la morale sessuale della democrazia liberale. una introduzione, forse.

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devo fare una premessa in apparenza fuori tema.

ci sono due modi per gestire la vecchiaia dal punto di vista intellettuale, mentre diventa dominante la percezione di appartenere oramai ad un mondo passato per i modi di pensare ed i valori, che è diventato incomprensibile per le nuove generazioni:

abbandonarsi ad un progressivo silenzio, sempre più sfiduciato, accompagnando la percezione del declino fisico e delle capacità mentali, che tuttavia è un po’ meno evidente,

oppure assumere la postura del grande vecchio che ora finalmente ha capito la vita e può dispensare la sua saggezza, e peggio semmai per chi non lo ascolta o non lo capisce.

certamente il calo degli ormoni, che ne rende finalmente controllabili gli impulsi senza sforzo, ha poi la sua parte, nel condurre verso forme meno emotive di riflessione e di discorso sul tema sessuale, ma forse per questo anche meno coinvolgenti.

chiudo con una nota biografica, per dire che io non ho scelto (forse non ancora) fra questi due modelli, ma oscillo fra l’uno e l’altro e li seguo a momenti alterni.

comunque per questo post assumo la seconda modalità.

lo dico come preavviso a tutti coloro – casomai ne passasse qualcuno da queste parti – che non gradiscono la figura dei sedicenti guru, neppure se oramai si vanno avvicinando agli ottant’anni.

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ho deciso quindi di lasciare scritte qui quasi le mie ultime moralità sulla questione dei comportamenti sessuali e del modo in cui vengono regolamentati nelle società umane.

e lo vorrei fare in un’ottica oramai alquanto distaccata, visto che mi sta diventando possibile, guardando agli umani come specie, e da un punto di vista tra il biologico e l’antropologico.

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in quest’ottica la sessualità è la chiave di volta della cultura umana.

lasciate pur perdere quelli che vedono le radici della cultura in ben altro: senza sessualità, non vi sarebbe cultura umana, per la semplice ragione che non vi sarebbe società umana; quindi…

potremmo riprodurci per gemmazione, per partenogenesi, per scissione o in qualche altro modo che la natura possa avere escogitato per consentire di riprodursi a quei provvisori momenti organizzativi che risalgono contro corrente l’entropia e si affermano, per qualche tempo, come strutture resilienti, e in questo appunto consiste il loro essere viventi.

infatti dovremmo definire la vita come la capacità di qualche struttura di persistere in quanto tale, attraverso processi attivi di auto-mantenimento.

in una vasta gamma di organismi particolarmente complessi questo appare più facilmente realizzabile attraverso l’unione sessuale di una coppia eterogenea dal punto di vista della differenziazione sessuale, capace di generare nuovi esseri simili a quelli che li hanno generati e capaci di perpetuare il processo, fino a che glielo consentono le condizioni ambientali alle quali sono predisposti ed adattati.

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questa premessa porta a dire ulteriormente che la vita sessuale individuale rientra in questo processo, anche se soggettivamente il nesso fra l’impulso all’accoppiamento sessuale e alla vita erotica più in generale e la sua funzione riproduttiva non è immediatamente chiaro alla coscienza e può essere acquisito solo culturalmente.

d’altra parte la società nel suo complesso deve attribuire un valore preminente alla funzione riproduttiva del sesso, nella chiave del proprio mantenimento.

quindi la vita sessuale di un gruppo è per sua stessa natura condotta tra i due estremi, del carattere strettamente individuale e soggettivo degli impulsi sessuali, da un lato, e, dall’altro, la necessità sociale di regolamentarli, in modo da renderli funzionali allo scopo fondamentale della riproduzione della società.

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tra queste due diverse ed ineliminabili dimensioni, la cultura tradizionale ha sempre privilegiato quella sociale, sottoponendo la vita sessuale a forme di regolamentazione più o meno rigide, ma pur sempre presenti.

ma nella cultura occidentale, a partire dal Settecento, si è andata via via affermando una visione nuova, che ha dato il posto centrale, invece, agli aspetti soggettivi della sessualità, sviluppando una precisa teoria della sessualità libera come diritto insopprimibile della persona.

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dovrebbe essere piuttosto evidente, ma non lo è affatto, lo strettissimo parallelismo della affermazione di una nuova morale sessuale, che pone al centro, in via esclusiva, il diritto dell’individuo a realizzarsi come meglio gli piace, con lo sviluppo dell’etica capitalistica, che afferma la stessa totale indipendenza del singolo dalla società nell’attività economica.

in questo secondo campo non mancarono i teorici che sostenevano che in un’ottica storica provvidenziale lo scatenamento degli egoismi individuali avrebbe realizzato il progresso economico generale e quindi anche il benessere sociale.

in campo sessuale nessuno si azzardò, invece, a sostenere qualcosa di analogo, probabilmente per la connessione fin troppo evidente della sessualità con l’aggressività e con l’esistenza di forme di sessualità soggettiva fondate sulla sottomissione dell’altro/a, che rendono immediatamente percepibile la falsità di una teorizzazione simile.

al riguardo, assume un valore simbolico la vita di De Sade, al riguardo: il massimo teorico della totale libertà sessuale, che tuttavia trasforma l’altro essere umano in vero e proprio oggetto del desiderio, in strumento di soddisfazione dell’impulso sessuale.

esattamente come l’economia capitalistica trasforma l’altro essere umano, il lavoratore, in mero strumento della produzione.

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in sostanza affermo dunque che un’idea del sesso che lo vede esclusivamente nella sua dimensione di proiezione dei desideri sessuali individuali è, per un aspetto sostanziale, la piena affermazione della mentalità individualistica che il capitalismo ha introdotto nella storia.

oggi l’affermazione di questa visione della sessualità è ben lontana dall’avere conquistato una piena egemonia nelle diverse culture mondiali, e la rifiutano ancora, con forme, motivazioni e modalità differenti, sia l’India, sia l’islam, sia l’Africa, ma sicuramente si va progressivamente affermando come modello moderno, contro forme ottuse di tradizionalismo.

e in questo modo viene pacificamente vissuta in quell’Occidente, che si sente paladino appunto della piena liberazione sessuale come diritto indiscutibile della persona.

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ma qui mi rendo conto di avere già ampiamente superato le dimensioni tollerabili di un post.

considero questa soltanto una introduzione al tema, e mi riservo di riprenderlo, o per meglio dire, di svilupparlo, più avanti.

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6 commenti

  1. Interessante questo parallelismo tra capitalismo e liberazione sessuale. Attendo seguito. La liberazione sessuale poi più che altro è quella della donna, vista sempre con sospetto, quella dell’uomo non è mai in discussione. Poi forse si arriva all’eccesso che anche il sesso si “consuma”; a venti anni avrei detto: “magari!”, adesso forse faccio come la volpe all’uva, non m’interessa.

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