le sessualità eterogenee come diritto – la morale sessuale della democrazia liberale, 4

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concludo il mio quarto intervento di questa rapida serie di annotazioni sulla morale sessuale così profondamente cambiata negli ultimi tempi, con questa osservazione:

l’attività sessuale eterosessuale da qualche tempo non ha più una funzione riproduttiva esclusiva, o forse non ne ha neppure proprio più una per molti, perché tante coppie etero non desiderano avere figli; ma allora è venuta meno anche la ragione profonda che la differenziava da altre forme di realizzazione del desiderio sessuale che non avevano questo scopo, ma soltanto quello della realizzazione personale e del piacere.

e venivano definite perversioni, inversioni, distorsioni varie di una presunta normalità, identificata con la scelta più diffusa, da introiettare come norma etica, a conferma del conformismo.

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la riprovazione che le colpiva è bene sintetizzata dalla morale cattolica tuttora vigente che autorizza il sesso al fine principale della procreazione.

cosa che farebbe esplodere il mondo nel giro di una generazione, se i cristiani fossero davvero coerenti con questo insegnamento, oppure ridurrebbe l’attività sessuale a qualcosa di poco meno sporadico di una vincita al lotto.

insomma, se si fa l’amore con una donna non per farci dei figli, ma perché ci piace (come del resto è avvenuto da che mondo è mondo, con buona pace dei teologi), ?che cosa possiamo obiettare all’omosessuale? che lo fa con una persona del suo stesso sesso, in modo assolutamente equivalente, … se anche l’altra coppia non lo fa per avere figli.

e non possiamo neppure disapprovare chi lo fa a tre o in gruppo, chi ama le orge di sessi misti, gli scambi di coppie, i feticisti, gli onanisti del sesso con se stessi e con le proprie fantasie, e perfino perfino altre pratiche molto più disgustose, che pure trovano i loro entusiasti adepti, e che non oso neppure nominare per lo schifo che mi fanno, come a quasi tutti.

rimangono esclusi da questa apertissima inevitabile liberalizzazione sessuale solo i comportamenti che attivamente violano le personalità altrui: gli stupri, la violenza non desiderata, l’inganno, il sadismo tranne che quello con una persona masochista che lo invoca, l’attività sessuale con i bambini impuberi.

e qui non uso deliberatamente il termine pedofilia, perché oramai è degenerato ad indicare invece l’attività sessuale con minori comunque sessualmente maturi e magari anche consenzienti o perfino attivamente ricercanti, che può e forse deve essere limitata per legge, ma resta moralmente non abominevole, entro certi limiti e condizioni, difficili da definire giuridicamente, invece.

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la componente più rilevante di quest’altro processo di liberazione sessuale è quella che raccoglie quella vasta costellazione di comportamenti che in passato veniva sbrigativamente definita omosessuale e che oggi invece è descritta sempre più accuratamente in decine di varianti, che hanno ben poco da invidiare alle classificazioni bizantine degli angeli e del loro sesso (a proposito).

l’accettazione è oramai molto diffusa, tanto da lasciare la riprovazione di questi comportamenti a qualche generale molto rozzo e retrò, ma mi permetto di dire che avviene attraverso giustificazioni che sono poco meno rozze e altrettanto superficiali.

la principale afferma che omosessuali si nasce, e che quindi impedire la realizzazione amorosa, erotica e sessuale a questa categoria di persone è disumano.

ecco che così anche l’omosessualità libera diventa un diritto umano.

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ora io non nego che alcune persone abbiano originariamente una tendenza di questo genere, ma precisando che non si deve confondere l’omosessualità con la transessualità.

il/la transessuale è una persona che nel suo sviluppo evolutivo anche precoce assume l’identificazione psicologica con un sesso che non corrisponde al suo fisico, mentre l’omosessuale non rinuncia alla propria identità sessuale ma desidera persone che la condividano con lei/lui, restando pienamente all’interno del proprio sesso, anche quando assume comportamenti tipici dell’altro sesso nell’atto sessuale.

ora per i transessuali è possibile parlare di orientamento innato o quasi, ma per molti omosessuali no.

un mio amico gay, bravissimo pittore, in vena di confidenze, anni fa, quando abbiamo discusso della questione, mi raccontava che lui fin da bambino all’asilo, si divertiva a palpare il sedere dei suoi piccoli compagni.

ma ?quanto di questo ricordo era autentico? forse era piuttosto una costruzione successiva, con la quale lui giustificava le sue scelte a posteriori (e mi spiace per il gioco di parole equivoco… ;-)).

insomma io contesto che l’essere omosessuali sia una natura, e dico che è piuttosto un comportamento; certamente un comportamento che in alcuni casi può diventare così costitutivo dell’identità personale, da diventare una seconda natura, così come del resto è la scelta eterosessuale per la maggior parte delle persone.

ma questa natura non è del tutto data a priori, nonostante un orientamento naturale nella maggior parte dei casi, ma è il frutto di una costruzione sociale e culturale.

insomma, omosessuali non si è per natura sempre, e dunque la giustificazione che occorre rispettare la natura di chi lo è non vale.

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ma forse devo eliminare subito un equivoco possibile: dicendo che l’omosessualità non è un dato individuale di natura, ma una costruzione psicologica, non intendo dire che è contro natura.

questa affermazione è assolutamente ridicola; non soltanto per la ricchezza di esempi di comportamenti omosessuali anche nel mondo naturale, ma soprattutto perché, se fosse effettivamente contro natura, non ci sarebbe stato bisogno di proibirla per legge, con roghi profumati con semi di finocchio, lapidazioni, altre forme di condanne a morte, ergastoli e lavori forzati, o con i campi di sterminio nazisti, ?vero?

proprio questo enorme impegno storico a cacciarla dal mondo, mostra al contrario, col suo continuo risorgere, che è un fenomeno perfettamente naturale.

del resto spesso sono stati proprio omosessuali molti dei grandi geni che hanno contribuito in modo determinante allo sviluppo della civiltà.

perché pare che l’assenza di una famiglia, tipica dell’omosessuale di una volta, fosse un buon pre-requisito per dedicarsi ad attività artistiche, di ricerca, di scrittura o di riflessione filosofica che hanno arricchito l’umanità di contributi fondamentali.

e da questo punto di vista a me dispiace la nuova moda che ne vede molti correre a formarsene una, a cercare perfino dei figli, non semplicemente in adozione, ma anche biologicamente almeno di uno/a dei due, attraverso forme di sfruttamento economico di donne che vendono la loro gravidanza o attraverso l’inseminazione artificiale per le donne – per non parlare di altri interventi possibili, tecnicamente molto più sofisticati.

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ma insomma, smettiamola con l’atteggiamento paternalistico di chi giustifica l’omosessualità come una natura non voluta e vediamola piuttosto come uno dei percorsi possibile della formazione dell’identità sessuale personale.

un occidentale di oggi, nel suo mondo cristiano a radici ebraiche, si considera normale se pienamente ed esclusivamente eterosessuale, ma se fosse vissuto duemila anni fa sotto l’impero romano, avrebbe trovato normale sodomizzare un suo giovane schiavo, e nella Grecia dell’epoca di Platone avere nell’adolescenza un amante aristocratico più maturo di lui.

così la Grecia antica, che soffriva di sovrappopolazione come il mondo moderno, e non aveva tutti i nostri contraccettivi a disposizione, aveva reso istituzionale la bisessualità, come forma pacifica di controllo delle nascite, in quel territorio così povero, dove non bastava l’emigrazione e la fondazione di colonie in tutto il Mediterraneo.

e allora giustifichiamola, anche noi, in questo modo molto più aperto, l’omosessualità, e non soltanto lei.

però dobbiamo essere ben consapevoli che la caduta dello stigma negativo su questa scelta sessuale contribuirà a diffonderla e dobbiamo decidere se ne abbiamo paura oppure no.

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del resto Freud già un secolo fa abbondante aveva individuato nella sessualità del bambino il carattere che lui chiamava del perverso polimorfo, seguendo i pregiudizi del suo tempo.

cioè aveva verificato che il bambino era potenzialmente aperto a diverse forme di sviluppo della sessualità adulta ed era ancora un una condizione indefinita rispetto a diversi sviluppi possibili, anche quelli considerati per lungo tempo una perversione contro natura o una vera e propria malattia mentale.

sono pochi anni che queste definizioni son state abolite, ma i pregiudizi sociali perdurano ancora.

eppure dipende dalle caratteristiche culturali della società in cui vive se il/la bambina/o cercherà di assumere, crescendo, le caratteristiche di una eterosessualità esclusiva, o di una corrispondente omosessualità, oppure manterrà le caratteristiche di una sessualità fluida ed ambivalente, quella che fino a pochissimo tempo fa si chiamava bisessualità.

ma oggi la definizione stessa non pare più valida, perché i sessi biologici sono fondamentalmente due, a parte qualche rara variante cromosomica, ma i sessi piscologici sono molti di più.

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e arrivo alla conclusione a cui mirava tutta questa lunga chiacchierata:

smettiamola di parlare di diritti LGBT, di gender e via dicendo; smettiamola di classificarci in gruppi di pressione, per difendere i diritti umani di questo o quel gruppo; difendiamo invece il diritto universale di ciascuno alla propria sessualità, purché non lesiva dei diritti degli altri.

ma tra questi diritti non metto il diritto al pregiudizio.

perché i pregiudizi non sono un diritto umano, e invece lo sono non finire in carcere o nella camera a gas o impiccato o bruciato per le scelte sessuali che fai con persone consenzienti, sì, ma anche soltanto non essere discriminato, deriso, disapprovato…

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nonostante ogni apparenza, è ancora ben lunga la strada della liberazione sessuale e, morale della favola che vi ho raccontato in quattro puntate, il mondo della democrazia liberale o liberista, con la sua liberazione condizionata e parziale, non è neppure il mondo nel quale questa si realizza nel migliore dei modi.

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