quale fu il vero rapporto tra Ratzinger e Wojtyla? – 2

sempre più preziosi i commenti ragionati nei blog, e io ho la fortuna di averne, e consiglio a tutti di non fermarsi ai miei post, ma di seguire le code dei commenti, quando ce ne sono, perché direi che sono di regola sempre molto più interessanti dei post che li hanno occasionati.

scrive l’amico gaberricci.

02/01/2023 alle 9:50 am

Ma siamo davvero sicuri che Ratzinger fu solo grigio e fedele esecutore di Wojtyla? La mia impressione è che almeno negli ultimi anni di pontificato il secondo fosse la marionetta, ed il primo il burattinaio. E continuo ad avere il sospetto che le sue dimissioni siano state motivate, anzitutto, dalla volontà di impedire ad altri di fare con lui quello che lui aveva fatto con Giovanni Paolo II.

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questa è una gran bella domanda, che conferma la mia opinione che in un blog valgono di più le discussioni che riesce a generare, che i post.

merita una risposta attenta e meditata; chissà che alla fine non diventi un nuovo post.

la mia definizione di Ratzinger come grigio e fedele esecutore di Wojtyla nasce prima di tutto dall’idea che mi sono fatto delle sue caratteristiche psicologiche personali, sia dalla lettura della sua prima Autobiografia, sia dall’osservazione dei comportamenti, prima di tutto fisici.
lo hai presente sul balcone di San Pietro il giorno dell’elezione? impacciato, timido, mai avuto la postura di un leader, mai si è sentito tale: debole nella comprensione dei sentimenti umani, individuali e di massa, fondamentale per diventarlo: nelle poche stentate parole pronunciate allora, un solo concetto chiave, quando si definì uno strumento insufficiente nelle mani di Dio.

ma questo è troppo poco, ovviamente, per misurarsi con la tua ipotesi.
tuttavia, fra i due papati vedo una differenza strategica di fondo, aldilà della comune matrice reazionaria: il papato di Wojtyla ebbe il suo centro in un anti-comunismo spregiudicato e direi perfino anti-cristiano, nel senso che la fede cristiana interessava al polacco soprattutto come strumento per la demolizione del comunismo.
il centro del papato di Ratzinger è stata invece la lotta più generale ai valori della tolleranza e della democrazia, da lui definiti relativismo, non del tutto a torto, perché è proprio il relativismo dei valori il fondamento più solido della democrazia come organizzazione politica della società. una società costruita su una identità religiosa non potrà mai essere democratica, perché non potrà mai ammettere di dipendere da una volontà complessiva dei cittadini che potrebbe metterla in minoranza nella sua pretesa di dettare leggi a tutti, anche a coloro che non condividono quella fede.

però il punto principale di differenziazione evidente tra questi due papati è stato evidentemente l’atteggiamento verso l’islam:

da un lato le straordinarie aperture di Wojtyla, che vi vide un possibile decisivo alleato nella lotta contro il comunismo, attraverso la collaborazione di tutti gli integralismi religiosi collegati al monoteismo,
con la storica visita alla moschea di Damasco (“Ebrei, cristiani e arabi lavorino insieme per la pace”), dove peraltro gli islamici venerano la presunta reliquia del cranio di Giovanni Battista, siamo già al 2001, nel pieno del declino del del suo papato.

a questo corrisponde la chiusura drastica ed offensiva di Ratzinger, nel famoso discorso di Ratisbona, o Regensburg, del 2006, solo cinque anni dopo: buttò benzina sul fuoco della contrapposizione tra cristianesimo e islam, provocando tumulti e anche morti, se non ricordo male; e ancora prima c’era stata la sbandierata e quadi incredibile udienza privata di consonanza concessa ad Oriana Fallaci, l’isterica propagatrice dell’odio contro gli arabi.

no, anche lo stile dei due papati è stato troppo diverso, col populismo rozzo, ma comunicativamente efficace di quell’attore nato che era Wojtyla.
del resto, Wojtyla, a modo suo, non ha lesinato critiche al sistema capitalistico del profitto, pur di acquistare consensi anti-comunisti, mentre questo orizzonte è sempre totalmente mancato in Ratzinger, al quale, semplicemente, il problema sociale non interessava proprio.
in questo senso è più vicino a Wojtyla Bergoglio che Ratzinger, indubbiamente, anche se gli manca la capacità di recitare di quel suo predecessore e ne è un imitatore alquanto rozzo e maldestro.

altra differenza profonda è nello stile delle encicliche: abborracciate e confusissime quelle di Wojtyla; limpide e cristalline nell’esposizione, quelle di Ratzinger, anche se viziate da quello strano difetto logico che stava al fondo della sua mente e che l’eleganza dell’esposizione non riusciva a nascondere: di arrivare costantemente a conclusioni palesemente in contrasto con le premesse, ed illogiche.
ma questa differenza stilistica dimostra, a parer mio, che poco peso aveva Ratzinger anche nella redazione dei documenti principali del papato di Wojtyla, che ovviamente, come ogni altro papa, si avvale di collaboratori per scrivere questi testi, ma a me pare non di Ratzinger, che veniva lasciato nel chiuso della sua Congregazione della Fede, a insabbiare le cause canoniche contro i preti abusatori, come gli era stato ordinato.
quindi nulla di tutto questo era mai emerso durante il papato di Wojtyla, così come Ratzinger non si era scostato in alcun modo dalle linee guida della chiesa wojtyliana, di insabbiare in ogni modo possibile ogni caso di pedofilia clericale, soprattutto se il pedofilo era anti-comunista.

e del resto, anche prima di diventare collaboratore di Wojtyla in Vaticano, Ratzinger aveva agito allo stesso modo come vescovo di Muenchen; non per nulla è ancora sotto processo per uno di questi insabbiamenti in Germania, e oggi è stato annunciato che la causa continuerà. e suo fratello dirigeva il coro della cattedrale di Regensburg, cioè Ratisbona (vedi coincidenze), poi al centro di uno dei principali scandali di pedofilia in Germania, paese dove Ratzinger non è stato mai amato, e anche in queste ore il cancelliere Scholz ha ricordato che la sua figura era controversa.

quindi nella collaborazione di Ratzinger con Wojtyla, alla fine, io vedo più uno spirito di subordinazione e di obbedienza, che era consona anche al suo carattere; e non è poi paradossale che con le sue dimissioni pasticciate, che non erano vere dimissioni dal punto di vista del diritto canonico, Ratzinger abbia scelto di mettersi nella stessa posizione, di umbratile accompagnatore del papato del suo successore Bergoglio, al quale ha continuato a dichiarare fedeltà, anche quando si muoveva su linee completamente diverse dalle sue.

come appunto aveva fatto per mezza vita con Wojtyla. o almeno a me pare.

2 commenti

  1. Ero convinto di aver risposto a questo articolo, e invece mi sbagliavo. Mi limito comunque a far notare che il carattere “subordinato” di Ratzinger non impedisce affatto che lui abbia diretto da dietro le quinte l’azione politica di Wojtyla; o meglio, non sono sicuro che il suo carattere possa essere definito esattamente “subordinato”. È vero che è sempre rimasto dietro le quinte; ma è pur vero che anche durante il pontificato di Wojtyla, e significativamente verso la sua fine (quando, cioè, Wojtyla era poco più di un cartonato) le accuse al relativismo, grande nemico di Ratzinger, non mancarono. Per dire.

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    • continuo a pensare che le linee strategiche dei due pontificati, di Wojtyla e Ratzinger, siano state radicalmente differenti, pur nella condivisione di una visione reazionaria comune della società; poi può anche darsi che, proprio nelle ultime settimane di vita di Wojtyla, oramai quasi completamente impedito, le idee di Ratzinger abbiano avuto qualche rilievo maggiore, come dici tu.

      ma Wojtyla pensava alla chiesa cattolica come ad un grande protagonista geo-politico sul piano mondiale; l’autorità e la potenza acquisite con la distruzione del comunismo sovietico gli facevano pensare in grande ad una chiesa proiettata nel mondo come grande internazionale reazionaria (vedi la visita a Pinochet).

      Ratzinger si è proposto invece, fin dalla scelta del nome, Benedetto, un obiettivo completamente diverso, che era quello della riconquista del cuore perduto della civiltà cristiana, l’Europa.
      l’ha fatto, scolasticamente, tentando il dialogo con filosofi laici (spesso sedotti), senza rendersi conto minimamente che la crisi del cristianesimo non è filosofica, ma pratica, e nasce dalla diffusione del consumismo, che ha distrutto alle radici la tradizionale etica cristiana del sacrificio.
      e Ratzinger si è dimesso nel momento nel quale questo suo disegno è apparso chiaramente perdente.

      Bergoglio ha dato per persa l’Europa e spostato decisamente l’asse della chiesa cattolica verso il terzo mondo; rappresenta la versione populista di Wojtyla dal punto di vista di una sinistra non marxista, ma piuttosto peronista; in queste stesso senso vanno sia la sua tendenza a un cristianesimo che diventi lo sfondo di una ideologia umanitaria ed ambientalista meno ancorata alla tradizione scolastica del pensiero teologico cristiano, sia il riferimento alla figura di Francesco, che contestava le sofisticherie dei teologi e lodava la santa ignoranza.

      a conferma della non coincidenza completa tra Wojtyla e Ratzinger, è anche emerso, in queste ore, il disagio di Ratzinger a collaborare con Wojtyla e il suo tentativo di dare le dimissioni, che però Wojtyla respinse.

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