il governo del merito contro i senatori a vita per merito.

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credo che molte delle mie analisi della riforma costituzionale Meloni Casellati fossero sbagliate, o che non siano più attuali, adesso.

quindi, ora che il dibattito è iniziato al Senato, le riprendo e correggo.

1. sbagliato era certamente pensare che la riforma servisse come specchietto per le allodole per distrarre dalla inconcludenza di questo governo su altri piani; non si può negare che in momenti particolari la cosa funzioni anche così, ma è veramente ingenuo il mio pensiero che si debba distrarre dalla politica un popolo elettore ben poco sovrano, che al momento sta sprofondando senza un sussulto perfino nella escalation di una guerra mondiale a pezzi e nella conseguente inflazione.

non lo scuotono i missili nucleari russi schierati ai confini dell’Ucraina e puntati anche verso di noi, figuriamoci quanto gli può importare di quisquilie che vanno a cambiare il modo di funzionare di un parlamento di nominati.

anzi, semmai potrebbe persino pensare che questa riforma almeno gli concede il diritto apparente di scegliersi il capo, al quale tutti dovranno sottostare nei cinque anni successivi, tanto nessuno sta pensando davvero di restituire il diritto di scegliersi i loro rappresentanti alle amebe che ancora persistono ad andare a votare, per dire che sono d’accordo con questo sistema.

2. sbagliato è da questo momento in poi rinviare il dibattito, come ho fatto ancora pochissimo tempo fa, dicendo che sono ancora chiacchiere confuse e che un testo preciso ancora non esiste.

adesso questo testo c’è e si può andare a vederlo, quindi bisogna anche rassegnarsi a discuterlo, nonostante il fastidio.

3. sbagliato è contare che alla prova dei fatti si creeranno spaccature interne nella maggioranza di destra, che vuole cambiare la Costituzione antifascista del 1948 sul punto fondamentale dei poteri del governo, perché si pensa che i dissensi, che pure ci sono, esploderanno al momento di definire la legge elettorale nuova che dovrebbe accompagnare la riforma.

ma questo punto resta davvero centrale: questa legge elettorale non c’è ancora e non fa parte neppure della prospettata riforma della Costituzione, pure se la riforma in discussione della Costituzione la prevede esplicitamente e la cita.

si potrebbe quindi arrivare al paradosso che, dopo approvata la riforma in parlamento, ed eventualmente dopo superato lo scoglio del referendum confermativo, questa legge non si riesca a farla, sempre che si arrivi alla follia di fare svolgere il referendum stesso senza che ancora si sappia che legge elettorale verrà poi approvata.

teniamo conto che l’Italia ha sottoscritto la Convenzione internazionale di Venezia, che vieta modifiche delle leggi elettorali nell’anno che precede le elezioni (anche se non la rispetta ed è sotto accusa alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, per questo: https://comma22corpus.wordpress.com/2024/05/17/la-legge-elettorale-italiana-alla-corte-europea-dei-diritti-delluomo/ ).

quindi entro l’ottobre 2026 dovrebbero compiersi le seguenti tappe:

1. fine della prima discussione della riforma Costituzionale al Senato;

2. fine della prima discussione della riforma Costituzionale alla Camera;

3. sospensione di non meno di tre mesi prevista dall’art. 138 della Costituzione;

4. fine della seconda discussione della riforma Costituzionale al Senato;

5. fine della seconda discussione della riforma Costituzionale alla Camera;

6. svolgimento, dopo tre mesi per la presentazione della richiesta, del referendum confermativo, nel caso la riforma non venga approvata dai due terzi di entrambe le Camere;

7. approvazione della legge elettorale.

anche pensando che il punto 7 venga anticipato e la nuova legge sia approvata prima del referendum (come sarebbe auspicabile, così chi voterà sappia bene per che cosa lo farà), a me pare molto difficile che questa tabella di marcia possa essere rispettata.

c’è infine la variabile Mattarella: perché in teoria, a fronte di una situazione inestricabile, il Presidente della Repubblica potrebbe sempre sciogliere le Camere in anticipo e far saltare il banco (anche se non sarà certamente Mattarella a farlo).

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dunque è un’ipotesi abbastanza probabile che questa riforma entri in vigore solo in parte, a legge elettorale attuale vigente (incostituzionale).

è una ipotesi che mi riservo di esaminare più avanti.

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per ora mi accontento di ripetere che è un vero salto nel buio una riforma della Costituzione strettamente legata ad una legge elettorale non definita, rimessa ancora una volta ad un parlamento eletto con metodo anti-costituzionale, e che potrebbe essere approvata con qualche colpo di mano da qualunque maggioranza parlamentare posticcia, tale nelle Camere, ma non nel paese.

aggiungo ora che questa legge elettorale verrebbe richiamata per la prima volta dalla Costituzione, nella versione eventualmente riformata Meloni-Casellati; quindi dovrebbe assumere rango di legge costituzionale essa stessa.

attualmente la Costituzione non parla di legge elettorale, e dunque lascia a queste il rango di leggi ordinarie, che possono essere sottoposte a referendum abrogativo (tra l’altro sulla questione ne sono già avvenuti alcuno, uno anche con successo).

ma se la legge è richiamata dalla Costituzione, entrandone a far parte in qualche modo, almeno come riferimento, credo che dovrebbe essere approvata con le stesse procedure e modalità delle leggi che modificano la Costituzione.

in questo caso non potrebbe essere sottoposta a referendum abrogativo, perché questo non è previsto per le disposizioni di rango costituzionale, ma potrebbe essere sottoposta a sua volta al referendum costituzionale confermativo, col rischio di un incredibile pasticcio nel caso di mancata conferma, e comunque di sospensione della applicabilità immediata di questa parte della riforma costituzionale.

il referendum confermativo o i referendum, se dovessero essere due, uno sulla legge costituzionale e uno sulla legge elettorale connessa, potrebbero essere evitati nel caso di una riforma largamente condivisa, ma non è aria.

insomma la Meloni prosegue sulla linea scellerata di portare modifiche alla Costituzione a colpi di maggioranza, più o meno precaria, inaugurata dai governi D’Alema e da ultimo Amato II nel 2001, e allora riuscita, ma proseguita da Berlusconi nel 2005 e Renzi nel 2016, con esiti infausti.

l’abbandono della via maestra di riforme costituzionali ampiamente condivise, come sempre dovrebbe essere, potrebbe rivelarsi infausto anche stavolta, persino se la riforma superasse il referendum, come sembra possibile, ma poi risultasse di fatto inapplicabile.

la Meloni ripercorre Renzi, solo un poco più abile o furbastra nel dire e non dire: O la va o la spacca; e lo trasforma in un referendum su se stessa, come fece Renzi nel 2016, cioè un voto capace di coalizzare tutti gli incerti, e di riportarli a votare: contro.

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questa confusione è veramente così grave, che non si capisce come mai la riforma non preveda espressamente come verrà eletto il parlamento, oltre che il capo del governo.

la risposta può stare nel fatto evidente che le forze della maggioranza attuale non sono concordi sul punto, e dunque hanno deciso il rinvio.

ma qui entra in gioco la capacità politica reale mediocrissima della Meloni, evidenziata da ultimo da casi di ignoranza istituzionale clamorosi, come l’accoglienza tributata a quel Forti condannato come assassino da un tribunale americano, non da una corte talebana, che credo abbia gravemente compromesso il suo rapporto col nostro padrone semi-coloniale americano, e la sua fine come capo del governo dopo le prossime elezioni presidenziali americane, qualunque sia il nuovo o la nuova presidente (Michelle Obama?).

Meloni capacissima di raccogliere voti, come influencer, ma incapace poi di usarli per combinare qualcosa, e in questo perfetta erede di Berlusconi, che soffriva della stessa incapacità, che alla fine gli costò il posto.

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ma vengo al punto in discussione attualmente, che è l’abolizione del secondo comma dell’art. 59, cioè dei senatori a vita.

polemica non entusiasmante e iniziativa senza altro senso che dare soddisfazione a trent’anni di polemiche astiose contro personalità di spicco non allineate con la destra, entrate in parlamento su indicazione dei presidenti succedutisi, e da ultimo poi anche rieletti (anche dalla destra): Scalfaro, Ciampi, Napolitano, Mattarella, che la destra ha sempre considerato propri avversari (perfino quando li ha votati).

ancora una volta emerge la cecità politica della Meloni che vuole usare la riforma della Costituzione come clava politica contro la sinistra; bisogna compatirla, è la sua natura scorpionica.

una politica avveduta avrebbe cercato un accordo con l’opposizione, almeno su punti non determinanti come questo.

ma la Meloni governa nella logica di spaccare continuamente il paese, come del resto stanno facendo le destre in quasi tutto il mondo (tranne dove godono di consensi plebiscitari: Putin, Erdogan, Modi, Xi Jinping) e questo non le farà bene.

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in ogni caso non sarà questa modifica a cambiare nulla di sostanziale.

qui devo correggere un grave errore di analisi che ho compiuto il 27 novembre scorso, nel punto 3 della pagina Costituzione? di questo blog, quando mi era parso che l’abolizione del comma 2, lasciasse in vita un comma 3, con risultati paradossali di conservazione del diritti di nomina presidenziale di 5 senatori, ma non a vita.

oggi un’analisi più attenta mi ha mostrato che l’ultima frase di questo articolo, che lo prevede, fa invece parte sempre del comma 2, che viene abrogato; quindi ripubblico oggi la mia analisi di allora, correggendola di questo errore ed integrandola qua e là di altre considerazioni.

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dicevo a maggio che è di pessimo auspicio avere affidato a una personalità del calibro della Casellati la riforma della Costituzione, nata dalla Resistenza e fondamento di una democrazia, ahimè allora ben più reale di oggi, quando appare consunta e logorata.

Renzi si era affidato alla Boschi, e ne erano nati pasticci tecnici quasi incredibili.

però pongo mano oggi al testo della proposta di riforma Meloni – Casellati e rimango allibito a constatare a quale punto stia arrivando l’analfabetismo politico in Italia.

questi governanti sono effettivamente la proiezione esatta dell’elettorato ignorante che li vota.

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non voglio che crediate che esagero e spero che i pochissimi che mi leggono non mi trovino di una supponenza troppo professorale, ma chiedo due minuti di attenzione.

parlo dell’Art. 1 della proposta di legge in discussione in commissione al Senato prevede la Modifica all’articolo 59 della Costituzione, è quello che istituisce i senatori a vita, odiatissimi dalla nostra destra, fin dai tempi di Berlusconi.

quindi è più che logico che oggi leggiamo: Il secondo comma dell’articolo 59 della Costituzione è abrogato.

?niente da obiettare? in teoria, no; lo avevano promesso e lo fanno.

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ma andiamo a vedere meglio l’art. 59 nel suo insieme.

1. È senatore di diritto e a vita, salvo rinunzia, chi è stato Presidente della Repubblica.

2. Il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario. Il numero complessivo dei senatori in carica nominati dal Presidente della Repubblica non può in alcun caso essere superiore a cinque.

il comma 2 della presente disposizione è stato modificato dall’art. 3 comma 1 della legge costituzionale 19 ottobre 2020, n.1; quindi si rimette mano a questo articolo della Costituzione a soli quattro anni di distanza.

per la stretta connessione riferisco qui anche l’art. 5, Norme transitorie, della proposta di riforma: Restano in carica i senatori a vita no­minati ai sensi del secondo comma dell’articolo 59 della Costituzione, nel testo previ­gente alla data di entrata in vigore della pre­sente legge costituzionale.

evidentemente farli decadere, dopo che erano stati nominati a vita, non si poteva.

ma in questo modo si arriva al paradosso che la destra rinuncia anche a nominare qualcuno dei suoi alla morte di uno di loro e a riequilibrarne la composizione, se proprio crede.

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l’istituto dei senatori a vita della nostra Costituzione è un residuo dell’antico Senato dello Statuto Albertino, dove tutti i senatori erano di nomina regia e non eletti, e duravano in carica a vita.

inoltre partecipavano già allora pienamente al processo legislativo, in quanto ogni legge necessitava dell’approvazione anche dei Senatori.

il nostro Senato era quindi quasi l’equivalente della Camera dei Lord inglese, dove tutti i membri sono nominati a vita e in alcuni casi residuali (attualmente 87 su 757) la carica si è trasmessa ancora addirittura per via ereditaria, come era in origine, e inoltre per 25 membri, definiti spirituali, è legata ad una particolare carica ecclesiastica.

la Camera dei lord inglese non ha diritto di dare la fiducia al governo, che dipende esclusivamente dalla Camera dei Comuni, elettiva; però ha il potere di veto sui progetti di legge approvati da questa, ma solo per la durata massima di un anno per le leggi normali e di un mese per le leggi finanziarie, ma non per le leggi che erano previste dal programma elettorale approvato dagli elettori.

un suggerimento per il nostro Senato?

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tornando a noi, 5 membri a vita nominati dal Presidente della Repubblica su 200 non sono un numero tale da alterare in via sostanziale gli equilibri politici del Senato (anche se a volte è successo effettivamente che fossero determinanti in elezioni con risultati sul filo del rasoio); e comunque, se il problema è questo, sarebbe più sensato semmai togliere a loro, o al Senato tutto intero, il diritto di dare o togliere la fiducia al governo.

e in ogni caso, questo problema non esiste proprio, una volta che la Costituzione stessa prevede un premi di maggioranza per la lista che vince le elezioni.

l’abolizione di questa figura è proprio solamente espressione di una antipatia radicata per gli altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario di cui parla la Costituzione attuale, e che portano chi ne ha a identificarsi molto a fatica col populismo destrorso che al momento ci governa.

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la riforma di Renzi era molto più audace su questo piano, dato che prevedeva un Senato di soli 100 membri, nominati dai Consigli Regionali, che poteva intervenire sulle leggi approvate dalla Camera per decisione propria, ma senza esserne obbligato, e senza potere di dare o togliere la fiducia al governo.

e fin qui niente di male, anzi; salvo che poi si prevedeva che i senatori dovessero essere anche membri dei Consigli Regionali stessi, il che rendeva il funzionamento del Senato totalmente aleatorio.

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quindi questo progetto Meloni – Casellati è assolutamente miope, non modifica in nulla il farraginoso processo bicamerale perfetto di formazione delle nostre leggi, ed è soltanto l’espressione a ghiribizzo di una antipatia per il potere di nomina del presidente della repubblica e per senatori nominati per merito.

il che per un governo che afferma di farsi portatore del merito non è certo il massimo.

ma questo appartiene alle contraddizioni grottesche di una destra che a parole si fa paladina del merito (dove serve per discriminare), ma poi di fatto lo irride e lo calpesta ogni volta che può, rivendicando di fatto la superiorità sulla cultura dell’ignoranza, di cui si fa portavoce.

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