arrivo a Grazzano Visconti, nella sera. 9 dicembre 2023

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nel pomeriggio del 9 dicembre, concluso il pranzo di gruppo a Piacenza, passiamo a Grazzano, nella provincia, risalendo verso gli Appennini all’interno.

siamo al colmo dell’inverno, almeno secondo la concezione cinese delle stagioni, che adotto anche io perché mi pare più razionale, perché oramai molto vicini al solstizio.

dunque arriviamo che si fa facendo oramai buio e l’intera visita avrà luci notturne, anche se siamo ancora soltanto nel pomeriggio.

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qui esisteva un castello, costruito da un Anguissola, signore della zona, nel 1395, dopo il matrimonio con una sorella del duca di Milano di allora, Gian Galeazzo, che controllava a quei tempi anche Piacenza.

inutile seguire le sue numerose vicissitudini storiche qui; basterà ricordare, solo perché ne ho già parlato, che proprio qui fu organizzata, da parte di un altro Anguissola, la congiura che portò all’uccisione di Pier Luigi Farnese nella rocca di Piacenza di allora, nel 1547; cosa che non impedì all’Anguissola, dopo quasi trent’anni di esilio, trascorsi al servizio di Carlo V, come funzionario, di riottenerne la proprietà nel 1576 e neppure che nel 1599 i suoi eredi venissero promossi al titolo di marchesi dai Farnese stessi.

comunque l’edificio andò in quasi completa rovina nei secoli successivi; poi ritornò a un ramo della famiglia Visconti nel 1870, dopo la morte dell’ultimo Anguissola, per eredità alla vedova, Francesca, appunto Visconti, e di qui ad un nipote Visconti di Modrone e infine al figlio di questi, Giuseppe, che concepì l’idea di abbinare ad restauro molto creativo del castello, come usava a quei tempi, la creazione totalmente ex-novo, a parte una chiesetta, di un borgo in puro stile medievaleggiante.

per intenderci, è del tipo di quello realizzato a Torino nel Parco del Valentino, dei diversi che furono frutto della smania creativa di Ludwig di Baviera, o dei diversi ricostruiti a Budapest nell’analogo, ma straordinario, parco Varosliget, o infine, per restare ad esempi un poco più quotidiani, del Castello di Montichiari, in provincia di Brescia o della Rocca di Lonato, anche se questo intervento ebbe più il carattere di un restauro, meno irrispettoso, e fu compiuto con un gusto decisamente più fine.

– ne ho parlato qui: https://comma22corpus.wordpress.com/?s=Lonato e la sintesi visiva della sua visita è qui:

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i lavori di creazione di questo incredibile borgo e poi del “restauro” del castello si svolsero tra il 1905 e il 1908, un tempo incredibilmente breve, considerando le dimensioni dell’insieme, attorno al quale venne in seguito anche costruito un parco.

ah, a proposito: questi furono anche l’occasione per cambiare la denominazione ufficiale del borgo, che oggi è, a tutti gli effetti, Grazzano Visconti.

ulteriori interventi si prolungarono fino al 1915, facendo di questo insieme uno dei simboli dell’architettura eclettica medievaleggiante del periodo, che dobbiamo interpretare storicamente come una delle espressioni culturali di quel nazionalismo patriottico che alla fine portò alla guerra mondiale; non a caso la data limite di questi lavori a Grazzano è appunto il 1915.

è uno stile decisamente passatista e di debole valore estetico, anche se di notevole impatto visivo.

insomma siamo in uno dei capolavori del kitsch, e al kitsch architettonico è ovviamente abbinato a dicembre quell’altro kitsch che sono i mercatini di Natale.

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nessuno si meravigli, allora, se nella descrizione in video di questa specie di parco dei divertimenti, oggi dedicato al consumismo turistico e natalizio, ho interrotto con delle brevi riprese di giochi da lunapark le foto degli angoli falso-medievali, comunque abbastanza suggestivi nelle ombre della sera che ne attenuano il visibile carattere di falso.

kitsch nel kitsch nel kitsch, questi giochi.

comunque il kitsch ha successo, il kitsch è superficiale e grossolano, ma tutti noi lo siamo un poco, in fondo, ?perché no?, e il tempo che attenua il suo valore di proposta attuale, perché il nazionalismo architettonico oggi non usa più queste forme espressive, lo sta lentamente legittimando come documento di un momento storico e dei suoi gusti.

e quindi se lo goda chi vuole, come alla fine ho fatto io, mettendo da parte quel tanto di snobismo e le analisi storiche, e facendomelo piacere almeno un po’.

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