forse è vero che si è rivoluzionari da giovani, e si vorrebbe cambiare il mondo, e si diventa reazionari da vecchi, perché è stato il mondo, invece, a cambiare noi.
però la mia impressione da settantenne è che la sinistra italiana sta perdendo la sua capacità di convincere semplicemente perché è diventata stupida.
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ma allora mi contraddico?
solo in apparenza: qualche anno fa avevo dato rilievo nel mio blog di allora ad una ricerca internazionale presentata da un certo Kanazawa. che dimostrava come gli elettori di destra fossero tendenzialmente meno intelligenti di quelli di sinistra, non solo meno colti e meno informati.
da allora è cambiato qualcosa? credo di no.
è vero che l’intelligenza media della popolazione è aumentata fino agli anni Ottanta, ma da allora è in un preoccupante declino.
lo stesso sta succedendo al numero degli spermatozoi nei maschi giovani, che nello stesso periodo si è dimezzato; e chissà se fra i due fenomeni c’è qualche correlazione (ma quale?).
sono comunque due indici del fatto che siamo una specie in declino e perfino sull’orlo dell’estinzione, anche se ancora si vede poco.
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però entrambi i fenomeni non dovrebbero avere colore politico.
quindi se gli elettori di destra, presi individualmente, erano in media meno intelligenti di quelli di sinistra qualche anno fa, la cosa non dovrebbe essere cambiata, anche se tutti gli elettori in genere sono meno intelligenti di qualche tempo fa, e si vede benissimo.
e in particolare per quelli di sinistra che una volta spiccavano per intelligenza critica, ed ora si sono drammaticamente abbassati di livello, e per loro si vede di più, forse perché non ci eravamo molto abituati.
ma allora, come faccio a pensare che ad elettori di destra più stupidi corrisponda oggi una migliore intelligenza politica della destra italiana?
ma è semplice: perché l’intelligenza politica di un partito non è affatto la somma dell’intelligenza dei suoi membri, né la sua misura media misurata con i test.
insomma, anche una massa di elettori cretini può seguire e sostenere un politica intelligente, perché la linea politica la danno i leader e non la massa, e l’unione fa sempre la forza, e l’unione degli stupidi non fa eccezione.
e oggi è abbastanza evidente che la sinistra italiana, dopo essere diventata la punta di diamante dello schieramento che appoggia il liberismo globale della classe dirigente mondiale, ha perso la sua vera ragione di esistere, e dunque giustifica la sua esistenza sposando cause assolutamente minoritarie e prive di base sociale, ben più capaci di far perdere consensi che di acquistarne.
in sostanza sta facendo una politica stupida.
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faccio due esempi soltanto:
il primo è quello della sovranità alimentare, che dovrebbe essere stata la base di una politica agricola e alimentare della sinistra, e invece si è lasciato il tema alle destra, col relativo seguito di sostegno da parte dei coltivatori diretti di tutta Italia.
il secondo è la battaglia contro il merito, cioè contro le competenze, condotta oggi da un ampio movimento di giovani, che si vorrebbero di sinistra.
peccato che è una bandiera strappata alla destra, da sempre storicamente contraria all’istruzione pubblica come strumento di emancipazione sociale.
così che oggi si sono ribaltati i ruoli e si è lasciata alla destra la difesa, tutta di parole, del merito, un valore fondamentale della democrazia, che viene quasi a coincidere con essa.
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è giusta la critica alla insufficienza con la quale da noi si riconoscono le attitudini e le si sostiene perché diventino competenze, indipendentemente dalla classe sociale di chi le ha.
ma le critiche giuste al classismo, che ancora persiste nella realizzazione delle competenze, si deve forse trasformare nell’obiettivo reazionario di rifiutare il riconoscimento di queste, indipendentemente dalla classe sociale di appartenenza?
è un obiettivo vitale, per una società, che chi esercita ruoli che esigono delle competenze, le abbia davvero.
l’improvvisa e tumultuosa protesta contro il merito sta diventando la voce asinina di un gruppo sociale, che reclama il riconoscimento dell’ignoranza? sarebbe quello degli studenti, privilegiato rispetto a chi abbandona la scuola per lavorare,
cioè in ultima analisi reclama la tutela del loro privilegio di classe richiedendo meno competenza e più ignoranza per tutti.
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incapace di difendere i deboli sul terreno concreto delle loro condizioni di vita, la sinistra li tradisce oramai perfino sul piano dei principi e dei valori e conduce battaglie nominalistiche su obiettivi astratti, privi di concretezza e di buon senso.
e poi si meraviglia che la destra vince.
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A MARGINE mi appunto qui, per mio personale promemoria, una discussione svoltasi sul blog di gaberricci, che ha qualche attinenza con l’ultimo punto toccato in questo post (e non per la prima volta), a proposito di una studentessa laureatasi in medicina con un anno di anticipo, presso l’università Vita e Salute San Raffaele, e finita in pasto ai social e ai media per questo.
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bortoround November 10, 2022 at 7:59 pm
c’è qualcosa di tipicamente italiano in questa storia, che in Germania non sarebbe neppure immaginabile: parlo del clamore mediatico di disapprovazione.
io credo che noi siamo l’unico paese al mondo dove si odia chi ha delle attitudini, invece di apprezzarle perché possono tornare socialmente utili.
ci rifletto da tempo, ma non ho ancora trovato una spiegazione razionale di questa mostruosità sociale vera e propria.
ijkijk November 11, 2022 at 5:31 pm
Forse è una disapprovazione estetica per ciò che rovina la ns, visione delle cose. Ad esempio, se la ragazza oltre a laurearsi in 4 anni e avesse un forte impegno nel volontariato, es volontaria alla caritas o alla croce rossa, questo non avrebbe suscitato alcuna critica ma solo approvazione. Ma siccome oltre a laurea record in medicina fa pure la modella allora non rientra nei ns. modelli e quindi scattano le critiche.
Se invece di laurearsi in medicina si fosse laureata a tempo record a lettere o all’accademia di arte drammatica unitamente all’attività di modella questo non ci avrebbe disturbato e non avrebbe fatto notizia.
gaberricci November 11, 2022 at 7:27 pm
È una possibilità. Effettivamente è il primo punto di cui parlo nell’articolo.
comma22corpus November 13, 2022 at 9:00 pm
sono convinto che se la tipa non si fosse anche umanamente divertita mentre lavorava per laurearsi, come del resto fanno tutti gli studenti universitari, sarebbe stata oggetto di critiche ancora più feroci. inutile girarci attorno: dà fastidio a qualcuno, probabilmente fuori corso, che lei si sia laureata così in fretta…
gaberricci November 17, 2022 at 6:28 am
Ma dà fastidio anche a me che si sia laureata così in fretta, ci vedo qualcosa di disumano in questo bisogno di correre.
comma22corpus November 17, 2022 at 10:00 pm
d’accordo. – ma sicuro che quelli che la criticano non avrebbero voglia di fare altrettanto, se solo fossero capaci? – quelli che non ne hanno voglia, non la criticano, ma la compatiscono soltanto. […]
gaberricci November 18, 2022 at 7:48 am
Certo che sì, ma questo è parte del problema. Il punto è che Carlotta Rossignoli non dovrebbe essere un esempio, comunque lo si voglia prendere, questo esempio.
comma22corpus November 18, 2022 at 8:01 am
non siamo noi che abbiamo scelto l’esempio, ma il sistema mediatico. noi possiamo soltanto scegliere, tenendo un blog, cioè una forma di comunicazione pubblica, se assecondare questa scelta, oppure astenercene, parlando d’altro.
ma parlare dell’esempio scelto dai media può risultare comunque utile per affrontare il problema che ci sta dietro.
è abbastanza evidente che questo episodio serve a gestire in un certo modo il problema del merito, di cui tanto si discute ultimamente.
e la tipa viene usata, credo, anche per discreditare il concetto che nelle capacità non siamo tutti uguali, come vorrebbero i peggiori, che spesso lo sono per scelta.
più sullo sfondo ancora ci sta il problema che le capacità prodotte da un sistema di istruzione pubblica, se riconosciute socialmente, sono la via principale per lottare contro le disuguaglianze legate al reddito familiare.
scusa se faccio sempre un esempio personale: stavolta quello del mio alunno Massimo Mucchetti, figlio di un modesto operaio, e arrivato ad essere vice-direttore del Corriere della Sera e senatore PD, o come un mio compagno di scuola, figlio di un minatore della Val Trompia; entrambi, a diversi livelli, sono usciti dalla loro condizione familiare di origine solo grazie all’istruzione pubblica e a quello che viene chiamato merito un po’ impropriamente.
stiamo attenti che la lotta contro il merito può facilmente trasformarsi in una lotta dei privilegiati contro l’unica vera forma di mobilità sociale della nostra società dopo quella rappresentata dall’arricchimento personale di alcuni casi straordinari.
gaberricci November 19, 2022 at 6:54 am
Però non dobbiamo trasformare dei casi eccezionali nella norma: a quanti studenti hai insegnato, Mauro? Quanti di loro sono riusciti in questo exploit? Quanti lo hanno fatto per meriti personali, e quanti invece per piaggeria e capacità di “fare politica” (non mi riferisco ai due casi presentati, ovviamente)? Per altro, nel caso in specie pare che delle capacità eccezionali non c’entrano niente: la dottoressa ha solo sfruttato una “falla del sistema” della didattica a distanza, riuscendo con un’organizzazione maniacale del tempo a seguire le lezioni di due anni diversi. Questa, la vogliamo chiamare col suo nome?, furbizia, associata ad un sacrificio pressoché totale di qualunque altra cosa che non fosse funzionale alla performance, è positiva? È un merito? Io non penso.
comma22corpus November 19, 2022 at 8:06 am
stiamo dicendo la stessa cosa di fondo, mi pare: l’esempio, enfatizzato dai media, non è certo il migliore per una discussione critica sul problema del cosiddetto merito, ma meglio si dovrebbe dire delle competenze. infatti è molto alto e ragionevole il dubbio che la ragazza in questione abbia acquisito delle vere competenze con quel suo modo affrettato e strumentale di fare gli esami. e indubbiamente la sua scelta non solo non è positiva, ma direi neppure autenticamente meritevole.
detto questo, la discussione sarebbe meglio si rivolgesse ad altri casi più adeguati a sostenerla., come quelli che ho fatto io, ricavandoli dalla mia esperienza personale, nel bene (Massimo Mucchetti) e nel male (la studentessa lasciata anonima e morta di overdose a 28 anni).
a quanti studenti ho insegnato? fammi pensare; ho svolto questa attività dal 1968 al 1985, e mettiamoci quasi 100 studenti per anno, visto che insegnavo di solito a tre classi (numerose) per anno scolastico; ma poi alcuni ovviamente si ripetevano l’anno dopo, visto che non le cambiavo classi ogni anno, e dunque il numero globale dipende molto dai miei trasferimenti.
nei primi anni ero precario, quindi li cambiavo non solo ogni anno, ma anche più volte l’anno, tra una supplenza e l’altra. invece come docente di ruolo, dal 1971, mi sono trasferito nel 1973, 1978, 1979, 1981, e qui ho concluso la mia vita di docente lasciando il Liceo Classico, per diventare preside nel 1985. quindi il tasso di avvicendamento è stato piuttosto alto: calcolerei una riduzione di massima di solo un terzo sui 2.400 studenti, arrotondati per eccesso, di 24 anni di insegnamento; siamo vicini dunque a 1.500 studenti.
ma in quegli anni ho fatto anche parte di commissioni di concorso di docenti, per cui ci devi aggiungere qualche migliaio di docenti in Lombardia che mi hanno avuto come esaminatore, una volta come commissario, e dunque solo qualche centinaio, una volta come presidente, e dunque molti di più.
e quanti studenti ho avuto come preside nei 21 anni di questo lavoro in Italia? mettine pure tra 400 l’anno, sempre però rinnovati solo in parte, del piccolo liceo inziale, e gli 800-2.000 l’anno, dei grossi licei successivi.
e i sette anni in Germania? dirigevo circa 900 corsi di italiano l’anno, con un numero minimo di 8 studenti l’uno, fai pure una media di 10 per corso, quasi, visto che gli studenti erano 8-9mila l’anno. qui non siamo lontani da un bilancio di circa 50mila studenti, figli perlopiù di immigrati italiani.
cavoli, grazie della domanda: non mi ero mai reso conto di essere stato una specie di grossa istituzione educativa, aahha.
ma tu quanti pazienti hai già curato? e a quanti pensi che arriverai alla fine della tua carriera lavorativa? la risposta alla prima domanda mi interessa molto. 🙂
gaberricci November 20, 2022 at 8:12 pm
Solo contando questi due anni in cui sono “di ruolo”, con circa 24 turni al mese, sono a spanne circa 500 turni, con una media di 7-8 ore a turno (perché i turni diurni sono da 6 o da 9, ed i notturni da 12, ma l’anno scorso i turni erano tutti da 12 ore, ma in un mese erano meno, quindi…), ed una media di 2 pazienti l’ora (di solito di più, ma contando turni notturni dove arriva meno gente ed i sei mesi di reparto ci sta), direi tra i sette e gli ottomila.
comma22corpus November 21, 2022 at 7:00 am
accidenti! e sei soltanto un giovane medico all’inizio della sua attività.
ecco che mi rendo conto che dovremmo forse pubblicizzare di più questi numeri, che danno il senso dell’impegno sociale di chi sceglie professioni come le nostre.
(nel mio resoconto del commento precedente ho dimenticato gli studenti coinvolti negli esami di stato, che ho fatto dal 1973 al 2016 (si può continuare anche per tre anni dopo la pensione): 43 anni di esami , metti per una media di 80 studenti ad esame (di più in Italia, molto meno all’estero), e sono circa altre 3mila persone la cui vita è stata condizionata anche dalle mie scelte – che dovevano valutare capacità e merito, per tornare in argomento… 😉
gaberricci November 21, 2022 at 9:09 am
Ecco, e potremmo chiudere questa discussione con una battuta, dicendo che se il discorso destrorso sul “merito” prende piede potrei trovarmi un giorno nell’impossibilità di curare certi pazienti che si sono “meritati” le patologie da cui sono affetti… fumatori, obesi, tossicodipendenti… è un discorso già schifosamente diffuso, per altro, quindi popolare, quindi prima o poi a qualche politico verrà voglia di cavalcarlo.
comma22corpus November 21, 2022 at 6:43 pm
io però adesso ti farò inorridire (mi capita spesso), ma per tutti coloro che sono al di sopra della soglia della povertà non troverei sbagliato un concorso alle spese di cura proporzionato al reddito, in tutti i casi nei quali la malattia o comunque la cura sia chiaramente attribuibile a libere scelte del soggetto. – per esempio, i fumatori che si ammalano di cancro ai polmoni, a meno che non seguano programmi di disintossicazione. – ma ammetto di avere una mentalità troppo cinese.
comma22corpus November 21, 2022 at 6:43 pm
ah, mi accorgo di dovere qualche scusa, per avere rilanciato la palla della discussione.
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ijkijk November 11, 2022 at 5:33 pm
Riassumo brutalmente: anche se c’è chi ha di piu e chi ha di meno non c’è nessuno che può avere tutto.
gaberricci November 11, 2022 at 7:18 pm
Secondo me non è questo il caso: questa dottoressa è stata presentata come esempio perché sacrifica quasi tutto alla performance, e fatta oggetto di disapprovazione perché si diverte di tanto in tanto. Dovrebbe essere il contrario. Ad ogni modo, ho il terrore di questa necessità di essere sempre al massimo in tutto.
comma22corpus November 13, 2022 at 9:01 pm – a jikjik
è una interpretazione acuta anche questa, però io resto convinto piuttosto di quello che ho appena finito di scrivere come commento a gaber.
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redpoz November 16, 2022 at 9:09 am
[…] Ma venendo al tema centrale, praticamente scontato mi trovi d’accordo. Siamo entrati, per citare Byung Chul-Han in una società del (iper)sfruttamento, nel quale c’è una continua necessità di eccellere in sempre più ambiti, di fare sempre di più. Proprio ieri il settimanale tedesco Die Zeit pubblicava una riflessione sui post instagram #thatgirl che hanno internalizzato (e pubblicizzano nei loro social media) questa idea di continuare ad eccellere, di non potersi concedere pause.
Una comoda scusa per etichettare e colpevolizzare tutti quelli che “non ce la fanno” (=non si sono autosfruttati abbastanza), in un mercato (sic) ipercompetitivo.
Ma come ricorda Chul-Han, le conseguenze di questo iper-auto-sfruttamento sono sovente il burnout… – Se pensiamo, come credo, che si debba trovare una via d’uscita da questa logica autolesionista, sorge la domanda: come?
gaberricci November 17, 2022 at 6:31 am
Temo che la risposta sia sempre la stessa: dobbiamo cambiare sistema e, dunque, essere disposti a rinunciare a parte del nostro benessere. Il problema, come per tutto, è che anche in questo viene chiesto a chi sta benino di farlo, non a chi sta benissimo: in altri termini, viene chiesto ai “normali” di diventare “poveri”, non agli “schifosamente ricchi” di contentarsi di essere solo ricchi.
comma22corpus November 17, 2022 at 10:00 pm
[…] non potendo mettere il like, ecco il mio apprezzamento per la tua risposta a redpoz.