Howt, un fantastico giro fuori Dublino nell’autentica Irlanda.

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risvegliandomi, il 19, non ho molto tempo per i resoconti, che rinvio alla sera; faccio colazione con qualcosa che ho comperato a un supermercato e messo da parte in dispensa, ora che comincio a capire come funziona l’ostello.

in base ad una mappa della città, che mi è servita da traccia per le mie girandolate di ieri e mi servirà per quella di domani, ho deciso di andare a visitare una località fuori città, e ho scelto un paesino a una quarantina di km a nord est, sulla costa – ora non ne ricordo il nome, salvo che la mappa dei dintorni di Dublino ritirata all’ostello, annota che ha un bel castello con giardini meravigliosi: dovrò soltanto usare una prima linea ferroviaria locale, o forse in fondo una specie di metropolitana, che passa per il centro, e poi cambiare treno, per arrivarci.

ma mentre alla stazione armeggio al distributore automatico, per arrivare al biglietto, si avvicina un addetto, che mi vede un po’ in difficoltà, e mi chiede dove voglio andare; glielo dico, e mi fa: ma ?perché non va a Howt?, piuttosto; è un posto molto carino.

figuratevi se mi lascio sfuggire la bellezza di questo cambiamento di programma.

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ed eccomi sul treno che, nella giornata grigia, e un poco piovigginante, risale la periferia nord della capitale per uscire in una campagna piana e quieta di casette in mattoni rossi, con giardinetti pulitissimi.

Howt, oltretutto, è molto più vicina: meno di una ventina di km dal centro, e in un quarto d’ora o poco più, tra una fermata e l’altra, eccomi sbarcato.

esco dalla stazione nella direzione del centro cittadino e mi si apre davanti un porticciolo pieno di barche, ben protetto da un molo lunghissimo, e uno stradone che fiancheggia il suo lato meridionale, verso Dublino, pieno di ristoranti e di negozi che vendono pesce fresco: Howt è chiaramente un paesino di pescatori.

il vento vorrebbe distogliermi, ma mi ostino a proseguire, fino a che la strada finisce, e sono premiato da una prima vista spettacolare, di una piccola isola, totalmente disabitata e verdissima, nel mare grigio, che sul lato settentrionale ha delle specie di faraglioni molto pittoreschi, che mi danno l’impressione di avere cominciato a camminare dentro un quadro romantico.

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intanto maledico la sorte, che mi ha fatto lasciare a casa la cuffia di lana, messa nel cestone della biancheria da lavare prima di partire, e mentre mi dico quanto sarebbe bello trovare una cuffia dimenticata da qualche parte, ecco che ne compare una, in un angolo: ma maledizione, è quella di una bambina e non si adatta al mio cranio.

girovago ancora un po’, sui bordi del porto e lungo il molo; poi mi incammino verso un sentiero pedonale che dovrebbe fare tutto il giro del grosso promontorio circolare alla cui imboccatura si trova il paese.

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pioviggina ancora, ma il tempo incerto non impedisce di cogliere le meraviglie del paesaggio, che si fa via via più pittoresco e selvaggio.

continuo il percorso, tra faraglioni, grotte, strapiombi, su un mare di vetro.

non manca neppure la memoria storica, in un punto nel quale una targa ricorda che qui nel terreno era incisa una grande scritta 6 Eire, per evidenziare all’eventuale aviazione tedesca che l’Irlanda era neutrale, nella seconda guerra mondiale, e non andava bombardata.

qualche camminatore ostinato come me si incontra lungo il cammino; i più procedono ad andatura più veloce della mia e mi superano, voltandosi però a salutare con larghi sorrisi.

le formazioni rocciose sono di una varietà sorprendente e io non mi stancherei mai di fotografarle, fermandomi per cliccare sulle inquadrature sempre diverse.

tanto più ora che ho trovato una seconda cuffia, e questa volta della misura giusta, anche se da donna e con un grande fiocco sopra l’orecchio sinistro, ma all’inizio non mi importa, tanto sono contento di avere trovato da ripararmi, in seguito vedrò che il tessuto è così abbondante che si può coprire questo tocco troppo femminile con un risvolto.

unica nota negativa sono i passaggi completamente coperti di fango, che mi inzacchera i pantaloni, ma per fortuna ho un ricambio nella mia sacca all’ostello, al rientro.

anche per questo provo a staccarmi dal sentiero principale, verso uno più in alto, ma si perdono le vedute migliori e, con qualche difficoltà, ritorno a quello di sotto.

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si arriva ad un faro, dopo un bel tratto di altro percorso, ed è una proprietà privata, adeguatamente recintata; di lì ci sono ancora due o tre chilometri da fare prima di arrivare ad un punto di svolta della costa, che comincia a delineare il percorso del ritorno.

però a questo punto rinuncio all’idea di compiere tutto il perimetro del promontorio lungo la costa e penso che potrebbe essere più interessante fare un percorso alternativo che corre grosso modo lungo il punto più alto di questa penisola tondeggiante.

la strada diventa rapidamente asfaltata, ci passa perfino l’autobus, è contornata da ville da ricchi, ma non rinuncia a regalare degli scorci veramente bucolici, dove cavalli al pascolo brucano l’erba verdissima.

a volte esce il sole, ma il tempo prevalente resta rannuvolato, e ora questa strada del ritorno, pur se tendenzialmente più rettilinea, sembra non finire mai, anche se oramai si capisce che il paese non è così lontano per l’addensarsi delle case, che ora hanno la forma di villette benestanti, ma non più così indicative di un reddito molto elevato.

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ecco infine il bivio: ?scendere verso il porto? o ?restare sulla via?, che adesso porta al centro storico, come indica un cartello, su un percorso con velocità limitata per le auto a 30 km all’ora; scelgo la seconda possibilità, sempre per fare esperienze nuove.

centro storico pare pare una definizione esagerata, alla prova dei fatti, per il piccolo nucleo di case abbastanza moderne che si raccoglie attorno ad una chiesa che direi ottocentesca, trascurando le più pittoresche rovine gotiche di un’altra, che appare totalmente abbandonata, chiusa da una recinzione col divieto di avvicinarsi.

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ed ecco un altro amico che mi commenta la foto di sopra che gli ho appena mandato, in diretta via whatsapp:

Che è? Ante Enrico VIII? – il re che staccò la chiesa inglese da quella di Roma, attribuendo il ruolo di vicario di Cristo alla corona, anziché al papa, ordinò la distruzione o la confisca di molte di istituzioni cattoliche –

epoca sicuramente medievale.

St. Mary Abbey.

hai visto con google?

Wikipedia soprattutto.

non saprei. però quella che dici tu potrebbe essere questa.

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il porto che si delinea lì vicino, nel sole che finalmente celebra la sua mezzora di vittoria, offre l’opportunità di un colossale piatto di fish and chips, il tipico piatto inglese, ma ora anche irlandese.

poi, sui gradini disposti a semicerchio di un molo si ascolta un cantante di strada piuttosto bravo, e, sulla via del ritorno verso la stazione, l’assembrarsi di alcuni curiosi conduce alla scoperta di due foche, che giocherellano nell’acqua del porto, ma una più che altro attende il cibo, in piedi sulle pinne posteriori.

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è facile il rientro, lieto il reimmergersi nella nuova movida serale del venerdì, che vede addirittura una sfilata di carrozze a cavalli.

si sale all’ostello, per il check-in online del volo dell’indomani, e per la prospettiva di un aggiornamento delle cronache, ma, appena il primo è concluso, ecco che il computer va in crash, e conclude i miei resoconti in situazione per il resto del viaggio.

oramai incombe il senso del ritorno imminente, comunque; preparo, via whatsapp, il recupero della mia gattina dalla figlia per la sera del mio arrivo, l’indomani, scoprendo che è di nuovo malata, la figlia, e che dovrò quindi rinviare.

è ancora più noioso il trascorrere del tempo senza questo diversivo, che per fortuna non impongo a nessuno, altro che a me stesso lo scriverlo.

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non mi resta che confidare sul sonno precoce o su qualche lettura su quello che per me è il vice-netbook, cioè il cellulare.

riguardo anche le foto, per scartare quelle che sono un totale fallimento, e cresce di nuovo dentro di me un’esclamazione silenziosa:

che bella l’Irlanda, col suo spirito vagamente libertario e la sua neutralità in tutte le guerre.

5 commenti

  1. Era a Malahide che dovevi andare a nord di Dublino, dove c’è un famoso castello? Ci sono stato!
    A Dublino ci andai nel 1995 a studiare inglese, con scarso profitto, aimè. Dalle tue foto riconosco il grigiore diffuso ma ricordo anche gli irlandesi come persone socievoli e molto piu sorridenti di noi italiani.

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      • Andai un giorno da Dublino a Belfast e fu un cambio completo di ambiente, quasi scioccante! L’architettura, la viabilità, i colori erano tipicamente UK, molto ma molto diversi dall’irlanda.

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        • chissà se riuscirò anche io a farlo. però diciamo pure che al momento sono in modalità boicottaggio rispetto al Regno Unito.

          potrei accontentarmi di crederti sulla parola, molto convintamente peraltro.

          questo getta una luce un poco negativa sulla possibilità di una riunificazione finale: l’Inghilterra dove mette piede riesce sempre a porre le radici di qualche divisione profonda, che poi le permetta di mantenere comunque una qualche forma di controllo indiretto sulla situazione: vedi Cipro.

          (mi rendo conto che il tema di questo mio viaggio 2024 potrebbe quindi essere proprio quello dei paesi divisi e lacerati tra culture diverse…).

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