un tempo elementare. autobiografismi post covid 3 – 32

che stress la giornata di oggi! sono stato in ansia per ore.

quando mai mi è venuto in mente di accettare la proposta delle maestre della scuola primaria del mio paesello di entrare come esperto in un progetto, addirittura biennale, di conoscenza del territorio per i loro scolari: Per le vie di Provaglio.

certo, la colpa è tutta del libro scritto sulla storia del paese, che mi ha dato la qualifica di storico locale, del tutto abusata, ma anche della mia curiosità e disponibilità a farmi trascinare in qualche esperienza nuova.

e così eccomi a dover coinvolgere una ventina di bambini dalla prima alla quinta classe nella Unità 1: Creare nei bambini il concetto del tempo che passa, partendo dal proprio vissuto. L’albero genealogico. Il paese nel tempo. Il paese al tempo dei genitori (intervista ai genitori).

agli ultimi due punti penseranno le valorose maestre, ma io a dovere spiegare a dei bambini il concetto di tempo, loro che proprio non ce l’hanno ancora!

. . .

ci avevo pensato per tempo, e gli ho fatto portare da casa delle foto di quando erano piccoli, tre, quattro, cinque anni fa, figurarsi, e poi ho improvvisato un facilissimo quiz di riconoscimento.

ho zittito il primo che ha gridato: quello sono io, ed ho spiegato che solo gli altri potevano partecipare.

i riconoscimenti sono stati facili, lo ammetto; solo uno non è stato riconosciuto, ma era l’unico che aveva portato una foto di quando aveva sei mesi…

ma il difficile per tutti è venuto quando da ultimo dal mazzo delle foto ho tirato fuori questa:

e questo chi è?

solo uno ha gridato: sei tu! ma nessuno era veramente convinto, io per primo.

ho girato la foto, e dietro, nella grafia di mio padre, stava scritto: Treviso, 24 arile 1950: il giorno del mio secondo compleanno!

abbiamo poi riso della mia pettinatura con le banane; io ho sottolineato che il mio naso non era ancora rotto e avevo ancora una buona dose di capelli.

tra me e me, prima, e poi ad alta voce, ho commentato che in una cosa sola mi riconoscevo: nello sguardo, così serio, così pensoso, così consapevole, così deciso…

poi, già che c’ero, ecco anche un ritratto che mi fece, verso i quarant’anni l’amico pittore Villiam Fantini (la mancanza della W non è un refuso, o meglio è un refuso dell’ufficiale dell’anagrafe di 68 anni fa); e lo sguardo era un po’ camnbiato.

anche lì, i capelli c’erano ancora, però…

. . .

avevo cominciato a chiedere ai bambini che cos’è il tempo, e nessuno aveva saputo rispondere.

niente paura, bambini: anche sant’Agostino ha scritto: che cos’è il tempo? se nessuno me lo domanda lo so. ma se qualcuno me lo chiede, non lo so.

eppure, dopo avere visto tutte queste fotografie, vedete bambini, ora lo sappiamo che cos’è il tempo: è il cambiamento.

perché tutto cambia, a volte veloce, rispetto al nostro punto di vista, e lo vediamo; a volte lentissimo, e non ce ne accorgiamo.

dalla finestra si vedeva, quasi cento metri più sotto la frazione di Mastanico, con la modesta cresta alle spalle dove crescono i porcini, a saperli trovare.

lo visiteremo, Mastanico, e sarà un piccolo viaggio nello spazio; ma, se lo guarderemo con lo sguardo giusto, sarà anche un viaggio nel tempo; e allora sarà come un film di fantascienza, bambini.

anche lì vedremo il cambiamento del tempo, meno visibile, ma vivo.

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tra un racconto e l’altro l’ora è passata, un paio di sbadiglietti educati solo verso la fine; ma nemmeno al liceo i ragazzi riuscivano a stare attenti per sessanta minuti di fila…

ho dovuto fare i complimenti ai bambini.

e io alla fine ero rilassato, dopo tanta tensione: era la prima volta che parlavo ad un pubblico simile ed era andata bene.

alle maestre ho commentato: vivete ancora in un’isola incontaminata, con bambini così.

e loro hanno risposto: fino a che dura, resistiamo ancora.

. . .

già, perché mica l’ho spiegato ai piccoli, e lo dico solo qui, che tempo vuole dire cambiamento, sì, ma cambiamento vuol dire entropia, cioè disordine crescente.

non era il caso di dirglielo ancora; ci penserà la vita a farglielo sapere.

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e mercoledì prossimo sono invitati a scuola i nonni, per raccontare le loro esperienze.

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gli altri post della serie, qui (in ordine inverso):

https://comma22corpus.wordpress.com/category/autobiografismi/autobiografismi-post-covid/

5 commenti

    • che resti una grande impressione, non so; una bella parte dell’incontro si è svolta sotto forma di gioco, quindi per loro sarà sembrata piuttosto normale. e poi, per fortuna, a quell’età, molte cose si dimenticano coscientemente.

      quanto ai capelli, sono le famose “banane” che andavano molto di moda in quegli anni lì, ahaha.

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  1. Mi pare proprio una bella esperienza per te ,per i bambini e per le maestre … Forse i bambini ti chiameranno maestro! Insieme farete un ottimo programma 👏 Niente noia con loro ,magari qualche bella sorpresa
    Evviva la 🏫 .
    La tua collaborazione sarà preziosa , magari se ne ricorderanno per sempre .
    Aspettiamo la lezione con i nonni …

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    • hai ragione…
      non l’ho usata io, ma quando ero ancora attivo nella scuola purtroppo la usavo molto anche io.
      pensa che si parlava molto perfino di didattica per progetti.

      se si vuole dire che anche nell’educazione bisogna avere chiaro un percorso potrebbe andare bene. solo che questa attività è per sua natura anche un poco imprevedibile, e allora bisognerebbe avere anche la capacità di rendere il progetto flessibile.

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