elezioni USA: tra un rimbambito e un pazzoide.

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mi piacerebbe evocare dalla tomba Churchill e rimetterlo di fronte alla sua famosa frase: È stato detto che la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora, da un discorso alla Camera dei Comuni, del novembre 1947.

Winston, è vero che tu non ti sei preso direttamente la responsabilità di questo giudizio, e del resto, come simpatizzante di Mussolini, a suo tempo, ti sarebbe stato difficile dirla; ma oggi, quasi ottant’anni dopo, guardando alla patria stessa di questo tipo di democrazia, ?la diresti ancora?

forse ti limiteresti a dire: la democrazia è la peggior forma di governo, intendendo con questo la democrazia parlamentare nelle sue forme attuali.

del resto, a leggerla bene, tu non escludevi che il futuro avrebbe visto l’invenzione di forme di governo migliori.

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il dibattito preelettorale televisivo, tra un pazzoide bugiardo seriale e un balbettante 81enne che potrebbe non finire il mandato e vorrebbe affrontarlo tra deficit cognitivi evidenti, è il frutto di un sistema politico malato.

l’esclusione da questo dibattito di Robert Kennedy, accreditato dai sondaggi di un 15% dei consensi, è un indice evidente di come si manipola l’opinione pubblica in questa presunta democrazia.

se ai democratici americani interessasse davvero stravincere su Trump, hanno davanti una scelta facile e perfino ovvia: candidare Robert Kennedy.

ma non lo faranno, quel candidato (che io non appoggio, sia chiaro) non fa parte del sistema.

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dovrebbero pensarci gli elettori, spostando i voti da Biden a lui, ma per farlo dovrebbero essere liberi.

ma si dà il caso che la democrazia parlamentare attuale sia il sistema in cui si chiamano gli elettori a votare, dopo essersi bene assicurati che non siano davvero liberi.

11 commenti

  1. A me le idee di Robert Kennedy piacciono.
    Ma è alquando velleitario pensare che possa vincere in USA.
    Finirebbe come McGovern nel 72, annichilito da Richard Nixon.
    E’ un po’ come Bertinotti in Italia: promosso da Rete 4 e Berlusconi, serviva a fare cadere Prodi.
    Io credo che l’unica democratica con chances di battere Trump sia Michelle Obama. E’ una donna, è tosta, ha esperienza, era già eminenza grigia col marito.

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    • non so come mai i tuoi due commenti siano stati bloccati da wordpress, dato che non è la prima volta che commenti, ma forse è perché l’hai fatto in forma anonima.

      per me è stato uno shock apprendere di recente che le posizioni di Robert Kennedy jr. sulla questione palestinese sono analoghe a quelle di Trump; non so se avevi visto il post, comunque te lo linko: https://comma22corpus.wordpress.com/2024/04/08/robert-kennedy-jr-si-candida-come-indipendente-filo-sionista-alla-presidenza-usa/

      ma, a parte questo, che pure non è affatto un dettaglio, l’uomo ha una notevole capacità comunicativa che lo pone nettamente al di sopra dei due vegliardi in competizione fra loro; inoltre, proprio certe sue posizioni “di destra” lo rendono in effetti competitivo con Trump.

      il vero problema semmai sarebbe farlo accettare a tutta la struttura del Partito Democratico, e anche la sua estraneità a quella rete di interessi che lo nutre nei vari ambiti locali.

      anche io avrei pensato ad una candidatura di Michelle Obama, ma qualcuno dice che proporre all’elettore americano medio di votare una donna che è anche nera, la destinerebbe ad una sicura sconfitta. in ogni caso, lei pare che si rifiuti nettamente, e sinceramente sul piano personale non saprei darle torto, se tenesse duro.

      insomma, la crisi della sinistra tradizionale è profonda e generale, la nuova sinistra degli anni Sessanta, che si voleva alternativa, è praticamente scomparsa senza lasciare eredi, e nello schieramento che si definisce anti-fascista la frattura corre profonda tanto in Francia quanto in Italia. del resto non manca in Francia chi, nello schieramento che si definisce di centro, alla prova dei fatti dichiara che una sinistra sociale è prospettiva peggiore di una destra post-fascista; poi il programma di governo del nuovo Fronte Popolare è una assoluta follia dal punto di vista economico (ma ho già scritto anche questo) e io pure avrei seri problemi ad approvarlo con un voto.

      insomma, ci sono momenti della storia in cui occorre prendere atto di essere stati totalmente sconfitti, e la cosa migliore che si possa fare è tirarsi fuori, temo.

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      • il dialogo è proseguito via whatsapp.

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        Roberto Berardi: Ho messo un commento al post, ma lo ha messo come anonimo, nonostante abbia dato email. Ora ho visto anche il tuo commento.

        Non basta un paio di commenti di destra, gli Americano hanno una vera fobia per ciò che suona sinistra.

        Anche Obama era nero ed ha vinto.

        Credo Michelle sia l’unica speranza per i democratici e i misfatti di Trump contro le donne lei saprebbe farglieli pagare.

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            • cerco di evitare una risposta troppo lunga, ma non sono sicuro di riuscirci.

              non ho niente contro Michelle Obama, figurati; tiferei per lei, sperando che sia anche meglio del marito, che poi alla fine sulla coscienza a disastrosa guerra di Libia ce l’ha, figurati.

              anche io penso che Trump sia davvero pericoloso ed eleggerlo dopo che ha tentato un colpo di stato spalanca le porte ad una dittatura di fatto, con esiti inimmaginabili.

              il problema di Robert Kennedy come eventuale candidato democratico sta nel fatto che fra le sue idee e il mondo democratico americano si è aperta una voragine irrecuperabile, a partire da tutta la vicenda dei vaccini e di come è stata gestita, e lui, ad esempio, è stato praticamente espulso dai clan dei Kennedy, che si è dissociato in blocco da lui.

              qui mi fermo, perché andrebbe ripreso proprio il discorso della gestione cosiddetta democratica del covid, con una attenzione così scarsa ai diritti individuali e anche alla tutela autentica della salute. l’obbligo vaccinale introdotto in quel modo ha isolato i democratici americani ed europei dal loro stesso retroterra culturale e credo che una spaccatura simile non sia recuperabile se non forse nello spazio di una generazione.

              l’appiattimento acritico sulle posizioni di Big Pharma ha fatto alle destre il regalo di farsi passare come forze che difendono i diritti individuali; Robert Kennedy è totalmente interno a questo processo, anzi ne è stato forse il massimo protagonista mediatico negli USA e non solo. è per questo che non è candidabile dai democratici.

              mami rendo conto di avere aperto un discorso molto complesso.

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  2. A me le idee di Robert Kennedy piacciono.

    Ma sono sicuro che finirebbe come McGovern nel 1972, che perse brutalmente con Richard Nixon. In America non c’è verso che possa vincere un candidadto di sinistra vera.

    Illudersi di ciò è l’equivalente di votare Bertinotti a suo tempo in Italia contro Prodi: amato da Rete 4 e da Berlusconi, Bertinotti servì allo scopo delle destre.

    A questo punto assai meglio Michelle Obama. Donna, tosta, con esperienza, già eminenza grigia quando era presidente il marito. Potrebbe farcela.

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  3. Bah, non credo proprio che gli USA abbiano qualcosa da insegnare agli altri in termini di democrazia: uno stato in cui, pressoché dalla sua origine, non si può che votare per un presidente di uno di due schieramenti, e basta, e che viene poi eletto con un sistema farraginoso che fa sì che, a volte, chi prende più voti non viene eletto… per non parlare della follia per cui, al Senato, ogni stato invia un rappresentante, non importa quanti abitanti abbia o quanto grande sia.

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    • perfetto, hai detto tutto.

      come oramai molti studi hanno dimostrato, il sistema costituzionale americano è costruito in modo tale che il Partito Democratico può sperare di arrivare alla presidenza soltanto col 52-53% dei voti; al di sotto di tale percentuale il presidente è per definizione repubblicano, cioè di destra.

      e tuttavia mi riallaccio al commento di prima per osservare che storicamente negli USA il partito più imperialista e bellicista è quello democratico, che ha guidato l’America in tutte le principali guerre della sua Storia: prima e seconda guerra mondiale, guerra di Corea e del Vietnam, guerra alla Serbia, guerra in Libia e in Siria (con Obama) e che ogni volta che c’è stato bisogno di chiuderne alcune senza averle vinte (Corea, Vietnam, ecc.), è toccato a qualche presidente repubblicano farlo.
      la nostra visione è deformata dai due Bush, che hanno fatto eccezione, recente, e mostrato che anche la destra repubblicana poteva impegnare gli USA in guerra nel mondo.

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        • di sicuro in qualche post precedente ho approfondito di più l’argomento, che non richiede studi specifici, ma è matematica pura e dipende dalla distribuzione squilibrata dei seggi, di cui hai parlato anche tu e che dà un peso elettorale maggiore agli stati poco abitati dell’America profonda.

          ovviamente non saprei risalire neppure io più a quegli approfondimenti fatti, ma probabilmente andando a guardare quello che ho scritto sulle elezioni USA del 2000, salterebbe fuori qualcosa di preciso.

          quell’anno infatti Al Gore, democratico ed ecologista, ebbe 50 999 897 voti, e George Bush repubblicano, 50 456 002 voti, e però vinse le elezioni, proprio per la distribuzione dei grandi elettori di cui parlo qui. misurando le percentuali fra i due, Al Gore ebbe il voto del 50,3% dei votanti, ma questo non gli bastò a superare Bush per delegati.

          come non bastasse, decisivo fu il voto della Florida, dove era governatore il fratello di George Bush, e dove questo prevalse ufficialmente per 1.784 voti, almeno sulla base di una prima dichiarazione; ma una verifica per il riconteggio automatico dei voti, previsto in casi come questo, ridusse il margine a 327 in tutte le contee tranne una; Al Gore chiese allora il riconteggio manuale in 4 contee, come gli consentiva la legge, ma la Corte Suprema sospese tali riconteggi affermando che non avevano basi coerenti. poi in una sentenza successiva, dopo averli sospesi, decise anche che non si potevano riprendere perché non ci sarebbe stato il tempo di comunicare i risultati, entro il termine stabilito.

          successivamente una indagine giornalistica andò effettivamente a recuperare le schede contestate e a ricontarle e constatò che Al Gore in realtà aveva vinto in Florida ed era quindi stato eletto presidente USA, ma che i dati erano stati manomessi, la Corte Suprema aveva insabbiato i brogli e la faccenda comunque finì lì.

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