la struttura della raccolta delle Lettere di Paulus e il problema della loro cronologia interna

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la bozza del cap. 16 del mio libro autoprodotto in (lenta) gestazione: contributi alla comprensione della mitologia cristiana. le presunte Lettere di Paulus. 2013-2014. revisione 2023-2024.

si anticipa qui questa lettura molto impegnativa e quasi proibitiva, per il caso fortunato che arrivasse qualche critica, utile alla messa a punto definitiva.

ma chi non è interessato ai dettagli di questa analisi (e in realtà penso che ce ne siano ben pochi), può andare direttamente alla conclusione del post nella NOTA 2024 n. 3, che ne sintetizza le conclusioni.

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16. la struttura della raccolta delle Lettere e il problema connesso della loro cronologia interna – 15 dicembre 2013. revisione 27 marzo 2024

attualmente le lettere paoline sono 14; di esse alcune sono certamente spurie, cioè non di mano dello stesso autore che ha composto le altre; sono disposte in questo ordine e vengono dichiarate scritte nelle circostanze che di seguito si accennano:

1. Lettera ai Romani, dettata a Terzo a Corinto, a casa di Gaio, suddivisa in 16 capitoli

2. Prima lettera ai Corinti, scritta di mano di Paulus a Efeso, prima della Pentecoste, suddivisa in 16 capitoli.

3. Seconda lettera ai Corinzi, scritta dalla Macedonia, forse a Filippi, poco dopo la precedente, suddivisa in 13 capitoli.

4. Lettera ai Galati, scritta forse da Corinto, suddivisa in 6 capitoli.

5. Lettera agli Efesini, scritta da Roma durante una prigionia, suddivisa in 6 capitoli: apocrifa.

6. Lettera ai Filippesi, scritta da Roma durante la prigionia, suddivisa in 4 capitoli.

7. Lettera ai Colossesi, attribuibile al 62, come scritta da Roma durante una prigionia, suddivisa in 4 capitoli.

8. Prima lettera ai Tessalonicesi, scritta da Corinto, suddivisa in 5 più brevi capitoli.

9. Seconda lettera ai Tessalonicesi, scritta sempre da Corinto, suddivisa in 3 più brevi capitoli: apocrifa.

10. Prima lettera a Timoteo, scritta dalla Macedonia, suddivisa in 6 capitoli

11. Seconda lettera a Timoteo, scritta da Roma, in una prigionia, suddivisa in 4 capitoli.

12. Lettera a Tito, scritta da Nicopoli, suddivisa in 3 capitoli

13. Lettera a Filemone, scritta da Roma alla fine della prima prigionia, di un solo capitolo

14. Lettera agli Ebrei, certamente non della stessa mano delle altre nella sua parte fondamentale, di 13 capitoli.

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sono immediatamente evidenti i criteri con cui queste lettere sono state introdotte nel canone: prescindendo dalla Lettera agli Ebrei, che è possibile abbia rappresentato lo spunto e il modello per le altre, che a lei si contrappongono prima di tutto attraverso la monumentale e speculare Lettera ai Romani iniziale, le lettere sono state distribuite in due gruppi: alle chiese locali (sono 10) e a singoli (sono 4), e in ciascuno sono state ordinate secondo la lunghezza del testo.

il primo problema che ci si deve porre al riguardo è questo: l’attuale ordinamento per lunghezza decrescente in due gruppi diversi, lettere a comunità e lettere a privati, è quello originario di composizione delle lettere, oppure è frutto di una distribuzione successiva di lettere composte originariamente secondo un ordine diverso?

è abbastanza pacifico che questo criterio di raccolta non corrisponde in alcun modo all’ordine di scrittura, chiunque le abbia composte, ma la questione di quale sia questo ordine è tuttora aperta.

NOTA 2024 n. 1

del resto abbiamo prove certe del fatto che a questo ordine si è arrivati gradualmente nel tempo e che la raccolta delle Lettere di Paulus non ha sempre avuto la forma con la quale ci viene presentata oggi.

la raccolta curata da Marcione verso il 140 d.C. consisteva in 10 lettere, peraltro prive di alcune sezioni: Galati (priva di quasi tutto il capitolo 3), 1-2 Corinzi, Romani (senza i capitoli 1, 9-11 e 15), 1-2 Tessalonicesi, Laodicesi (perduta, ma qualcuno la identifica con quella agli Efesini, che non è nominata in questo elenco), Colossesi, Filippesi, Filemone. non ne facevano parte né la Lettera agli Ebrei Timoteo 1 e 2, né Tito; lo sappiamo da quello che ne dicevano Tertulliano ed Epifanio, a quanto riportato in seguito; ma riprenderò il tema più avanti.

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un documento molto interessante ai fini della ricostruzione della forma originaria delle Lettere di Paulus è il Pap. 46 della raccolta Papiri Chester Beatty. è un manoscritto incompleto, di provenienza sconosciuta, databile attorno al 200 d.C., se non un poco prima; era un insieme di fogli fascicolati, di cui mancano i primi e gli ultimi undici; sopravvivono, un poco mutili in fondo, i fogli dal n. 8 al n. 17 e dal n. 19 al n. 94 e due frammenti dei fogli 18 e 97. il testo fu fatto a pezzi ed è pervenuto parte all’Università del Michigan, parte appunto alla Biblioteca Chester Beatty.

conteneva certamente all’inizio la prima parte della Lettera ai Romani, che continua nella parte conservata, poi la Lettera agli Ebrei, le due Lettere ai Corinzi, quella agli Efesini, ai Galati, ai Filippesi, ai Colossesi, e la Prima ai Tessalonicesi. difficile stabilire con certezza che cosa vi fosse nelle ultime pagine mancanti e la cosa sarebbe particolarmente interessante; ci sarebbe spazio per la Seconda Lettera ai Tessalonicesi, e per quella a Filemone. ma poi non ci sarebbe spazio sufficiente per le due Lettere a Timoteo e quella a Tito, che sono appunto quelle che mancavano nella raccolta di Marcione; quindi questa ipotesi è da escludere.

secondo un’altra recente ipotesi, invece, c’è lo spazio per l’inizio dell’Apocalisse di Giovanni, che contiene nei primi tre capitoli una lettera che Cristo ordina di scrivere alle sette Chiese dell’Asia, e per ultima, tra queste, a quella di Laodicea.

in buona sostanza, quindi, questo papiro mostra l’esistenza di uno stato di elaborazione intermedio tra quello attestato per la raccolta organizzata da Marcione, e quello fissato come canonico successivamente.

qui è entrata nella raccolta anche la Lettera agli Ebrei, certamente incompatibile con l’insegnamento di Marcione, per il suo collocarsi strettamente nella tradizionale teologia ebraica, pur se con alcune tematiche condivise, e forse anche la lettera collettiva alle sette chiese, poi entrata nell’Apocalisse di Giovanni, che pure contiene insegnamenti altrettanto incompatibili con quelli del resto delle lettere, visto che prende posizione a favore di rigorosi tabù alimentari, ed appartiene certamente per lo stile comunicativo a tutt’altra mano e a tutt’altro ambiente, ispirato ad un rigoroso rispetto dei tabù religiosi ebraici, che non può essere certo del Paulus marcionita .

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delle Lettere di Paulus parla anche il cosiddetto Canone Muratoriano (dal nome di Muratori che lo scoprì e pubblicò nel 1740 come lista di testi sacri del cristianesimo risalente circa al 170 d.C.; vale la pena di citarne il testo:

[27] Epistolae autem Pauli, quae, a quo loco, uel qua ex causa directae sint, uolentibus intelligere ipsae declarant. [28] primum omnium Corinthiis schisma haeresis interdicens, [29] deinceps Galatis circumcisionem, [30] Romanis autem ordine scripturarum, sed et principium earum esse Christum intimans, prolixius scripsit; [31] de quibus singulis necesse est a nobis disputari; [32] cum ipse beatus Apostolus Paulus sequens prodecessoris sui Iohannis ordinem, nonnisi nominatim septem ecclesiis scribat ordine tali: [33] ad Corinthios prima, ad Ephesios secunda, ad Philippenses tertia, ad Colossenses quarta, ad Galatas quinta, ad Thessalonicensibus sexta, ad Romanos septima. [34] uerum Corinthiis, et Thessalonicensibus licet pro correptione iteretur, [35] una tamen per omnem orbem terrae ecclesia diffusa esse denoscitur. [36] et Iohannes enim in Apocalypsi licet septem ecclesiis scribat, tamen omnibus dicit. [37] uerum ad Philemonem unam, et ad Titum unam, et ad Timotheum duas pro affectu et dilectione; [38] in honore tamen ecclesiae catholicae in ordinatione ecclesiasticae disciplinae sanctificatae sunt. [39] fertur etiam ad Laodicenses, alia ad Alexandrinos, Pauli nomine fictae ad haeresem Marcionis, [40] et alia plura, quae in catholicam ecclesiam recipi non potest; fel enim cum melle misceri non congruit.

Ma le Lettere di Paulus, che dichiarano da sole, a chi vuole capire, da che luogo o per quale causa vennero spedite, prima di tutte scrisse ai Corinzi, per proibire lo scisma di un’eresia, poi ai Galati, per proibire la circoncisione, ma ai Romani, piuttosto ampiamente, per proclamare, secondo l’ordine delle Scritture, che però Cristo è il loro principio; e di queste occorre che io parli separatamente, dato che lo stesso beato apostolo Paulus, seguendo l’ordine del suo predecessore Giovanni, scirve non distintamente alle sette chiese, ma in questo ordine: la prima ai Corinzi, La seconda agli Efesini, la terza ai Filippesi, ai Colossesi la quarta, ai Galati la quinta, ai Tessalonicesi la sesta, ai Romani la settima.ma ai Corinzi e ai Tessalonicesi è lecito che ripeta per correggere, tuttavia fa riconoscere dhe una sila chiesa è diffusa per tutta la Terra, e infatti Giovanni nell’Apocalisse, sebbene scriva alle sette chiese, tuttavia parla per tutte. Ma a Filemone ha scritto una lettera, e a Tito una, e a Timoteo due per l’affetto e la predilezione che aveva per lui; tuttavia per l’onore della chiesa universale sono tutte considerate sante per la definizione della disciplina ecclesiastica. Si tramanda anche che anche una Lettera ai Laodicesi e un’altra agli Alessandrini siano state inventate sotto il nome di Paulus er l’eretico Marcione, e molte altre, che non è possibile accogliere nella chiesa cattolica, infatti non si combina bene la mescolanza del miele col fiele. 

quindi questa testimonianza, come si vede, documenta una distribuzione delle Lettere ancora diversa.

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in definitiva, solo il Decreto di papa Gelasio (492-496) dà la lista completa ancora delle lettere dell’apostolo, che oggi fanno parte dell’Antico Testamento, in ordine decrescente di grandezza, come sono distribuite, con la Lettera agli Ebrei collocata alla fine, per indicarne la particolarità; ed è la stessa formulazione che sarà ripresa al concilio di Trento, nel decreto dell’8 aprile 1546.

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vorrei provare a non considerare per il momento le convinzioni che mi sono formato al riguardo, e a supporre in via di ipotesi che le lettere siano state composte sulla base del presunto ordine cronologico di composizione che viene loro tradizionalmente attribuito.

l’ordine cronologico di composizione dei testi comunemente accettato è questo:

1. Prima lettera ai Tessalonicesi, attribuibile al 52 d.C., come scritta da Corinto

1bis. Seconda lettera ai Tessalonicesi, attribuibile al 53 d.C., come scritta sempre da Corinto: apocrifa.

2. Lettera ai Galati, attribuibile forse al 52 o 53-54 d.C., come scritta forse da Corinto

3. Lettera ai Romani, attribuita al 57 d.C., come dettata a Terzo a Corinto, a casa di Gaio

4. Prima lettera ai Corinti, attribuita al 57 d.C., prima della Pentecoste, come scritta di mano di Paulus a Efeso

5. Seconda lettera ai Corinti, attribuita al 57 o inizio del 58 d.C., poco dopo la precedente, come scritta dalla Macedonia, forse a Filippi

5bis. Lettera agli Efesini, attribuibile al 62, come scritta da Roma durante la prigionia: apocrifa.

6. Lettera ai Colossesi, attribuibile al 62, come scritta da Roma durante la prigionia

7. Lettera ai Filippesi, attribuibile al 62 o inizio 63, come scritta da Roma durante la prigionia

8. Lettera agli Ebrei, attribuibile al 63 o 64 a.C., ma certamente non dello stesso autore delle altre, alle quali si riaccosta solamente nei versetti finali, chiaramente aggiunti.

9. Prima lettera a Timoteo, attribuibile al 64 o 65, come scritta dalla Macedonia

10. Lettera a Tito, attribuibile al 64 o 65, come scritta da Nicopoli

11. Lettera a Filemone, attribuibile al 64 o 65, come scritta da Roma alla fine della prima prigionia

12. Seconda lettera a Timoteo, attribuibile al 67, come scritta da Roma, nella seconda prigionia

il risultato di questo riordino pone al primo posto, cronologicamente parlando, la Lettera ai Tessalonicesi, o meglio le due lettere loro indirizzate, che sollevano in maniera del tutto evidente una tale massa di interrogativi (tanto che su di esse si è particolarmente concentrata una parte importante della ricerca sulle Lettere) da far pensare che addirittura lo scopo del riordino, se avvenuto, fosse quello di mascherare proprio queste problematiche.

la scomposizione della raccolta, poi avvenuta, dall’originario presunto ordine cronologico impedisce di cogliere le contraddizioni interne dei testi, nella successione non solo cronologica, ma anche logica (come nel parallelo caso del Corano, dove è dovuta allo stesso motivo).

sempre che le cose siano andate davvero così, naturalmente.

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tuttavia questa cronologia presenta due aspetti critici.

il primo, difficilmente risolvibile, è che alcune di queste lettere appaiono piuttosto delle raccolte eterogenee di diverse altre lettere, di datazione anche diversa, combinate insieme fra loro, e anche come stratificazioni di interventi successivi sul loro testo.

il secondo, invece, è che la cronologia appena vista è definita appunto sulla base principalmente della narrazione degli Atti degli Apostoli, alla quale viene attribuita una attendibilità storica pari a quella data alle lettere stesse (nonostante delle evidenti discordanze e anche se la narrazione ha evidentemente un carattere semi-leggendario, se non leggendario del tutto).

questo condiziona la nostra stessa comprensione del testo; in realtà noi oggi leggiamo inevitabilmente le Lettere paoline alla luce degli Atti degli Apostoli che le precedono nella distribuzione dei testi all’interno del Nuovo Testamento, secondo una tecnica compositiva volta a suggestionare implicitamente il lettore, che abbiamo già visto all’opera altre volte.

tuttavia, da un punto di vista critico, se si dubita della autenticità delle lettere, la questione deve essere lasciata aperta, almeno in un primo momento, fino a che non emergano sufficienti indizi interni in un senso o nell’altro…

ma, anche senza affrontare per ora fino in fondo il complesso problema del rapporto tra gli Atti e la raccolta delle Lettere, è opportuno verificare però quali sono gli elementi interni alla Lettere stesse che possono aiutare a definirne la successione cronologica in sé stesse.

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proverò quindi a prescindere per un momento dagli Atti, e guardare a quel che ci dicono le lettere sulle vicende che ne avrebbero accompagnato la composizione, seguendole nella successione che hanno attualmente nella raccolta.

1. Lettera ai Romani. l’autore afferma di avere fatto il proposito di venire a trovare i romani, per raccogliere qualche frutto anche in mezzo a loro, come fra le altre nazioni, ma finora non ha potuto (1, 13). più avanti (15,18-28) rivendica quello che il Messia – cioè Cristo – operò per mezzo suo, allo scopo di trarre i pagani all’obbedienza, sia con la parola che con le opere, mediante la potenza dei miracoli e dei prodigi. Tanto che da Gerusalemme e paesi circonvicini, fino alla Dalmazia, ha portato a compimento la missione di predicare l’Annuncio del Nuovo Regno – cioè il Vangelo – là dove il nome di Jeshuu il Messia non era ancora conosciuto. […] Per questo motivo è stato spesso impedito di venire a Roma, ma ormai non ha più nulla che lo trattenga in quelle regioni, e quindi lo farà quando si metterà in viaggio per la Spagna. ora andrà a Gerusalemme, per portare il ricavato delle collette per i fedeli poveri di quella città, fatte nella Macedonia e nell’Acaia. conclusa quest’opera, partirà per la Spagna, passando anche per Roma.

altre notizie si ricavano dai ricchissimi saluti finali: che vanno a Prisca ed Aquila, i quali hanno esposto la loro testa, per salvarmi la vita (16,3), e Andronico e Giunia, suoi congiunti e compagni di prigione.

non è detto esplicitamente da dove sia scritta la lettera, materialmente stesa da Terzo, ma inviano saluti, fra gli altri, Gaio, che lo ospita assieme a tutta la chiesa, Erasto, tesoriere della città – non nominata – e il fratello Quarto.

per inciso, non c’è parola, negli Atti, della missione di Paulus in Dalmazia, a cui qui viene dato invece un certo rilievo.

2. Prima lettera ai Corinti. si dice in apertura che sia scritta da Paulus assieme a Sostene; la lettera sarebbe motivata dalle divisioni nella Chiesa di Corinto, tra sostenitori di Paulus, di Apollo – sconosciuto oggi, comunque -, di Pietro e… di Cristo. afferma di avere battezzato, di loro, solo Crispo e Gaio, nella sua precedente venuta a Corinto; intanto ha mandato loro Timoteo, ma lui stesso verrà presto di nuovo, e fa qui fa riferimento (5,9) a questa sua stessa lettera! accenna alla sua predicazione in Palestina: Con i giudei mi sono fatto giudeo (9, 20). afferma di essere esposto alla morte tutti i giorni, e di avere combattuto in Efeso, solo per molti motivi umani, contro le bestie (15, 32).

l’ultimo capitolo fornisce indicazioni più precise: pensa di trattenersi ad Efeso, da dove dunque figura scritta la lettera, fino alla Pentecoste, perché gli si è presentata una grande e promettente occasione, e gli avversari sono numerosi; intende visitare la Macedonia, e poi passare a Corinto, per trattenercisi, forse anche per l’inverno. Aquila e Priscilla, che erano citati anche nella Lettera ai Romani, salutano assieme a lui. anche a Corinto Paulus ordina una colletta per i santi, come ha prescritto alle chiese della Galazia.

per inciso, non c’è parola, negli Atti, della lotta di Paulus contro le bestie: a che cosa si riferisce esattamente?

3. Seconda lettera ai Corinti. risulterebbe scritta presso i Macedoni (9, 2); parla, quasi in apertura (I, 8-10), di una tribolazione, capitata in Asia, che li ha colpiti (usa il plurale) oltre misura, al di là delle nostre forze, tanto che disperavamo perfino della nostra vita. 9 Abbiamo addirittura ricevuto su di noi la sentenza di morte, perché non ponessimo fiducia in noi stessi, ma nel Dio che risuscita i morti. 10 Da quella morte però egli ci ha liberato. subito dopo (I, 15-16) accenna ad un suo progetto di un secondo viaggio a Corinto: Avevo deciso in un primo tempo di venire da voi, […] 16 e da voi passare in Macedonia, per ritornare nuovamente dalla Macedonia in mezzo a voi e ricevere da voi il necessario per andare in Giudea.

questo è però diverso da quello descritto nella Prima lettera. lì aveva detto l’intenzione di andare da Efeso in Macedonia e da qui a Corinto; qui invece parla di un viaggio da Efeso a Corinto, per passare in Macedonia, per poi tornare a Corinto, itinerario palesemente assurdo, che non evita il dubbio che ci si stia arrampicando sui vetri per combinare insieme leggende diverse.

4. Lettera ai Galati. è la lettera dove Paulus traccia la sua biografia di originario integralista ebreo e di persecutore dei seguaci di Jeshuu (1, 13-14), che qui sono definiti la Chiesa di Dio, in un modo che trovo francamente piuttosto anacronistico, perché non corrispondente alla terminologia che trovo documentata nelle testimonianze dei primi scritti cristiani sulla predicazione di Jeshuu. dice (1, 17) che dopo la conversione, partì per l’Arabia e da lì ritornò a Damasco, che dunque qui appare come la sua sede originaria. lasciando perdere quello che può nascondersi sotto la parola Damasco, di cui ho già parlato qui. subito dopo, in un passo che però potrebbe essere interpolato, aggiunge che tre anni dopo salì (da Damasco) a Gerusalemme, per conoscere Cefa, cioè Simone poi detto Pietro, e rimase con lui quindici giorni, e conobbe anche Giacomo, il fratello di Jeshuu, e nessun altro, per recarsi dopo in Siria e Cilicia. dopo un periodo di 14 anni, detto molto lungo, di cui non racconta nulla, Paulus dice di essere tornato a Gerusalemme, dove viene definita una specie di divisione dei compiti fra lui, apostolo degli incirconcisi, e Simone detto Pietro, apostolo dei circoncisi o gentili; ma si dice che successivamente Pietro viene ad Antiochia, dove sostiene uno scontro con Paulus proprio sul tema della circoncisione.

questa narrazione contiene una successione interna di fatti, ma rimane priva di qualunque collegamento esterno che permetta di collocare i fatti in un periodo particolare. di rilevante c’è soltanto il fatto che attorno ad una ventina d’anni dopo la vicenda di Jeshuu (se stiamo alla cronologia cristiana tradizionale e consolidata) sarebbe comunque accertato e pacifico tra i suoi seguaci che il suo messaggio si rivolgeva in egual maniera sia agli ebrei sia ai non ebrei, e che il problema principale che la comunità dei seguaci doveva affrontare era se la circoncisione dovesse essere obbligatoria o no.

inoltre questo incontro di Paulus a Gerusalemme con Pietro e Giacomo verrebbe quasi a coincidere con la vicenda del profeta egiziano ed appare comunque incredibile che Paulus non vi facesse il minimo accenno scrivendone pochi anni dopo.

5. Lettera agli Efesini. di questa lettera è possibile non occuparsi, sia perché non contiene riferimenti cronologici neppure interni che permettano di collocare nel tempo storico il tempo immaginario nel quale figura composta (tranne un riferimento vago in 3,1, all’essere prigioniero di Jeshuu il Messia per amore di voi gentili, che tuttavia potrebbe avere anche soltanto un valore metaforico), sia perché è comunemente considerata spuria, e lo conferma anche il ritmo interno, che mostra un uso del linguaggio molto diverso da quello di altre lettere. se si considera invece quel riferimento concreto e preciso, come è probabile, mancano per ora nelle Lettere comunque gli elementi per collocare nel tempo sia l’eventuale prigionia sia la lettera stessa.

6. Lettera ai Filippesi. nella parte introduttiva di questa lettera Paulus parla “delle mie catene”, con una nettezza che impedisce di ipotizzare, questa volta, che si tratti di una metafora, e di conseguenza consolida l’ipotesi che anche la Lettera agli Efesini sia scritta con riferimento allo stesso contesto e momento biografico. prevede tuttavia di essere liberato; spera di mandare presto tra loro il fidato Timoteo, quando gli sarà più chiaro l’esito della sua prigionia, ma nel frattempo ha rimandato Epafrodito, che gli aveva portato degli aiuti finanziari da parte dei filippesi. nell’esortazione a guardarsi dai falsi circoncisi, rivendica di essere ebreo, figlio di ebrei, della tribù di Beniamino, fariseo e circonciso.

poiché nei saluti fa riferimento a quelli che sono con lui e vivono nella casa di Cesare, è evidente che la prigionia si svolge a Roma.

7. Lettera ai Colossesi. afferma di lottare per loro, per quelli di Laodicea e per tutti coloro che non lo hanno visto di persona (2, 1), il che fa intendere invece che si è recato a Colossi e in quest’altra città, che peraltro non risulta toccata da Paulus nei suoi viaggi secondo il racconto che ne viene fatto negli Atti. anche questa lettera figura scritta durante una prigionia (4, 10), condivisa con Aristarco. invita a leggere questa lettera e a leggere quella che arriverà da Laodicea (ma non ce ne è arrivata nessuna indirizzata agli abitanti di questa città).

8. Prima lettera ai Tessalonicesi. parla del suo soggiorno in mezzo a loro e di avere subito oltraggi, successivamente, a Filippi. per un’analisi di dettaglio di questa lettera e della seguente, rinvio a quanto già detto.

9. Seconda lettera ai Tessalonicesi, scritta per correggere la prima, è comunemente considerata apocrifa; rinviando all’analisi più di dettaglio che è già stata fatta, basterà dire che è firmata assieme a Silvano e Timoteo, e parla delle persecuzioni e tribolazioni che i Tessalonicesi devono subire (I, 4); afferma che il saluto è di suo pugno ed è il segno che distingue ogni sua lettera (3, 17).

10. Prima lettera a Timoteo. ha un tono colloquiale e uno stile molto diverso dalle altre, che a me rende dubbio che possa essere della stessa mano delle altre. fa riferimento, all’inizio, alla sua partenza per la Macedonia, quando aveva pregato Timoteo di restare ad Efeso (1, 3). un viaggio da Efeso alla Macedonia risulta progettato da Paulus nella Prima lettera ai Corinti, scritta da Efeso.

11.Seconda lettera a Timoteo. parla di sé come di un prigioniero di nostro Signore (1, 8) e ripete anche in seguito (2, 9) di essere incatenato quasi fosse un malfattore; dice di essere stato abbandonato da tutti quelli che sono dell’Asia, tra cui Figelo ed Ermogene, e invece consolato dalla famiglia di Onesiforo, che lo ha cercato con premura appena era arrivato a Roma, e lo ha trovato, e spesso consolato (I, 15-17), peraltro dopo i molti servizi che gli aveva già resi a Efeso (1, 18). dopo una polemica contro Imeneo e Fileto sul tema della resurrezione dei credenti in Jeshuu (2, 17.18), ricorda le persecuzioni e le sofferenze che lo hanno colpito ad Antiochia, a Iconia, a Listri (3,11).  l’epilogo (4, 9 ss.) è ricchissimo di informazioni molto minute, ma soprattutto dice di essere stato liberato dalle fauci del leone (4, 17), dopo una prima difesa (4, 16); chiede a Timoteo di raggiungerlo in fretta (4, 9), prima dell’inverno (4, 21), assieme a Marco, perché questi gli è molto utile nel ministero (4, 11) e al momento dice che soltanto Luca è con lui e diversi altri lo hanno abbandonato. non è affatto chiaro se Paulus sia ancora prigioniero oppure no, visto che parla di un ministero da continuare (4, 11, dopo che la sua predicazione si è compiuta ed è stata ascoltata da tutti i Gentili (4, 17); nello stesso tempo il quadro che viene descritto dei suoi contatti con i suoi seguaci è assolutamente inverosimile, se dovessimo pensare che li conduce dal carcere

12. Lettera a Tito. dice di avere lasciato Tito a Creta (1, 5)e loinvita a raggiungerlo a Nicopoli (3, 12), città dell’Epiro, dove Paulus dice di avere deciso di trascorrere l’inverno; ma questo non è un motivo sufficiente per considerare la lettera scritta da lì, anzi, visto che si riferisce a Nicopoli con l’avverbio . se Paulus non sta scrivendo assumendo il punto di vista dell’interlocutore, come era in uso nel mondo antico, questo indicherebbe che anche lui dovrà recarsi a Nicopoli.

13. Lettera a Filemone. di nuovo Paulus si descrive come prigioniero, assieme a Epafa, ma scrive, assieme a Timoteo, a Filemone, nella cui casa si riunisce la comunità cristiana, che lui chiama chiesa. preannuncia il suo arrivo e chiede ospitalità, perché spera di essere liberato presto. afferma che la lettera è scritta di suo proprio pugno, e nomina Marco ed altri collaboratori.

14. Lettera agli Ebrei. le poche informazioni contenute sono tutte nella parte aggiunta alla fine al testo originario: si dice che Timoteo è stato liberato e che lui, Paulus, aspetta il suo ritorno, per venire a trovare i cristiani di Gerusalemme; saluta assieme ai fratelli d’Italia, luogo dal quale evidentemente figura scritta la lettera.

NOTA 27 marzo 2024 n. 2

a questo punto si tratta di verificare che tipo di cronologia si può ricavare dalle lettere in se stesse, ma perfino se si può ricavarne una, ma a prescindere da quella che si desume dalla ricostruzione degli Atti; il fatto che esistano delle palesi ed irriducibili incongruenza con gli Atti di quello che si afferma in alcuni passaggi delle Lettere rende questa operazione assolutamente necessaria. è qualcosa di completamente diverso da quello che si legge nella generalità degli studi che analizzano sempre e comunque la cronologia interna eventuale delle Lettere a partire dall’altro testo successivo. e questa nuova impostazione è tanto più necessaria se gli Atti sono stati scritti per correggere le Lettere e perfino per contrapporsi a loro, come ho qui ipotizzato.

ma, alla luce dello studio già fatto delle due Lettere ai Tessalonicesi un grosso ostacolo si frappone, ed è il fatto che le Lettere stesse sono stratificate e hanno subito una rielaborazione volta a conciliarle, per quanto possibile, con integrazioni, con la versione degli Atti. e questa manipolazione si stende al fatto che il corpus stesso delle Lettere è stato modificato e alterato rispetto alla prima pubblicazione. purtroppo non posso addentrarmi fino in fondo in questo tipo di analisi, che esigerebbe il lavoro di una vita, e forse non sarebbe neppure sufficiente, per approdare a risultati comunque opinabili ed incerti. mi limiterò quindi qui ad alcune osservazioni elementari che si possono ricavare anche da un primo esame complessivo e non troppo analitico e spero di arrivare in questo modo ad alcune constatazioni abbastanza ben definite e certe, anche se soltanto lungo linee di carattere generale.

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dirò in premessa che considero che il corpo originario delle Lettere fosse quello che si ricava dalle notizie che Tertulliano ed Epifanio danno dell’edizione che ne fece Marcione attorno al 140 d.C..

ritengo che questa sia stata la prima raccolta di queste Lettere, che non risultano nominate in precedenza da Papia di Hierapolis, e mancano riferimenti ad esse in altri testi molto antichi come la Didaché (fine del I secolo-inizi del II secolo), e Il Pastore di Erma (prima metà del II secolo).

chi deve spiegare questi silenzi dal punto di vista della visione e della loro datazione tradizionale non può fare altro che dire che si tratta di silenzio intenzionale.

in compenso viene citato a conferma del loro carattere più antico viene citato questo riferimento contenuto nella Prima lettera ai Corinzi attribuita a Clemente Alessandrino:

47, 1. Prendete la lettera del beato Paulus apostolo. 2. Che cosa vi scrisse all’inizio della sua evangelizzazione? 3. Sotto l’ispirazione dello Spirito vi scrisse di sé, di Cefa, e di Apollo per aver voi allora formato dei partiti. 4. Ma quella divisione portò una colpa minore. Parteggiavate per apostoli che avevano ricevuto testimonianza e per un uomo stimato da loro. 5. Ora, invece, considerate chi vi ha pervertito e ha menomato la venerazione della vostra rinomata carità fraterna. 6. E’ turpe, carissimi, assai turpe e indegno della vita in Cristo sentire che la Chiesa di Corinto, molto salda e antica, per una o due persone si è ribellata ai presbiteri. 7. E tale voce non solo è giunta a noi, ma anche a chi è diverso da noi. Per la vostra sconsideratezza si è portato biasimo al nome del Signore e si è costituito un pericolo per voi stessi.

il riferimento è a questi passi attribuiti a Paulus: 1 Cor 1,10-12: Vi esorto pertanto, fratelli, per il nome del Signore nostro Gesù Cristo, a essere tutti unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione di pensiero e di sentire. Infatti, a vostro riguardo, fratelli, mi è stato segnalato dai familiari di Cloe che tra voi vi sono discordie. Mi riferisco al fatto che ciascuno di voi dice: Io sono di Paolo, Io invece sono di Apollo, Io invece di Cefa, E io di Cristo.

questo testo è stato scritto in greco, genericamente in nome della chiesa di Roma e senza indicazione dell’autore.

l’attribuzione al papa Clemente I, figura peraltro ampiamente leggendaria, che sarebbe stato in carica tra l’88 e il 97 d.C., non ha nessun valore di prova, dato che il primo che mostra di conoscerla è Policarpo di Smirne, attorno al 150 d.C.

la lettera del resto condivide molto da vicino alcune caratteristiche linguistiche e di pensiero con le presunte Lettere di Paulus; si veda ad esempio la stessa intestazione iniziale, che ricalca da vicino quelle delle Lettere paoline, al punto da far dubitare che siano prodotte quasi dalla stessa mano: La Chiesa di Dio che è a Roma alla Chiesa di Dio che è a Corinto, agli eletti santificati nella volontà di Dio per nostro Signore Gesù Cristo. Siano abbondanti in voi la grazia e la pace di Dio onnipotente mediante Gesù Cristo.

in sostanza non è con una Lettera ai Corinzi attribuita a Clemente, altrettanto dubbia di quelle attribuite a Paulus, che si può confermare l’autenticità di queste. tanto più che questa Lettera di Clemente descrive una presunta situazione interna della chiesa di Corinto troppo simile a quella che si trova descritta nelle Lettere attribuite a Paulus.

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ma tornando finalmente alle notizie ricavabili dalla originaria raccolta di Marcione, ecco alcuni elementi di quella sorta di sintetica autobiografia che l’autore traccia di sé.

la Lettera ai Filippesi, gli abitanti di Filippi, la capitale della Macedonia, scritta mentre Paulus si trova in prigionia, attribuisce l’inizio della predicazione di Paulus alla partenza dalla Macedonia, ma mancano riferimenti per datarlo: Lo sapete anche voi, Filippesi, che all’inizio della predicazione del Vangelo, quando partii dalla Macedonia, nessuna Chiesa mi aprì un conto di dare e avere, se non voi soli, 4,15.

forse a questo inizio della predicazione non si deve dare un valore assoluto, ma la frase va riferita semplicemente a quella regione?

ma anche questa lettera appare stratificata, come quelle ai Tessalonicesi, e il passo citato si trova nella sua parte finale, che contiene i ringraziamenti per le ricche offerte ricevute tramite Epafrodito, e tuttavia sembra logicamente precedere quello che si trova in una parte iniziale; non è avventato dunque supporre che si tratti di una integrazione successiva, fatta per coordinare le Lettere con quella sorta di biografia di Paulus in cui si risolvono gli Atti degli Apostoli da un certo momento in poi.

questa notizia d’altra parte contrasta con quanto affermato da Paulus in quella specie di autobiografia che traccia all’inizio della Lettera ai Galati. qui descrive l’inizio della sua predicazione come abbiamo visto sopra, facendolo iniziare dalla Siria e dalla Cilicia, e non dalla Macedonia, ma la fa poi seguire da un misterioso vuoto di qualunque notizia per ben 14 anni, prima che tornasse a Gerusalemme con Tito e Barnaba.

e si parla anche di un conflitto aperto con Pietro, Cefa nel testo, quando sarebbe stato ad Antiochia, sul tema del rispetto delle prescrizioni alimentari ebraiche e del divieto di mangiare assieme a non ebrei, che Paulus rifiuta.

infine la Lettera ai Romani parla di raccolte di fondi, fatte nella Macedonia e nell’Acaia, per i fedeli poveri di Gerusalemme e del proposito di recarsi lì per consegnare quanto ricevuto: quindi la lettera sembra precedere quella ai Filippesi.

ma il coordinamento delle notizie di queste tre lettere appare problematico: a stare alla Lettera ai Galati, e a quella ai Romani, Paulus avrebbe raccolto dei fondi per i poveri di Gerusalemme in Macedonia, e poi si sarebbe recato a Gerusalemme per consegnare i fondi.

insomma, abbiamo una Lettera ai Romani che parla di una raccolta di fondi fatta nella Macedonia e in Grecia per i poveri di Gerusalemme e preannuncia un viaggio per andare a consegnarli; una Lettera ai Filippesi che ricorda questa raccolta di fondi compiuta, all’inizio della predicazione del Vangelo (forse fra loro) e una Lettera ai Galati che racconta di un viaggio a Gerusalemme, per incontrare gli apostoli, ma che potrebbe coincidere con questo.

non vi sono elementi esterni in queste lettere che permettano di collocare cronologicamente i fatti in un modo preciso. la Lettera ai Romani comunque preannuncia un viaggio in Spagna, passando per Roma, conclusa la missione a Gerusalemme.

la Seconda Lettera ai Corinti risulta scritta dalla Macedonia, quindi dovrebbe inserirsi nel quadro cronologico tracciato sopra, ed accenna a terribili prove subite in Asia, come del resto fa anche la Prima, dove dice di avere combattuto in Efeso, solo per molti motivi umani, contro le bestie.

quindi sarebbe esistita una missione di Paulus ad Efeso; ma nella Lettera agli Efesini, peraltro probabilmente spuria, ed assente nella raccolta di Marcione; a questi episodi non si accenna affatto, pur se la lettera sarebbe stata scritta in un momento nel quale Paulus sarebbe stato prigioniero di Jeshuu il Messia per amore di voi gentili.

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insomma, io qui concludo questa analisi appena abbozzata con alcune considerazioni che spero possano risultare abbastanza fondate: non è possibile ricavare dai testi delle Lettere come ci sono pervenuti nessuna cronologia coerente dei fatti in esse accennati, se si prescinde da quella costruita negli Atti degli Apostoli, peraltro poco compatibile con diversi episodi raccontati nelle Lettere.

le lettere sono composte seguendo, in assoluta libertà, spunti occasionali offerti da ciascuna di esse singolarmente; e il problema è aggravato e reso praticamente irrisolvibile (credo) dalle varie manipolazioni subite da queste lettere, alcune avvenute anche dopo la pubblicazione degli Atti, per cercare di coordinarle con loro.

questo rende assolutamente improbabile che le Lettere siano autentiche, data la loro incoerenza narrativa, incompatibile con la loro originalità, ma rende anche evidente l’impegno profuso dall’autore degli Atti per ricondurre gli spunti contenuti in esse ad un quadro compatibile con una biografia in qualche modo realistica.

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quanto alle incompatibilità tra alcune notizie contenute nelle Lettere e la versione dei fatti che si vorrebbe parallela e altrettanto autentica negli Atti, mi limiterò ad un ulteriore esempio, oltre a quelli già presenti qua e là in questa riflessione.

negli Atti si racconta di un viaggio di Paulus da Gerusalemme ad Antiochia (15, 35), di qui seguono missioni in Siria e Cilicia (Derbe, Listri, Iconio; 16, 1-2), poi in Frigia, Galazia, Misia e Troade (mentre Paulus viene distolto dal cercare di entrare dalla Misia in Bitinia dalla visione di un macedone che lo supplica di andare da loro; 16, 6-9); da lì Paulus si reca davvero in Macedonia, via Samotracia e Neapoli, a Filippi (16, 11-12), dove viene arrestato e poi liberato, per passare a Anfipoli, Apollonia, Tessalonica (17,1), Berea (17,10), Atene (17, 15) e alla fine arrivare a Corinto (18,1). e questo dovrebbe essere il suo primo soggiorno nella città, al quale si accenna nelle due Lettere ai Corinzi.

quanto alla seconda andata a Corinto, di cui queste due lettere presentano due progetti diversi, occorre guardare al viaggio successivo, il terzo di Paulus, negli Atti: tornato da Corinto a Efeso (18,19), e da qui a Gerusalemme (non nominata nel testo), sarebbe ripartito da qui per Antiochia (18, 22; come nel viaggio ricordato sopra, di cui questo è sinora la fotocopia quasi conforme) ed infine giunto a Efeso (19, 1).

da Efeso Paulus progetta di andare a Gerusalemme attraverso la Macedonia e l’Acaia (!!! itinerario insensato), ma non esclude neppure di andare anche a Roma, dopo essere stato là (dove? 19, 21).

effettivamente, in seguito, Paulus parte da Efeso, per recarsi in Macedonia (20, 1, come nel progetto descritto nella Prima lettera); egli percorse quei paesi (quali?), quindi passò in Grecia, dove trascorre tre mesi (20,2); sul punto di imbarcarsi per la Siria, decide però di continuare il viaggio attraverso la Macedonia (20, 2). in realtà, però, passa a Troade (20, 6), cioè alla città di Alessandria Troade, che è già in Asia Minore, nella parte nord occidentale dell’Anatolia, dove riuscita un giovinetto dai morti: fatto talmente straordinario che nelle Lettere non se parla mai. da lì ad Assos, Mitilene, Chio, Samo, Mileto (20, 13-15), per recarsi, via Coo, Rodi, Patara (21,1), Tiro, Tolemaide, Cesarea (21, 7-8), a Gerusalemme (21, 17), dove sarebbe stato arrestato, per poi essere spedito prigioniero a Roma.

come si vede, in questo resoconto negli Atti del viaggio, il terzo di Paulus, che dovrebbe essere il suo secondo a Corinto, questa città non è nominata, così che a coloro che cercano di combinare gli Atti con le Lettere non resta che sostenere che fosse Corinto la sede del soggiorno di tre mesi di Paulus in Grecia, di cui si accenna al cap. 20, 2.

(si fa comunque fatica a credere che qualcuno possa davvero prendere sul serio questi itinerari incoerenti e queste accozzaglie di nomi, mescolate qua e là a qualche miracolo straordinario…).

sarebbe estremamente utile a questo punto un approfondimento dei rapporti tra queste diverse versioni dei viaggi di Paulus, ma esula dai fini di questa ricerca.

tornando alla Seconda Lettera ai Corinzi, qui Paulus si giustifica di non essere andato direttamente a Corinto, come ha scritto che voleva fare, proprio qui, poco prima; e lo fa con toni decisamente sopra le righe (I,23):Io chiamo Dio a testimone sulla mia vita, che solo per risparmiarvi rimproveri non sono più venuto a Corinto. ma il senso di questa giustificazione non c’è, dato che Paulus ha fatto invece proprio quello che aveva annunciato di voler fare nella sua Prima lettera.

vi è comunque un breve resoconto del suo arrivo nel paese della Troade (2,12) e poi della Macedonia (7, 5).

ma qui la contraddizione col presunto resoconto del viaggio fatto negli Atti è insanabile.

qui, in questa Seconda lettera, infatti, Paulus racconta ai Corinzi di essere stato nella Troade e poi nella Macedonia, e la lettera viene inviata ai Corinzi anche per spiegare perché non si è ancora recato da loro, mentre negli Atti Pauluspassa prima in Grecia, poi nella Macedonia e da ultimo nella Troade, cioè compie il viaggio in direzione opposta, da sud a nord. è vero che negli Atti non c’è scritto che il soggiorno di Paulus in Grecia per tre mesi fosse a Corinto, ma, se non vogliamo ammettere questa ipotesi, allora secondo gli Atti il secondo soggiorno di Paulus a Corinto non c’è mai stato, perché in Grecia, secondo quel resoconto, Paulus non torna più.

ma non basta! c’è di peggio ancora; perché verso la fine di questa Seconda lettera ai Corinzi (12, 14) l’autore scrive: Ecco, è la terza volta che sto per venire da voi, e non vi sarò di peso. quindi parla, in tutta evidenza di un soggiorno reale, fisico, non di una visita virtuale e metaforica; ma del terzo di questi viaggi di Paulus a Corinto non c’è nessuna traccia negli Atti.

di conseguenza, o sono false le Lettere, o sono falsi i resoconti degli Atti, dato che sono incompatibili fra loro. ma vi è anche una terza ipotesi, ed è la più probabile: sono falsi entrambi e i due diversi autori o non volevano accordare i loro resoconti fra loro, o non ne sono stati capaci, o peggio ancora, stavano polemizzando l’uno contro l’altro, presentando consapevolmente delle versioni diverse dei fatti.

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NOTA 27 marzo 2024 n. 3

ma trascuriamo queste contraddizioni o ammettiamo che possano trovare qualche spiegazione che io non sono riuscito ad individuare.

vengo a questo punto, piuttosto, alla obiezione principale che può venirmi mossa da parte di chi si attiene invece alla ricostruzione dominante, e consiste in un rifiuto a priori della mia svalutazione degli Atti come fonte storica: se gli Atti sono stati scritti da Luca, che era lui stesso un protagonista dei fatti narrati, come compagno di Paulus, che senso ha che io rifiuti di considerarli un documento storico?

la mia risposta è che occorre essere veramente ingenui per credere a queste affermazioni fantasiose contenute negli Atti. l’inattendibilità degli Atti come fonte storica risulta evidente non soltanto dalla totale incompatibilità del clima culturale e politico che lì troviamo rappresentato negli anni che andrebbero dal 30 al 65 circa d.C. con quello che ne racconta Giuseppe Flavio, che è no storico vero, pur se terribilmente parziale e tendenzioso, ma anche dalla improprietà di molti riferimenti specifici.

questo fatto del resto è abbastanza riconosciuto dagli studiosi più seri in linea generale, per quanto riguarda la descrizione complessiva del periodo, ma però non se ne ricavano tutte le conseguenze necessarie anche con riferimento alle narrazioni di fatti specifici della presunta comunità cristiana di quel tempo, per non mettere davvero in discussione, come si dovrebbe, la potenza della tradizione cristiana.

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ma questo giudizio si allarga anche ad una considerazione precisa del peso da dare alle altre testimonianze dirette della vita di Jeshuu ad opera dei suoi seguaci. come posso svalutarle alla stessa maniera?

qui devo fare due considerazioni, una di ordine generale ed una più specifica.

dopo la catastrofica conclusione della prima guerra giudaica nel 73 d.C. e la distruzione completa di Gerusalemme nel 70 d.C., durante quella guerra, pochi sopravvissero in Palestina degli ebrei, e in particolare la guerra aveva cancellato dalla faccia della Terra tutti coloro che avevano aderito più da vicino all’insurrezione e avevano fatto parte di quei movimenti che l’avevano preparata negli anni precedenti in quella regione, tra i quali andavano certamente annoverati anche i seguaci di Jeshuu. in ogni caso, la predicazione dei suoi seguaci sopravvissuti non ebbe la minima presa in Palestina, tra i pochi rimasti, che erano stati testimoni diretti di quei fatti e che potevano avere conosciuto anche quel predicatore, fosse egli quel profeta egiziano di cui parla Giuseppe Flavio, o il Gesù uomo saggio del Testimonium Flavianum, vissuto vent’anni prima. tra gli ebrei di Palestina il tentativo di rinnovamento radicale dell’ebraismo che Jeshuu aveva tentato non trovò il minimo seguito. il messianismo dei pochi seguaci di Jeshuu, fuggiti dalla Palestina, trovò eco ed ascolto unicamente negli ambienti ebraici dell’emigrazione, e da lì gradualmente si diffuse anche tra non ebrei, in forza del suo messaggio che prometteva l’immortalità ai credenti. questo significa che quel messaggio si evolse da promessa di riscatto per un popolo di artigiani, pastori ed agricoltori della Galilea e delle regioni vicine, in una visione culturale molto più complessa, ricca delle suggestioni della cultura urbana dei centri dove si raccoglieva soprattutto l’emigrazione ebraica, e in particolare in una sua versione gnostica, fortemente mescolata al pensiero filosofico del tempo.

i testimoni che diffondevano questa nuova interpretazione della figura di Jeshuu erano soprattutto singole autorevoli figure (il Giuda, fratello gemello, o Tommaso, che portò questa religione in India, attraverso una raccolta di detti del fratello che ne faceva una specie di santone illuminato e illuminante; il Filippo che raccolse analogamente altri aforismi suggestivi sulla forza travolgente dell’amore sessuale come espressione del divino; il Giovanni detto Marco che , in Egitto stese le prime tracce di un racconto biografico.

questi testimoni, chiamati presto presbiteroi divennero i testimoni ed il fondamento della nuova fede, che gradualmente si separò dall’ebraismo, con una rottura definitiva al tempo dell’ultima grande rivolta ebraica, quella di Bar Kokhba, del 132-135 d.C.. ma erano sparsi nei vari centri urbani dell’impero romano, ciascuno presentava una versione diversa e particolare della figura del fondatore, corrispondente al modo in cui aveva vissuto il suo messaggio. non si era nel contesto di una diffusa conoscenza diretta della sua figura, ma in quello di un impetuoso sviluppo delle leggende più varie sul suo conto, ben testimoniato dlla incredibile fioritura dei racconti più vari e fantasiosi su di lui. da questi prese le distanze il primo che cercò di fare i conti con questa debordate letteratura, e fu Papia di Hierapoli, alla metà circa della prima metà del secondo secolo; e non si è forse riflettuto abbastanza sul senso della sua operazione, che era quello di andare a cercare le ultime testimonianze personali diretta, per una radicale sfiducia sulla attendibilità dei testi scritti che circolavano, senza nessun controllo della loro attendibilità.

di qui viene anche l’esigenza di una presa di distanza critica da questa stessa letteratura.

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la seconda osservazione più specifica nasce dal preciso collegamento riconoscibile tra il movimento raccolto attorno a Jeshuu, che si proponeva come nuovo potenziale re di Israele, e le correnti della resistenza anti-romana, a volte anche violente ed armate, pur se il suo messaggio aveva un valore soprattutto profetico e confidava, con la forza delle profezie, su un intervento diretto di Dio nella storia: il movimento di Jeshuu visse nel quadro di continue violente repressioni di questo mondo: dalla cattura e uccisione di Teuda che raccoglieva i suoi seguaci sulle rive del Giordano, nel 44 d.C., alla crocifissione dei due figli di Giuda il Galileo (Giuseppe Flavio li avrebbe definiti due ladroni) nel 46 d.C.; alla cattura del brigante Eleazar, figlio di Dinai, ad opera del procuratore Felice; al massacro dei seguaci del profeta egiziano, ad opera dello stesso Felice, nel 52-53 d.C.; al suicidio degli ultimi 900 seguaci dell’Eleazar di Jairo nella rocca di Masada nel 73 d.C., quanti erano stati i massacri dei militanti messianisti, e quanti potevano esserne sopravvissuti?

ma vorrei esprimere un giudizio conclusivo, tranciante e definitivo.

immaginate di avere a che fare oggi con qualcuno che vi venga a dire che Padre Pio è risorto dalla morte e il suo corpo non si trova più perché è salito in cielo, e che anche alcuni dei suoi frati avevano ricevuto da lui la stessa capacità miracolosa di far risorgere qua e là qualcuno dai morti e che alcune di queste resurrezioni si sono effettivamente verificate, raccontandovi nel dettaglio come e dove, assieme a cento altri episodi strani a sfondo soprannaturale.

voi la considerereste una fonte storica?

senza escludere che qua e là possa esservi anche qualche riferimento realistico a singoli fatti effettivamente accaduti (ma non certo questi!), cerchereste di individuare quali sono da altre fonti, per individuarli, e non vi basereste certo su questi racconti.

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insomma, io non discuto certamente la fede di chi ritiene che siano fatti storici reali la resurrezione non solo di Gesù personalmente, ma anche di altri entrati in contatto con lui o con i suoi discepoli; semplicemente non la condivido.

la mia opinione coincide con quella di Celso, e dei mille altri intellettuali e filosofi di quei tempi, che considerarono la diffusione di queste sfrenate forme superstiziose una incomprensibile epidemia di irrazionalismo che travolgeva la cultura costruita faticosamente attraverso secoli di riflessione critica e di ricerca.

la condivido perché sono convinto che la specie uomo ha delle vistose carenze di tipo cognitivo ed è governata da una forma di arroganza intellettuale che impedisce in genere di comprendere ed accettare davvero la realtà dell’esistenza e la propria irrilevanza, individuale e collettiva.

chi preferisce credere alla effettiva storicità di questi racconti può risparmiarsi di leggere queste mie riflessioni, che certamente non possono fare altro che disturbarlo: io scrivo sostanzialmente per chi non ci crede, anche se poi sono convinto che una religiosità autentica avrebbe invece tutto da guadagnare dalla messa in discussione di una fede basata su semplici leggende anacronistiche ed assurde.

ma mi rendo conto benissimo che questo comporterebbe una radicale revisione di tutto l’apparato religioso esistente, e che questo non è affatto realistico.

tantomeno nei tempi brevi che restano prima dell’estinzione della specie umana o del suo ritorno ad una stentatissima e precaria esistenza, al livello culturale e tecnologico della preistoria.

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