fuori d’Italia – autobiografismi post covid 22 – 134

è il 24 marzo; il volo notturno non offre particolari emozioni e del resto dura soltanto 40 minuti.

di strano ci sono soltanto gli annunci, che sono in italiano, in inglese e in un’altra strana lingua che per qualche aspetto ricorda l’arabo, e però non lo è certamente.

almeno per quel che posso capire, sordastro come sono, perché i lettori di annunci sugli aerei sembrano scelti in qualche gara di lettura veloce e scioglilingua: fanno di tutto per rendersi incomprensibili.

all’arrivo, so bene che potrei anche prendere un autobus per arrivare all’ostello, ma qui hanno fatto talmente i preziosi col dirmi per mail che non potevano fare il check-in dopo le 23, e sciogliendo la riserva solo all’ultimo momento, che opto per il taxi.

resto peraltro stupito della perfetta organizzazione del posto: si va ad un piccolo ufficio, a pagare in anticipo, rigorosamente con carta di credito, sono 20 euro, tariffa fissa, e subito vengo raggiunto da un giovane taxista che mi prende in carico.

mi chiede dove deve portarmi, e appena gli dico la via, risponde: Marco Polo Hostel?

esatto, ma come avrà fatto ad indovinare? niente di magico, come vedremo.

. . .

il percorso di mezzora consente una veloce conoscenza reciproca: lui è nato qui, ma da famiglia mista, madre libanese, ed ha una figlia, perché un maschietto gli è morto nel parto, tragedie che segnano, si commuove ancora a dirlo.

mi informo se potrò rivolgermi a lui, se del caso, per la partenza, che sarà molto mattiniera, e va benissimo, perché lui fa servizio solamente notturno, e mi lascia il suo numero.

il paesaggio urbano che attraversiamo è ultramoderno, ma pulito e ordinato, appare ad un certo punto anche il mare, visto da questa strada, tutto è pieno di luci, di traffico, di case.

guarda che non potrò portarti proprio davanti all’ostello, mi dice in italiano, dovrai farti un pezzetto a piedi, ma non sono più do 20 metri.

è vero, ma sono 20 metri occupati fittamente da almeno 500 ragazzi che fanno festa.

sono nel cuore della movida, che è concentrata proprio davanti all’ostello, e passarci in mezzo, dopo che sono sceso dalla macchina, non è semplice.

mi viene in mente che è venerdì, io resterò fino a domenica e farò la figura del vecchiaccio fuori tempo massimo che viene a cercare baldoria a San Giulino, o meglio San Ġiljan, come si dice qui.

. . .

eccomi davanti al Marco Polo; ho qualche fatica a farmi aprire al campanello, ma il via vai dal portone dell’ostello è talmente frequente, che sgattaiolo dentro lo stesso.

la reception è al quarto piano, mi dice qualcuno, e tutto si svolge con professionalità e tempismo; solo la chiave elettronica per sbloccare la porta della camerata funziona male e devo richiamare per farmi assistere.

mi hanno messo al piano alto di un letto a castello; anche lo scomparto di sicurezza per le mie cose preziose si apre con la stessa key elettronica e con le stesse difficoltà.

ma ora che sono sceso al secondo dei quattro piani di questo ostello gigante, che qui deve essere una vera istituzione, noto di essere finito in un posto psichedelico.

le pareti sono affrescate a colori vivaci, con scene iper-moderne, e grondano di frasi ispirate da una cultura tra pop e punk, comunque piene di sentimenti positivi e condivisibili.

ma ogni descrizione sarebbe fiacca, meglio passare alle foto, rubate rapidamente.

. . .

sono abbastanza esaltato da questo impatto con un paese giovane, vivace, progressista.

mi butto fuori di nuovo fendendo la folla giovanile e faccio due passi sul lungomare, e che cosa trovo?

un negozio che vende marijuana, sia pure light.

una tristezza mi prende, ho toccato con mano che triste arretrato, livido, impaurito paese sia l’Italia, perfino rispetto a questo.

il nome ancora non l’ho detto, vero, avete ragione; mi riservo di farlo al prossimo post, che dovrà fare una perfetta rassegna di tutti i miei pregiudizi, dovuti ad ignoranza, che escono smantellati da questa visita.

ma ho sparso tanti indizi o bricioline di Pollicino lungo il percorso, che non sarà difficile arrivarci.

in ogni caso, se proprio dovesse esserci qualcuno che non ce la fa, copi questo post e lo mandi a chat-GPT chiedendole: di che paese parla questo blogger?

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3 commenti

  1. Quello che mi dici sull’economia di Malta mi chiarisce molte cose.
    Appena vista la foto della movida dei giovani mi ha provocato molto stupore. Non perchè i giovani si vogliono divertire come è ovvio che sia ma perchè sono veramente tanti, troppi, con quello scooterone di grossa cilindrata in un isola dove non ci sono distanze da giustificarne la presenza. Mi sono detto, ma come fa un’isoletta nel centro del mediterraneo ad avere un’esuberanza simile di giovani, segno di una popolazione in espansione, e dato che non vedo straccioni, da un economia a supporto degli alti consumi della gioventu.
    Io mi sarei aspettato Malta come un isola sonnacchiosa che vive delle poche risorse locali e della posizione privilegiata e turismo ma nulla di piu.
    Invece mi dici che un quarto del pil sono servizi finanziari che nella mia testa sono assimilabili alla malavita e quindi tutto mi torna. Un paradiso fiscale come tanti piccoli stati isolani nel mondo.

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    • anche per me l’impatto con quella realtà è stato uno shock; tu hai visto la foto, ma ti assicuro che viverla dal vivo è stato incredibilmente più potente; non avevo nessuna idea su come fosse Malta; avevo colto una certa efficienza e buona organizzazione nell’arrivo all’aeroporto, cosa che poi è uscita confermata dei due giorni di soggiorno successivo; in questo molto inglese, direi.

      nella vita quotidiana si coglie soprattutto questo, che è molto gradevole. la struttura economica profonda, che è quella che stiamo dicendo, è nascosta da questa realtà, che Marx avrebbe definito sovrastruttura, ma che non ne dipende affatto, a differenza da quanto pensava lui.

      nella storia della giornalista uccisa, colpisce in positivo noi che non abbiamo una coscienza pubblica cinica e indifferente, la forte reazione morale, credo che aiuti in questo la dimensione limitata dello stato e il sentirsi necessariamente coesi, oltre che qualche eco dell’antica tradizione di una gestione direi quasi di grande parrocchia, prima del dominio inglese.

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  2. Mauro è tutto molto giovane quindi il paese è giovane. È una realtà che mi piace … Il nostro Paese è vecchio e bigotto mi fermo qui. Dormire al piano alto sembra quasi uno scherzo :-)*.
    Vedi che non conta così tanto l’età .
    Lo stile dell’ostello mette allegria è vero ,mi pare un buon inizio del breve soggiorno .
    Poi ci dirai ,dai ciao

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