dieci anni prima: 9. dateci oggi la nostra Crimea televisiva – 19 marzo 2014

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con questa idea di ripubblicare i miei post sulla contrapposizione fra Russia e Ucraina di dieci anni fa, direi di avere cominciato a viziarmi da solo come blogger, visto che potrei dire che mi risparmio di scriverne di nuovi.

qui ad esempio si potrebbe facilmente riciclare il titolo, scrivendo Dateci oggi la nostra Ucraina televisiva, se non fosse che invece di Ucraina si parla molto poco, adesso che le cose hanno preso una bruttissima piega per l’Occidente, e salvo che nelle trasmissioni di nicchia per gli affezionati.

io poi, ripubblico, sì, ma con premesse che a volte sembrano più lunghe di ciò che riproduco.

ma siccome il post del 19 marzo di dieci anni era stranamente breve, colgo l’occasione per chiudere al volo questa specie di prefazione inutile, e mi riservo, semmai, una osservazione alla fine di queste poche righe di dieci anni fa.

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La crisi di Crimea viene fatta passare come un ritorno alla guerra fredda. Ma difficilmente si arriverà a tanto. I due blocchi non sono preparati da entrambe le parti ad un confronto. – Der Spiegel, 19 marzo 2014

Lo Spiegel non solo non crede ad una guerra aperta, ma neppure ad una ripresa vera e propria della guerra fredda.

le sanzioni economiche contro la Russia colpiranno per primo l’Occidente, osserva lucidamente, e se volete anche cinicamente.

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e allora, come mai in Germania la gente è molto più preoccupata della situazione, spontaneamente, ma i media minimizzano e cercano di tranquillizzare, mentre in Italia la gente è abbastanza lontana dal problema, mentre invece i media soffiano sul fuoco delle paure?

la mia risposta è molto semplice: qualche esperto di tecniche della manipolazione elettorale ha calcolato che solo creando un senso di paura il popolo dei votanti sarà in-consciamente spinto a stringersi attorno a quello che c’è e che può difenderlo: l’Europa.

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qui ero di ritorno da tre settimane passate nel monolocale che allora avevo in Germania e, basandomi sull’osservazione diretta, citavo la sinistra progressista tedesca e i media, che erano meno allarmisti che da noi, e mi sentivo confortato nella mia tesi che non ci sarebbe stata guerra aperta per il recupero della Crimea, compiuto da parte della Russia praticamente senza colpo ferire.

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avevo ragione nell’immediato, ma non su una distanza più lunga, come i fatti hanno dimostrato.

come sono diverse le posizioni di dieci anni dopo!

adesso è proprio questa sinistra progressista e democratica quella che soffia di più sul fuoco bellicista e sono dimenticate le sagge considerazioni di due lustri fa sull’impreparazione militare (non cambiata radicalmente) e sul danno che sarebbe venuto all’Europa da una chiusura dei rapporti economici con la Russia.

se ne sta già accorgendo bene la Germania, ma noi siamo talmente connessi all’economia tedesca che la crisi non sta affatto tardando a manifestarsi neppure da noi, nonostante la necessaria ripresa post-covid, alimentata anche dai vituperati benefici edilizi, peraltro fatti tutti a pesante deficit.

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trovo piuttosto interessante riprendere anche qualcosa da un precedente mio post, che si occupava pure dell’Ucraina, ma in un momento diverso, 7 settembre 2011, e da un altro punto di vista:

un amico mi racconta del fallimento dell’Ucraina: ha una badante di quella nazionalità, proprio grazie a quel fallimento che la costrinse ad emigrare. – onestamente non so però se queste notizie siano pienamente attendibili, anzi credo di no, perché non trovo altre fonti che mi confermino un vero e proprio fallimento dello stato ucraino. – in realtà non c’è mai stato alcun default, ma ci si è andati molto vicini nel 2009. il default fu evitato con scelte estreme, ad esempio, col blocco di tutti i conti correnti, che è quello che il mio amico ha appreso dalla badante di sua madre come effetto del presunto default. – gli impiegati statali e i lavoratori dipendenti continuarono a ricevere lo stipendio sui loro conti in banca, ma non potevano poi accedere ai loro conti correnti, che erano stati bloccati dal governo. – la fame si diffuse anche fra ceti tradizionalmente benestanti, e si era creata una economia parallela con monete fatte in casa per sopperire in qualche modo alla assoluta mancanza di denaro circolante. […]

commenti:

canonicismo [è l’amico blogger di allora, di religione ortodossa e innamorato dell’Ucraina (intesacome nazione, con l’iniziale maiuscola, per il resto non so), che è già stato citato con l’avatar di Moselleorthodoxe], 8 settembre 2011 alle 19:11
Ho assistito personalmente questo giugno durante le mie vacanze a Kyiv alla cerimonia di un italiano che lavora a Kyiv, che partiva per le vacanze in italia, lasciando i contanti e l’oro in una scatola al suo migliore amico con la frase “questo custodiscilo non a prezzo della tua vita, ma quasi”. Doveva ritornare a Kyiv una settimana dopo. – In Ucraina ad oggi le persone normali tengono i soldi divisi in tre parti uguali: il conto corrente, i contanti sotto il materasso, e l’oro nei contenitori del sale e pepe della cucina. Non è tanto il default quanto la paura del default. Alcune banche sono fallite, ma non hanno applicato la legge che dicevamo io e te l’altro giorno secondo cui i piccoli risparmi fino a 20’000 euro fossero garantiti dallo stato. Lo stato non ha garantito un bel niente e da allora tutti si premuniscono artigianalmente. Del resto, tenere i soldi in contanti è una abitudine in Ucraina anche per altri motivi: incassare lo stipendio in contanti permette di non pagare le tasse sullo stipendio, e al momento di pagare le tangenti non ne rimane alcuna traccia negli estratti conto.

bortocal 9 settembre 2011 alle 4:59
mi aspettavo una testimonianza sull’Ucraina da te, e dal tuo commento deduco due cose:
1) che la paura di un fallimenrto imminente dello stato è già quasi come un piccolo fallimento avvenuto, perché quel che regge lo stato è la fiducia nello stato, e uno stato che ha perso la fiducia, quasi non lo è più
2) che siamo entrati in un’epoca storica nuova (quando ero giovane il concetto stesso di fallimento statale era sconosciuto, il fantasma di cui avere paura era un altro, l’inflazione) e questa novità cambierà modi di pensare e di vivere nella stessa vita quotidiana.

canonicismo 9 settembre 2011 alle 18:45
In effetti hai detto bene, l’inflazione era un’altra faccia della stessa moneta. Quando alle classi politiche, oltre alla politica monetaria, sarà stata tolta anche quella finanziaria, per darli ai tecnici, la gente vivrà meglio.

– ma qui la discussione piglia un’altra piega, e finisce fuori tema.

bortocal 9 settembre 2011 alle 19:34
la tua critica della democrazia affonda le sue radici direttamente fino a Platone, che auspicava il governo dei filosofi, cioè di chi capiva qualcosa. – resterà sempre un mistero il valore positivo della democrazia che attribuisce il potere alla maggioranza, ignorando il semplice dato di fatto che la maggioranza degli esseri umani è stupida, e che quindi il potere della maggioranza è anche il potere degli stupidi di farsi governare da stupidi simili a loro. – è vero che in questo modo la democrazia riesce ad evitare le lotte cruente per il potere e gli spargimenti di sangue connessi nel passato, che vengono ora riservati ai paesi più arretrati che devono liberarsi delle dittature, tuttavia questo vantaggio rischia di essere cancellato da quanto detto sopra.

canonicismo 9 settembre 2011 alle 20:49
Noi abbiamo una combinazione di democrazia e di tecnocrazia appropriatamente dosate, questo non dà luogo a troppi spargimenti di sangue. L’islam si’, purtroppo.

bortocal 9 settembre 2011 alle 21:05
no, a me non pare che tecnocrazia e democrazia siano “appropriatamente dosate” in Occidente; trovo che da noi piuttosto la democrazia sia una pura maschera della tecnocrazia (o forse dovrei dire dell’autocrazia) senza veri controlli esterni. – in Italia non si è ancora trovato il modo perché l’autocrazia diventi almeno tecnocrazia. – a volte mi pare che il sistema politico cinese rappresenti una forma píù avanzata dell’equilibrio che definisci tu e che al suo interno esista una dialettica vera tra potere politico (democrazia) ed economico (tecnocrazia) che in Occidente, a ben guardare manca. – ma, conoscendo la mia capacità di innamorami di chi non conosco bene, diffido di questi miei entusiasmi, e tu considerali solo una segnalazione di un percorso di riflessione possibile.

canonicismo 9 settembre 2011 alle 21:11
Sono d’accordo, solo, penso che attualmente non siano appropriatamente dosate: la tecnocrazia dovrebbe essere un po’ di più e la democrazia un po’ di meno. Ma senza annullarla completamente, no, no, solo diminuirla un poco.

bortocal 9 settembre 2011 alle 22:31
beh, e io che cosa ho detto di diverso? ho solo aggiunto che forse in Cina è già così. – ma vai anche a vedere la mia risposta all’ultimo commento di afo, con la proposta dei test preliminari di ammissione per candidarsi al parlamento, ah ah…

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