatteria che mi sono indispensabili: è un negozio danese nella rotonda centrale dell’isola.
E comprerò lo spinotto, grazie a lei, la tedeschina morbida, ma determinata ed efficiente, perché non avrei mai immaginato, l’indomani mattina, che potessi trovarlo lì, visto che la vetrina è piena di pupazzetti e sembra piuttosto un negozio di giocattoli.
se poi qualcuno vuole dedurne che anche il cellulare è un giocattolo, ma per adulti, prego, si accomodi pure.
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ma, mentre la tedesca è abile a dileguarsi appena ha finito di cuocersi due uova alla coque per la cena, io invece resto invischiato da questa lei appiccicosa e in cerca di compagnia (credo…).
lei è molto abile a farmi iniziare una autobiografia che, ad ascoltarla io stesso mentre la racconto, sembra la trama di una decina di film di Almodovar, mentre lei dice che devo assolutamente trasformare le mie chiacchiere in un romanzo.
non fuggite a gambe levate, non lo farò, non ne ho proprio la minima intenzione, mi basta e avanza di averlo vissuto, il mio romanzo; che poi non è certo l’unico degno di nota, come sentirete subito.
perché, quando io ho finito il mio, come sottrarsi all’obbligo di civiltà di ascoltare il suo? anche se purtroppo le lancette ideali del tempo locale ticchettano verso le due di notte e io avrei anche una grande voglia di dormire.
aggiungeteci anche un certo disagio, perché, a metà del mio racconto, lei ha buttato giù, con grande naturalezza, se non ho dieci euro da prestarle, dato che domattina deve andare ad Agrigento e non ha cash, e io naturalmente non sono stato in grado di rifiutarglieli.
è la prima volta che un cantastorie deve pagare il suo pubblico per farsi ascoltare (prestito è indubbiamente un eufemismo), ma la sua esibizione, invece, è gratis.
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lei è cresciuta senza sapere chi era suo padre, e sua madre non glielo aveva mai voluto dire, si è portata questo segreto nella tomba; aveva uno zio, fratello di sua madre, che la amava moltissimo, quando era piccola, e ha preso il posto di padre (sempre che non lo fosse proprio lui, penso io ma mi guardo bene dal dirlo, naturalmente), ma poi se ne era andato in Germania, abbastanza presto.
così, a diciassette anni, lei si era messa con un uomo sposato, che però non aveva mai voluto separarsi dalla moglie per lei, se ne erano solo andati a vivere a Milano insieme, per qualche anno.
e io intanto calcolo che tutto questo avveniva attorno agli anni Settanta, che videro la più grande trasformazione di costume nella storia italiana e segnarono l’inizio del declino della ideologia cattolica, ma lei aveva coraggiosamente precorso i tempi, assieme a tutta la realtà in cui viveva.
la madre ad esempio, l’aveva sconsigliata dal mettersi su questa strada, per motivi pratici però, non per qualche astratta morale.
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e la situazione col tempo era venuta a noia anche a lei, nonostante la nascita di un figlio, che alla fine lui aveva riconosciuto assieme alle due figlie del matrimonio ufficiale, quando le leggi cambiate avevano consentito di farlo anche per i figli nati fuori del matrimonio, ma col consenso di quelli legali e del coniuge, e però alla fine aveva voluto ritornare alla casa siciliana, riprendendo la convivenza con la moglie, che accettava consapevolmente la situazione, che adesso conosceva.
chi, a trent’anni, non la sopportava più era lei, che nel frattempo aveva iniziato una nuova relazione, di nascosto da lui, e alla fine decise di portare questa alla luce del sole, interrompendo l’altro rapporto.
il bigamo di fatto era quasi impazzito dal dolore, racconta lei, l’aveva supplicata e fatta supplicare dal fratello, promettendole tutto quello che voleva, perfino una casa, purché restasse con lui, ma lei non aveva voluto saperne.
bella tempra, no?
ma poi il suo secondo uomo era morto di un brutto male, ancora abbastanza giovane, e adesso a lei non resta che il fragile rapporto con un figlio musone e introverso, cresciuto male in tutto questo bailamme di conflitto fra la madre e il padre, trascinato per anni, avendo avuto al posto del padre un altro; montato continuamente dal padre naturale contro la madre, rappresentata come una poco di buono, e a volte usato come arma di ricatto.
niente di strano che se ne sia andato e dalla sua nuova famiglia tenga la madre alquanto distante, forse per evitare la catena della ripetizione degli eventi, quasi da tragedia greca.
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e così, eccola qui, lei, a mettere in piedi questo ostello, non solo per sopravvivere economicamente, ma sostanzialmente per cercare compagnia e riversare il suo affetto sui suoi ospiti, perché come si cambia visione della vita col cambiare degli anni!
questa è la morale della sua storia, ma io la sapevo già e ho trovato il suo racconto una interessante testimonianza di costume su una Sicilia che non è, e neppure era, come ce la immaginiamo, però emotivamente non mi ha preso né turbato più di tanto.
sarà stato soltanto sonno estremo, ma sbadigliando me ne sono andato a dormire.
Molto bella questa narrazione garbata e colorita insieme. Ortigia l’hai scoperta alla luce del sole. La camera dell’ostello è piena di colori ogni letto ha il suo spesso sulle pareti…
Del resto le stanze sono così grandi…
Lei ha dimenticato la segnaletica per la sala da bagno 😂 però ha dato tanti baci alla giovane ospite che ti ha dato una bella dritta. Fortuna che si dialoga tanto con te 😉 anzi tu fai il cantastorie che offre una banconota alla grassa e vecchia spettatrice… Bravo meglio essere generosi che pidocchiosi. Ho riso , ho sorriso, ed ho pensato che tante volte non basta una vita per trovare una soluzione pragmatica.
Chissà se mi sono spiegata in modo comprensibile… Ciao
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sì, direi che ti sei spiegata bene… 🙂
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E io che avolte rileggo i tuoi post dopo uno o due giorni e mi dico, ma come, questa del quadro italia e germania non lo avevo mica letto, forse lo avrò saltato, si vede bene che sono un lettore distratto. Almeno questa volta non è tutta colpa mia se oggi non ricordo quello che ho letto ieri.
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effettivamente ho aggiunto, non hai avuto le traveggole tu, e magari continuo a limare anche, dove occorre.
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Figurarsi se non perdervi qualcosa!
Però in compenso hai trovato una bella storia.
Confesso che in quei posti non ci andrei manco se mi pagassero…
Non ti ha indicato un locale a Ortigia? Io mi ricordo che era pieno, ma forse ero nella parte opposta. Forse voleva che la invitavi a cena… 😂
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non penserai che la mia perdita di oggetti in viaggio sia finita qui; ti aspetta ben di meglio… e in questo viaggio stesso, ahah.
quanto ai posti scadenti, figurati che impressione mi fanno; in India ho dormito anche in bettole per locali da un euro a notte…
e preferisco una sistemazione così così, ma più giorni di viaggio.
evidentemente lei si aspettava che le chiedessi di prepararmi una cena, per guadagnare altri 10 euro; poi ci ha ripensato, ha capito che tipo sono e ha trovato il modo di guadagnarseli lo stesso… 🙂
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Un bel raccontare, avrei solo voluto vedere descritte fisicamente le donne 🤭
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hai ragione; anche se non amo spezzare il ritmo del racconto con descrizioni particolareggiate, ma preferisco che certi particolari fisici emergano via via attraverso le azioni, potevo fare qualcosa di più, sia per la proprietaria dell’ostello, di cui avevo accennato qualcosa, sia soprattutto della ragazza tedesca, di cui non avevo detto nulla, lasciando che fosse l’aggettivo tedesca a fare indovinare il tipo fisico.
a mia discolpa, sta che il post è stato iniziato in aereo in word, poi trasferito qui (sono le parti in cui il programma automaticamente ha inserito le maiuscole a inizio frase, che io di solito evito, almeno nella scrittura libera creativa), e poi terminato nel mio nuovo ostello, dopo una giornata piuttosto stancante, iniziata alle due di notte.
ora ho rimediato e ti ringrazio di essere come una dei lettori del Pinocchio di Collodi, inizialmente pubblicato a puntate in un periodico, che intervennero più volte costringendo l’autore a cambiare la trama; esempio straordinario di collaborazione creativa, che qui abbiamo replicato nel nostro piccolo.
ho inserito dunque qualche nota ulteriore, che tra l’altro ha dato lo spunto per una divagazione su un quadro famoso dell’Ottocento tedesco tra romantico e goethiano.
su lei:
guardo alle sue borse rugose sotto gli occhi e ai segni del tempo ampiamente e impietosamente distribuiti sul viso, fino a farlo vagamente assomigliare ad una antica maschera tragica, e sul corpo, che ha abbandonato i canoni della bellezza greca, anche se si riesce ad intuire ancora, passando sopra ad adipe e rughe e cellulite, che da giovane doveva essere stata una ragazza splendida.
solo i suoi capelli vincono indiscutibilmente la partita con i miei, che sono ampiamente bianchi, con qualche striatura più scura qua e là, mentre i suoi al contrario, per quanto non conoscano parrucchiere da tempo, arricciati e un poco anarchici come sono, sono ancora scuri e hanno solo qualche filo bianco sparso qua e là.
sulla ragazza di Dresda:
una piccoletta dai capelli rossastri, ma dal viso pulito e per niente lentigginoso, tutto candore lievemente rosaceo, che ha il modo di fare di una spicciativa donna di casa.
e più avanti:
la Germania del quadro, a destra, è effettivamente un poco rossastra di capelli ed ha dei lineamenti molto gentili; cambiate l’acconciatura dei capelli e togliete la corona coi fiorellini, e ritroverete davvero la mia dresdiana compagna d’ostello.
ciao!
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Che belle le tue descrizioni! 😃 ora sì che le vedo, e in effetti non le avevo immaginate così…🤭
Sai che mi chiedevo proprio questo? “Come fa a viaggiare e a scrivere tutto questo?”, complimenti! 🙂
Non sapevo di Collodi, interessante… 😮
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P.S.: grazie 🌸
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grazie a te!
scrivo di notte o in momenti di fermo obbligato…
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