ritorno ai miei studi sulle origini cristiane. inizio la corrispondenza con Lena Einhorn.

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per un concorso di circostanze veramente straordinario, che hanno assunto l’aspetto di un mio caro compagno di scuola, Roberto B., che si è appassionato alle mie ricerche dopo qualche discussione con me e qualche lettura sparsa di roba mia sul tema, sono stato messo da lui in contatto diretto oggi con Lena Einhorn, la studiosa svedese che in diversi studi dal taglio rigoroso e accademico è arrivata, indipendentemente da me (e io da lei), alla stessa identificazione della figura storica di Jeshuu con quella del profeta egiziano di cui parla Giuseppe Flavio nelle sue due opere, e che coincide abbastanza bene con diversi elementi di quel che di attendibile si può sapere della figura storica di Jeshuu (o Gesù, se preferite chiamarlo così, come da tradizione).

Roberto ha ora tradotto in italiano l’ultimo libro di Lena Einhorn sull’argomento, e lo potete trovare su Amazon, considerando la difficoltà di farlo pubblicare in Italia da una casa editrice.

ve lo consiglio caldamente, se siete minimamente interessati all’argomento.

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Roberto ha avuto la cortesia estrema di tradurre in inglese con DEEPL per la Einhorn il libro che io ho montato, un po’ pigramente, in questi mesi, con miei vecchi post di una decina d’anni fa.

l’ho inviato ad Amazon per la pubblicazione stamattina, ed è disponibile già da oggi in formato Kindle.

ha certamente un interesse un po’ minore di quello di sopra, ma non dispero che possa trovare qualche affezionato lo stesso.

ma ne parlerò meglio quando uscirà anche l’edizione cartacea nei prossimi giorni.

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su questa base è iniziato un primo scambio di mail con la Einhorn, a cui sono stato presentato da Roberto con parole troppo lusinghiere per riportale qui.

ed ecco che cosa ci ha scritto lei:

Ciao Roberto e Mauro,
Sto per partire, ma ho dato una rapida occhiata al testo che Mauro ha scritto e Roberto ha tradotto. Ho notato il seguente paragrafo:

“Il successivo sviluppo della mia ricerca sulle origini cristiane mi ha portato a identificare la figura di Jeshuu nel profeta egiziano citato da Giuseppe Flavio come protagonista di un raduno con migliaia di suoi seguaci sul Monte degli Ulivi, di fronte a Gerusalemme, sul Monte degli Ulivi, di fronte a Gerusalemme, in attesa del miracoloso crollo delle mura che Dio avrebbe provocato come primo momento dell’instaurazione della Chiesa.
Questo sarebbe avvenuto sotto Felice, che era il governatore romano della Palestina, e che sarebbe stato il primo momento dell’instaurazione del regno di Dio, governatore romano della Palestina, con la carica di procuratore, dal 52 d.C. al 60 circa.
Questa identificazione porta necessariamente a valutare le Lettere attribuite a Paolo, Paolo di Tarso, come apocrife, poiché la prima, ai Tessalonicesi, è datata all’anno 52 d.C., sulla base della narrazione della vita di Paolo presentata dagli Atti degli Apostoli, e sarebbe quindi degli stessi mesi in cui si è conclusa la vicenda storica di Jeshuu”.

Come Roberto avrà notato, leggendo il mio primo libro sul Nuovo Testamento (“The Jesus Mystery” in inglese, 2006), identifico l’Egiziano con Gesù. Ma non solo. Suggerisco che Gesù e Paolo siano la stessa persona – per una serie di ragioni – e che Atti 21:38 sia il luogo del Nuovo Testamento che, in sottotesto, lo conferma (equiparando l’egiziano a Paolo).
Il problema della cronologia paolina, suggerisco, si risolve confrontando le Lettere con gli Atti. I testi sembrano essere estremamente incompatibili dal punto di vista cronologico e, a mio avviso, ciò è dovuto al fatto che il Nuovo Testamento è stato costretto a prolungare il tempo di Paolo, prima di lasciare Gerusalemme per Roma (per risolvere il problema dello spostamento temporale e riportarci al tempo reale quando Paolo arriva a Roma). E questo è stato fatto in due modi diversi, nelle Lettere e negli Atti. Nelle Lettere è stato realizzato inserendo 17 “anni vuoti” nei viaggi di Paolo. Negli Atti è stato fatto spostando i viaggi successivi a un’epoca precedente, confondendo così la cronologia e rendendo le due fonti apparentemente incompatibili.
In realtà, suggerisco, Gesù/l’Egiziano/Paolo era attivo nei primi anni ’50, sotto Felice. E Paolo si recò a Roma quando gli Atti suggeriscono che lo fece, intorno al 60. Quindi i suoi viaggi prima di Roma non si svolsero sotto Felix. Quindi i suoi viaggi prima di Roma non sono durati 25 anni, ma piuttosto 5-10 anni. E c’è stato un prolungamento artificiale di circa 17 anni.
Ha senso secondo lei?
Lena

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Cara Lena (se posso),

prima di tutto buon viaggio.

Poi vengo al problema che poni rispetto alla tua identificazione di Paulus con Gesù (io uso la trascrizione della forma aramaica del nome, cioè Jeshuu). Conoscevo già questa tua ipotesi, per quel poco che avevo già letto di tuo tempo fa, ma non mi convince, anzi ritengo che sia il punto debole della tua ricostruzione, che le impedisce di avere l’attenzione che merita anche negli ambienti accademici.

Il passo degli Atti che citi, dove un tribuno chiede a Paulus se non sia il profeta egiziano, risponde a tutt’altra esigenza, secondo me: smentire in qualche modo la diffusa conoscenza nell’ambiente ebraico palestinese dell’identificazione di Jeshuu col profeta egiziano, che viene ben documentata da quel che Celso scrive di lui, sicuramente su fonti ebraiche, e, più indirettamente, dalle confuse tradizioni a riguardo confluite molto tempo dopo nel Talmud.

Non è un caso, del resto, se il cristianesimo si diffonde quasi soltanto fuori dalla Palestina, negli ambienti dove la figura storica reale di Jeshuu, cioè del profeta egiziano, non era direttamente nota.

Secondo quel racconto degli Atti, dunque, il tribuno di Gerusalemme chiede a Paulus, dopo averlo arrestato, se non sia quell’egiziano che nei giorni scorsi ha fatto una rivolta, e ha condotto nel deserto quattromila briganti, cioè quattromila zeloti, e fa questa domanda quasi stupito che parli il greco, visto che evidentemente Paulus gli si è rivolto in quella lingua, e quasi considerando questo un motivo per pensare che sia, allora, quel profeta.

Il testo greco originale dice esattamente: Ἑλληνιστὶ γινώσκεις;  38οὐκ ἄρα σὺ εἶ ὁ Αἰγύπτιος ὁ πρὸ τούτων τῶν ἡμερῶν ἀναστατώσας καὶ ἐξαγαγὼν εἰς τὴν ἔρημον τοὺς τετρακισχιλίους ἄνδρας τῶν σικαρίων; 

Nelle traduzioni ufficiali che circolano in Italia la parola ἄρα non viene tradotta, ma significa: ma allorama dunque… sei tu…?

Per chi scriveva questo testo, dunque il profeta egiziano era un uomo colto, che si distingueva dagli altri seguaci delle correnti zelote per questa sua cultura, inconsueta in quell’ambiente.

La seconda cosa che risulta evidente è la conferma della notizia che dà Giuseppe Flavio sulla sopravvivenza di quel profeta alla battaglia che aveva visto sgominati e dispersi i suoi seguaci.

La terza evidenza è quella della assoluta inverosimiglianza di questo dialogo, come del resto di tutto l’episodio, che ha un carattere quasi fiabesco: figuriamoci se può essere verosimile che il profeta egiziano, fosse o non fosse Jeshuu, potesse circolare liberamente per Gerusalemme, dopo la sua fallita presa di Gerusalemme, e a maggior ragione che, di fronte a questo dubbio, quel funzionario non lo arrestasse immediatamente, anzi gli desse addirittura il permesso di parlare al popolo.

Dobbiamo chiederci, allora, perché sia stato inventato questo episodio: con la presunta domanda rivolta a Paulus si voleva sviare l’attenzione dalla identificazione di Jeshuu col profeta egiziano, corrente in ambienti ebraici, e suggerirne una alternativa, non certo suggerire che Paulus potesse essere davvero il profeta egiziano.

Come avrai già intuito e come vedrai meglio se avrai la pazienza di leggermi, io sposto invece alla prima metà del secondo secolo la composizione della maggior parte delle Lettere attribuite a Paulus (escluso il nucleo originario della cosiddetta Lettera agli Ebrei) e degli Atti (che sono in polemica con loro); e questa è la soluzione più persuasiva, secondo me, della incompatibilità della figura di Paulus con la identificazione del profeta egiziano con Jeshuu, considerando la parziale sovrapposizione temporale.

Mi si è aperta di recente, peraltro, una nuova prospettiva di ricerca, che spero di approfondire presto, e cioè vorrei mettere in relazione il nucleo originale di questa Lettera agli Ebrei col discorso attribuito a Stefano, prima della lapidazione, negli Atti; rilevo a prima vista qualche punto di contatto.

Ora farò tradurre da DEEP-L questa mia prima risposta, e spero che ne esca un testo inglese chiaro.

Sono a tua disposizione, comunque, per ogni altro chiarimento che vorrai chiedere.

Vorrei dire da ultimo che io sono arrivato a convincermi del tutto del carattere apocrifo della maggior parte delle Lettere attribuite a Paulus, ben prima di arrivare per mio conto all’identificazione di Jeshuu col profeta egiziano, e prima di averti letto, e questa è stata la via maestra, per me, che mi ha spianato la strada verso questa ulteriore scoperta, che con piacere condivido con te.

Grazie dell’attenzione e a presto, compatibilmente con i tuoi impegni.

Un cordiale saluto.

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